Repubblica Centrafricana, Sant'Egidio riapre le porte alla pace

Un accordo di pace che prevede una una serie di impegni sul piano politico, della sicurezza, umanitario, sociale ed economico è stato sottoscritto a Roma dal rappresentante del governo della Repubblica Centroafricana e dai delegati di 13 gruppi coinvolti nel conflitto che insanguina il paese da anni, grazie alla mediazione della Comunità di Sant'Egidio.

Repubblica Centrafricana, Sant'Egidio riapre le porte alla pace

Una speranza si è accesa il 19 giugno a Roma nella sede della comunità di Sant’Egidio, dove è stato firmato un nuovo accordo di pace fra il governo della Repubblica Centrafricana e i numerosi gruppi politico-militari attivi nel paese.

Il processo di pace aveva subito un’accelerazione un anno e mezzo fa, dopo che papa Francesco scelse proprio la cattedrale della capitale della Repubblica Centrafricana per aprire la prima porta santa del Giubileo della misericordia dichiarando: «Bangui diventa oggi la capitale spirituale del mondo».

Era il 29 novembre 2015, ma nonostante l’elezione a presidente di Touadéra nella primavera del 2016 – elezione considerata espressione della volontà del popolo di pacificazione e cambiamento – le armi non vennero deposte. Così lo scorso novembre Touaderà ha dato alla Comunità di Sant’Egidio il mandato di coinvolgere tutti i gruppi armati nel processo di pace. 

La Repubblica Centrafricana, grande il doppio dell’Italia con una popolazione di poco più di 5 milioni di abitanti, è ricca d’acqua e coperta di foreste da cui si ricavano legnami pregiati, la principale ricchezza del paese.
Dal punto di vista religioso, la metà della popolazione è cristiana, con una prevalenza di cattolici, mentre i musulmani sono il 15 per cento.
Colonia francese fino al 1960, deve la sua indipendenza a Barthélemy Boganda, un prete cattolico impegnato per il diritto all’emancipazione dal colonialismo.
Dal 1962 al 1993 al governo si sono avvicendati diversi regimi militari, fino alla presidenza di Ange-Félix Patassé, eletto democraticamente per due mandati nel 1993 e nel 1999.
Nel 2003 Patassé fu deposto con un colpo di stato dal generale François Bozizé, che ha mantenuto il potere per dieci anni.
Nel dicembre del 2012 il gruppo ribelle Séleka, composto in prevalenza da musulmani, occupa il nord del paese e all’inizio del 2013 conquista la capitale Bangui, costringendo Bozizé alla fuga.

Inizia così una sanguinosissima guerra civile: il leader dei Séleka, Michel Djotodia, si dichiara presidente, ma non riesce a unificare il paese, soprattutto per la resistenza delle milizie anti-Balaka, composte soprattutto da cristiani.

Dal 2013 la Comunità di Sant’Egidio, i cui primi rapporti con il Centrafrica risalgono agli anni Novanta, ha ripreso a lavorare intensamente con partiti politici, gruppi armati, rappresentanti delle comunità religiose e della società civile per favorire la riconciliazione nazionale.

Nel febbraio 2015, a Sant’Egidio, venne raggiunta l’intesa che ha garantito lo svolgimento pacifico delle elezioni e l’impegno a rispettare l’esito delle urne da parte dei principali partiti. 
Intanto l'anno precedente il Consiglio di Sicurezza dell’Onu aveva inviato una missione di pace nel paese, con l’obiettivo di proteggere i civili e facilitare la presenza degli aiuti umanitari.
La situazione non è però migliorata, e si è resa evidente la necessità di un’operazione che affrontasse la crisi in modo definitivo con il coinvolgimento della Comunità di Sant’Egidio, che ha ospitato il ministro degli esteri, Charles Armel Doubane, in rappresentanza del governo, e i delegati di 13 gruppi coinvolti nel conflitto.

Alla mediazione condotta dal presidente della Comunità Marco Impagliazzo, hanno partecipato anche il rappresentante dell’arcivescovo di Bangui Dieudonné Nzapalainga, il rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite in Repubblica Centrafricana Parfait Onanga-Anyanga, rappresentanti dell’Unione Europea, della comunità internazionale e del governo italiano.

L’intesa è stata firmata da rappresentanti di governo e ribelli, ma la tregua – almeno nella città di Bria, a nord-est della capitale – non è stata rispettata e il giorno successivo alla firma 40 persone sono state uccise.

Un ulteriore fardello da aggiungere al conto di una guerra che si stima abbia causato almeno settemila morti e costretto 500 mila persone ad abbandonare la propria casa e trovare rifugio nei paesi vicini.

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Parole chiave: Repubblica Centrafricana (3), Comunità di Sant'Egidio (3), ONU (25)