Per la prima volta un padiglione della Santa Sede alla Mostra Internazionale di Architettura

Dieci cappelle realizzate da altrettanti architetti internazionali «simili a voci fatte architettura che risuonano con la loro armonia spirituale nella trama della vita quotidiana» spiega il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura.

Per la prima volta un padiglione della Santa Sede alla Mostra Internazionale di Architettura

Per la prima volta la Santa Sede entra nello spazio della Mostra internazionale di architettura Freespace, questo il titolo dell'edizione 2018 curata quest'anno da Yvonne Farrell e Shelley McNamara e organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta.

Lo fa approdando sull’isola di San Giorgio con una vera e propria sequenza di dieci cappelle realizzate da altrettanti architetti internazionali: Javier Corvalan Espinosa (Paraguay), Smilian Radic (Cile), Carla Juacaba (Brasile) Sean Godsell (Australia), Eva Prats e Ricardo Flores (Spagna), Eduardo Souto de Moura (Portogallo), Norman Foster (Gran Bretagna), Andrew Berman (Usa) e Teronobu Fujimori (Giappone).

Nel bosco di questa affascinante isola della Laguna anche l’Asplund Pavilion dedicato al celebre architetto svedese Gunnar Asplund che nel 1920 costruì la "cappella nel bosco" nel cimitero di Stoccolma che ha ispirato il progetto vaticano.

A tutti i progettisti è stato chiesto di lavorare con criteri ecosostenibili nei materiali e nel progetto affinché le cappelle possano essere ricollocabili e riutilizzabili altrove anche dopo la Biennale.
Le cappelle sono veri e propri templi, sia pure in forma minore rispetto alle cattedrali, alle basiliche e alle chiese. In esse sono inserite due componenti fondamentali della liturgia, l’ambone (o pulpito) e l’altare, cioè le espressioni della parola sacra proclamata e della cena eucaristica celebrata dall’assemblea dei credenti.

«Il numero delle cappelle – spiega il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura – è simbolico perché esprime quasi un decalogo di presenze incastonate all’interno dello spazio: sono simili a voci fatte architettura che risuonano con la loro armonia spirituale nella trama della vita quotidiana. Per questo la visita alle dieci Vatican Chapels è una sorta di pellegrinaggio non solo religioso ma anche laico».

Un luogo per tutti coloro che desiderano riscoprire la bellezza, il silenzio, la voce interiore e trascendente, la fraternità umana dello stare insieme nell’assemblea di un popolo, ma anche la solitudine del bosco ove si può cogliere il fremito della natura che è come un tempio cosmico.

Questo primo ingresso della Chiesa cattolica nella Biennale di Architettura di Venezia avviene proprio sotto il pontificato di papa Francesco che nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, una sorta di manifesto programmatico agli inizi del suo ministero petrino (24 novembre 2013), ha voluto rinnovare una traiettoria classica nel cristianesimo, la cosiddetta via pulchritudinis, cioè la bellezza come strada religiosa, consapevole dell’asserto di sant’Agostino secondo il quale «noi non amiamo se non ciò che è bello» (De Musica VI, 13, 38). Concretamente, il papa esalta «l’uso delle arti nella stessa opera evangelizzatrice, in continuità con la ricchezza del passato, ma anche nella vastità delle sue molteplici espressioni attuali, al fine di trasmettere la fede in un nuovo linguaggio parabolico».

«Bisogna avere il coraggio – conclude papa Francesco – di trovare i nuovi segni, i nuovi simboli, una nuova carne per la trasmissione della Parola, le diverse forme di bellezza che si manifestano in vari ambiti culturali, comprese quelle modalità non convenzionali di bellezza che possono essere poco significative per gli evangelizzatori, ma che sono diventate particolarmente attraenti per gli altri».

Le Vatican Chapels e la Mostra internazionale di architettura sono aperte al pubblico fino a domenica 25 novembre 2018.

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Fonte: Sir
Comunicato stampa