14 febbraio 1915: la guerra al tempo del carnevale

Il 13 gennaio 1915 l’Italia centrale è stata scossa da una terribile ondata sismica che si abbatte soprattutto sull’Abruzzo, con epicentro nella piana del Fucino, provocando più di 30 mila vittime. E tuttavia è tempo di carnevale, per quanto il suo clima spensierato poco si addica ai tempi bui che si stanno vivendo e ancor più che si profilano all’orizzonte.
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14 febbraio 1915: la guerra al tempo del carnevale

Il ballo, in queste circostanze, diventa il simbolo dell’indifferenza dei benestanti contro i poveri, un’esibizione di indifferenza o al massimo di falso pietismo che non può non avere qualcosa da dire anche oggi, pur nel mutamento dei costumi.
Ma alla vigilia della prima guerra mondiale, e poi anche tra le due guerre, la “crociata” contro il ballo della Difesa è anche un modo per opporsi al progetto che vede alleate, loro malgrado, la borghesia, appoggiata dalle istituzioni, e il socialismo per «traviare la sana pianta delle popolazioni», in particolare quelle contadine. Il ballo è il simbolo di una società che porta il miraggio dell’abbondanza e nello stesso tempo approfitta della miseria speculandovi sopra.

Ecco uno dei passaggi più significativi dalla prima pagina del 14 febbraio 1915
La tremenda sciagura del terremoto ha fatto sorgere molti “balli di beneficenza”. E mentre i nostri fratelli abruzzesi battono ancora i denti dal freddo e chiedono un pane alla carità altrui, una voce si leva da una città all’altra: «State tranquilli, noi balliamo per voi!».
Si danza per la sventura... Ve lo immaginate il ballerino e la ballerina lacrimanti per le vittime del terremoto? Essa, per... lutto, ha indossato le sue più belle vesti ed i suoi più ricchi gioielli; si... sacrificherà ad ascoltare una sceltissima musica e a fare i giri dei pezzi favoriti. Ed ecco, il giorno dopo, il resoconto sui giornali, ove le scelte coppie avranno i meritati elogi. Ne abbiamo letti moltissimi in questi giorni; ed in uno di questi resoconti, pubblicato a Genova, si osservava che gli intervenuti erano stati poco numerosi.
Ma che importa? – osserva il giornale – c’era il fior fiore delle grazie. Se poi l’incasso non era stato alto, pazienza: il divertimento c’era stato. Ed a me sembra che quelle monete raccolte, mentre saranno distribuite in soccorso ai poveri sventurati, nel loro tintinnio, canteranno una ben triste canzone, che saprà di profonda ironia...

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