19 settembre 1915: il disordine travolge l’uomo

La Difesa non legge la guerra che comincia ormai a manifestarsi nella sua brutalità, come un “castigo di Dio” per i peccati dell’uomo, ma piuttosto come il suicidio di una società secolarizzata che ha perduto i suoi riferimenti morali e intellettuali lasciandosi travolgere dall’egoismo. E trova anche l'assenso di insospettabili intellettuali del mondo laico...
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19 settembre 1915: il disordine travolge l’uomo

La grande guerra non era certo, per i cattolici, quella “igiene del mondo” sbandierata dai futuristi
Soprattutto quell’ampio settore del mondo ecclesiale che fu, da subito, convintamente neutralista considerava il conflitto in atto come un immane flagello che divorava vite umane e devastava intere regioni. Senza contare le incredibili risorse destinate ad alimentare l’industria della distruzione. E da subito la Difesa del popolo iniziò a quantificare, per quanto possibile, i costi della guerra moderna, una macabra contabilità della morte che esprimeva, anche sul piano più basso, la “non convenienza” per l’Italia di entrare nel conflitto.
In queste note di condanna si coglie la concreta applicazione dell’atteggiamento di fondo, sostanzialmente “intransigentista”, che buona parte del mondo cattolico, di cui la Difesa di fa portavoce, assume nei confronti della guerra. Essa è il prodotto ultimo di una società che ha rifiutato Dio e la chiesa, che ha creduto nel progresso illimitato della scienza e dell’ingegno umano, svincolato da ogni direttiva morale.
Un articolo ripreso dalla prima pagina del 19 settembre 1915 è illuminante, proprio perché fa riferimento alla “conversione” di un intellettuale laico, radicale e socialista, Guglielmo Ferrero, il quale deve ammettere alla luce dei fatti che «l’origine profonda della guerra è il disordine intellettuale e morale che predomina nel mondo», è nell’uso dell’energia umana per fini di distruzione, invece che di costruzione. Una specie di moderna “torre di babele” che crolla sotto il peso dell’orgogliosa arroganza umana, resa cieca da Dio, o meglio dal suo rifiuto.

«Io credo insomma che le ultime generazioni hanno pensato più ad accrescere la loro potenza e la ricchezza che a chiedersi quale fosse l’uso di questa potenza e di questa ricchezza che meglio rispondesse alla ragion e alla giustizia. Onde quello che pareva il progresso e la grandezza dei nostri tempi era in parte un disordine intellettuale e morale che ha messo capo a questa crisi. (...) È necessario perciò ricostruire l’ordine morale, ridare alla civiltà gli elementi essenziali di vita e di potere duraturi, cioè quegli elementi che si fondano nel principio morale che trova la sua formula concreta nel principio religioso. Le generazioni passate e quelle presenti hanno creduto di poter fare senza Dio, soggiogando con le loro energie la forza della natura, tendendo unicamente alla felicità terrena che mira unicamente ad aumentare le ricchezze ed a procurarsi godimenti. E questa generazione ha dovuto persuadersi che le grandi applicazioni scientifiche, se mancano del sostrato morale e religioso, non riescono che a divenire distruggitrici di quanto hanno creato».

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