1915-1918. La prima vittima fu la gente dei campi

Fino al momento della prima mobilitazione furono i contadini quelli che sopportarono il peso più rilevante della guerra: in un’Italia ancora prevalentemente agricola il fronte sottrasse la maggior parte della manodopera adulta, lasciando sui campi le donne, gli anziani e i ragazzi. Insufficienti i sussidi concessi dal governo alle famiglie povere.
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1915-1918. La prima vittima fu la gente dei campi

In contemporanea con la pubblicazione di questo numero della Difesa viene messo gratuitamente a disposizione sul sito del settimanale diocesano il secondo capitolo dell’e-book che stiamo realizzando per sintetizzare l’atteggiamento del giornale fondato dal vescovo Luigi Pellizzo nei confronti della guerra e a sostegno di un popolo come quello veneto, chiamato a sopportare in prima linea questa immane tragedia.

Il testo, dedicato al primo anno del conflitto, il 1915, è intervallato da box di vario tipo. In alcuni, che riproducono lo schema delle pagine mensili e sono individuati dalla testatina “AbbiamoScritto”, sono riportati brani di articoli usciti sul settimanale. Altri, con la testatina “Testimonianze”, riportano brani di pubblicazioni diaristiche uscite dopo la guerra e riferentesi a episodi o fatti trattati nelle pagine della Difesa.

Per il 1915 viene riportata una pagina particolarmente significativa del diario di don Andrea Grandotto, parroco di Cesuna, accusato di spionaggio insieme ad altri due preti e a cinque abitanti dell’altopiano di Asiago. Parleremo più diffusamente di questa questione nel prossimo numero perché la Difesa in cui viene annunciata a tutta pagina l’assoluzione dei tre preti è datata 15 agosto 1915. Il terzo box, messo alla fine del capitolo, elenca i fatti principali del 1915, sui vari fronti, in ordine di data. La descrizione dei contenuti delle pagine della Difesa è suddivisa in vari capitoli: L’entrata in guerra dell’Italia; L’attenzione alle famiglie contadine; Il nuovo ruolo delle donne; Il clero calunniato; Lettere dal campo, L’assistenza ai soldati; La guerra tecnologica. Sono gli aspetti in cui, a nostro parere, si è cercato di dare una lettura significativa degli eventi bellici, per quanto era reso possibile dalla censura che si farà sempre più occhiuta e colpirà a più riprese anche le nostre colonne.

In primo piano emerge l’attenzione, fin dai primi giorni di guerra, al mondo contadino; un’attenzione ovvia se si pensa che la testata era particolarmente diffusa tra le campagne e che il mondo rurale era anche quello più tradizionalmente legato alla fede cattolica. La parrocchia rurale veneta non è solo un’unità religiosa, ma un punto di riferimento sociale e civile essenziale per le famiglie. Nell’Italia degli inizi del secolo, d’altra parte, il 58 per cento della popolazione attiva lavorava nei campi e dei 4,8 milioni di contadini di età superiore ai 18 anni ne furono chiamati alle armi 2,6 milioni: essi rappresentarono il 45 per cento degli arruolati. E pagarono in proporzione: alla conclusione del conflitto il 64 per cento degli orfani di guerra era figlio di contadini.

Le campagne, nei quattro anni di guerra, rimasero affidate a 2,2 milioni di uomini di età superiore ai 42 anni, quindi perlopiù anziani, affiancati da 1,2 milioni di ragazzi tra i 10 e i 18 anni e da 6,2 milioni di donne di età superiore ai dieci anni. In questa situazione gli aiuti dello stato risultarono subito insufficienti e distribuiti con poca conoscenza della situazione reale. A questo fa riferimento l’articolo intitolato I contadini e la guerra citato nella pubblicazione on-line e pubblicato nello stesso numero in cui si dà l’annuncio della entrata in guerra dell’Italia (la prima pagina del 30 maggio è disponibile. sempre sul sito, in alta definizione).

È firmato (la firma era cosa rara a quei tempi) da Giovanni Bertini, avvocato pratense, illustre esponente del cattolicesimo democratico, eletto deputato nel 1913 e costantemente attento ai problemi della terra. Il principale argomento del suo scritto è l’inadeguatezza del sussidio distribuito alle famiglie dei richiamati «corrisposto finora con criteri di troppo arbitraria applicazione e in misura affatto inadeguata alle più elementari necessità della vita. I sussidi, come vennero distribuiti finora, hanno generato lagnanze e ingiustizie. Occorre che le famiglie dei richiamati siano meglio garantite nell’accertamento delle condizioni di ammissibilità a fruirne e che non si cerchi di ridurre al minimo il numero dei sussidiati...».

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