Comuni sciolti per mafia, ecco i motivi

Sono già 16 i Comuni sciolti dall’inizio del 2018. Ma perché vengono sciolti? Per dare una risposta a questa domanda Avviso Pubblico ha analizzato le relazioni allegate ai decreti presidenziali, quelle del Governo sull’attuazione della legge e le motivazioni delle sentenze di Tar e del Consiglio di Stato.

Comuni sciolti per mafia, ecco i motivi

Il fenomeno delle infiltrazioni della criminalità organizzata negli Enti locali ha assunto negli ultimi anni dimensioni sempre più preoccupanti. Dal 1991, anno di entrata in vigore della legge 221, a oggi sono stati emanati 302 decreti. Da gennaio 2012 a maggio 2018 gli scioglimenti deliberati sono stati 105, dei quali 5 annullati dai giudici amministrativi. Sono già 16 i Comuni sciolti dall’inizio del 2018: sette in Calabria (Briatico, Cirò Marina, Limbadi, Platì, S. Gregorio d’Ippona, Scilla, Strongoli); tre in Campania (S. Gennaro Vesuviano, Caivano, Calvizzano); tre in Puglia (Manduria, Mattinata e Surbo) e tre in Sicilia (Camastra, Bompensiere, Trecastagni).

Ma perché i Comuni vengono sciolti? Cerca di dare una risposta a questa domanda lo studio pubblicato lo scorso 5 giugno da Avviso Pubblico, la rete di enti locali che concretamente si impegnano per promuovere la cultura della legalità e della cittadinanza responsabile

Analizzando le relazioni allegate ai decreti presidenziali, quelle del Governo sull’attuazione della legge e le motivazioni delle sentenze di Tar e del Consiglio di Stato lo studio evidenzia che nella gran parte dei casi la procedura di verifica sulle infiltrazioni mafiose negli Enti locali è stata avviata da inchieste della magistratura sulle attività illegali dei singoli clan nelle rispettive zone di influenza.

Esemplari i casi di Borgetto, a proposito del quale la relazione del Ministro parla di un “accordo politico-mafioso in base al quale i candidati sostenuti dalla consorteria mafiosa una volta eletti avrebbero dovuto garantire come controprestazione l’affidamento di alcuni servizi”; di Lavagna, dove si registrano “diversi incontri tra l’organo di vertice dell’ente e personaggi di spicco del sodalizio, in occasione dei quali è stata discussa anche la composizione della futura giunta”e di Scafati dove si ipotizza un “vero e proprio patto elettorale-mafioso finalizzato all’infiltrazione di società riconducibili alla stessa associazione camorristica in appalti ed apparati della pubblica amministrazione in cambio di propaganda elettorale e promessa di voti”.

In molti degli Enti sciolti si registra una sorta di “disordine amministrativo”: inosservanza delle normative in materia di trasparenza e anticorruzione, mancata approvazione di regolamenti nei settori strategici, assenza di un albo dei fornitori, ricorso ad affidamenti diretti o con procedure anomale ed a soggetti privi dei necessari requisiti, inadeguatezza del sistema dei controlli, condizioni che ampliano la discrezionalità dell’Amministrazione e facilitano i fenomeni di corruzione e di influenza e condizionamento da parte delle organizzazioni criminali.

Quasi tutte le relazioni fanno emergere un coinvolgimento, a vario titolo, di dipendenti della burocrazia comunale e l’importanza, per le commissioni straordinarie e per i futuri amministratori che entreranno in carica al termine del primo turno elettorale, di poter contare su risorse di personale aggiuntivo, proveniente da altre Amministrazioni, in grado di sostituire i dipendenti che non offrano le indispensabili garanzie di indipendenza e di rispetto dei principi dell’etica pubblica.

Nel sito www.avvisopubblico.it è possibile scaricare mappe interattive, grafici e dati statistici riassuntivi che fotografano la situazione dei comuni sciolti per infiltrazione mafiosa aggiornata al 5 giugno 2018.

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Fonte: Comunicato stampa