Basta un poco di gentilezza per far rivivere le strade della città

Nel quartiere Arcella si avverte la carenza di luoghi d'aggregazione e attività per i giovani. Allora perché non crearli? Dallo spritz-baratto a un gruppo su Facebook che ripercorre le tappe della "social street", tre studentesse di psicologia, provano a stimolare i ragazzi del quartiere riportandoli a vivere le strade. Con deliberati atti di gentilezza: è il progetto "città gentile", promosso dal docente Santinello e sviluppato dalla ragazze.

Basta un poco di gentilezza per far rivivere le strade della città

Dai banchi universitari al contatto reale e sano lungo le strade dei quartieri per promuovere e diffondere la gentilezza, un sostantivo dal senso facilmente intuibile, proprio di chi ha garbo, sa essere cortese e volenteroso, ma che nella pratica quotidiana viene svilito, si confonde o non sempre viene praticato. Quali sono le azioni gentili al giorno d’oggi e come si possono diffondere e valorizzare?
Partendo da qui, dall’idea di “città gentile”, linea guida promossa dal docente Massimo Santinello, circa 30 studenti al primo anno di magistrale in Psicologia di comunità dell’università di Padova hanno messo in pratica un approccio diretto per portare azioni concrete all’interno della città: «L’attività è all’interno del corso del professor Santinello “Modelli di intervento in psicologia di comunità” – spiega Laura Aprea, una delle ragazze coinvolte -. E’ stato il primo approccio diretto per noi ed è stato positivo per tutti. Volevamo realizzare un progetto lavorando sul concetto di “città gentile”, un tema che sta iniziando a prendere piede anche in Italia, con l’idea di implementare il concetto di gentilezza ristabilendo il “normale”, il preoccuparsi per l’altro, anche del vicino di casa».

Azioni semplici e istintive come l’affiggere volantini e scritte in giro per le strade invitando il cittadino a compiere una buona azione. Alla base c’è l’idea di diffondere la cultura di una città aperta che vuole condividere storie, esperienze ed emozioni all’interno di in una società che, al contrario, tende a far emergere l’individualismo, l’alienazione e la diffidenza. Dagli sguardi bassi e freddi agli abbracci caldi, alle pacche sulle spalle. Coesione contro esclusione. Tre i quartieri individuati per il progetto: Portello, Pio X e Arcella con tre diversi target e sottogruppi di lavoro focalizzati sui giovani, sulle famiglie e sugli anziani.

Laura, assieme alle sue colleghe Silvia Di Liberto e Lucrezia Arienti, si è concentrata sui ragazzi dell’Arcella (qui la loro pagina Facebook). Una scelta, casuale, per Lucrezia ma che l’ha sin da subito stimolata: «Io sono di Ferrara e vivo da pendolare. Nei miei tre anni di università ho solo fatto il tragitto stazione-università sentendo parlare del quartiere con le solite affermazioni allarmistiche. Per questo, anche per comodità, essendo vicino alla stazione, mi sono detta: “Voglio andar a vedere questo quartiere dove ci sono gran numero di associazioni e di idee che stanno nascendo e non mi sembra per niente un posto negativo”».

Anche grazie alla collaborazione con il Csv di Padova, il Centro servizio volontariato, per prima cosa le ragazze hanno realizzato un questionario come analisi concreta del contesto per cogliere e valutare le esigenze e le necessità che chiedono i giovani arcellani. Hanno realizzato interviste, hanno fatto girare il questionario su internet, sono andati di persona in giro per le strade, nonostante un po’ di diffidenza e timida considerazione iniziale.
Elaborando le informazioni, in Arcella si avverte una carenza di iniziative o di luoghi d’aggregazione: «Alcuni tornano a casa solo per pranzare – spiega Silvia Di Liberto - ma per uscire o per passare una serata tra amici vanno in centro o al Portello. Ci sono pochi poli attrattivi».

E se mancano dei momenti di condivisione, perché allora non crearli? Da qui, seguendo alcuni modelli teorici di inclusione, le future psicologhe si sono attivate realizzando, lo scorso dicembre, uno spritz-baratto (poi riproposto nella mattinata del 14 marzo), un evento “beta” per testare la partecipazione dei cittadini, partendo dallo scambio genuino di oggetti personali: «Abbiamo collaborato con la pizzeria “Sotto casa” di piazzetta Buonarroti, invogliato i residenti a passare una serata nel proprio quartiere – continua Silvia -. E ha funzionato: anche grazie ai volantini, c’è stata una positiva partecipazione di chi, quella sera, ha deciso di non andare in centro per bere o mangiare. Nel corso dell’evento abbiamo poi preso adesioni per la creazione di un gruppo su Facebook, Quartiere Arcella (giovani) - Social Street per consegnare ai ragazzi uno strumento con cui proporre e realizzare altre attività».

Il concetto di “social” trova qui un’altra identità quasi opposta alla tendenza esclusiva di internet o meglio, partendo dal web, si può fare rete anche nel mondo reale, socializzando con i vicini di casa o con cui si condivide la stessa strada di residenza per instaurare un legame e portare avanti idee di interesse comune.
Il progetto coordinato dal professor Santinello è didatticamente terminato, ma il lavoro dei ragazzi non è passato inosservato: «Molte associazioni si sono dimostrate interessate e vorrebbero continuare – conclude Lucrezia -. Sarebbe bello dal punto di vista professionale anche se io, in quanto pendolare, vivo questa esperienza con fatica perché gestire dall’esterno è difficile e complesso. Ma quest’avventura mi ha lasciato una sensazione bella e positiva e come futura psicologa sono grata per quest’opportunità».

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