Le malattie del “tutti ovunque”: serve più informazione, prima di partire

Chi parte, chi arriva, chi riparte: i consigli del Centro di malattie tropicali dell’ospedale Sacro Cuore di Negrar (Verona). E una doverosa precisazione: «Chi afferma che i migranti portano le malattie qui, parla a vanvera».

Le malattie del “tutti ovunque”: serve più informazione, prima di partire

Viviamo in un mondo globalizzato, dove paesi un tempo lontani sono a portata di mano, a poche ore di aereo.
Che sia per lavoro o per turismo, sempre più italiani raggiungono mete lontane. A muoversi sono le persone, le merci e pure i virus. Ecco perché, insieme a valigia e passaporto, è importante informarsi sui rischi a cui si può andare incontro.
Per partenze intelligenti basta rivolgersi al medico di famiglia, agli ambulatori di medicina dei viaggiatori, presenti in tutte le Aziende sanitarie della provincia, o ai centri specializzati.

«Non ci sono destinazioni che andrebbero evitate a priori, eccezion fatta per i paesi per cui è in corso un’epidemia, come per esempio è successo in Angola con la febbre gialla, lo scorso anno», spiega Andrea Rossanese, responsabile dell’ambulatorio di medicina dei viaggi del Centro per le malattie tropicali dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. Il centro, diretto dal dott. Zeno Bisoffi, è attivo dal 1989 e ogni anno effettua circa 4.500 visite ambulatoriali e 450 ricoveri.

Qui un medico delinea il profilo di rischio individuale, valutando la salute del viaggiatore.
Sono tanti i fattori di cui tener conto: dalla geografia delle malattie all’eventuale presenza di patologie croniche di chi è in partenza. Altri elementi da considerare sono la stagionalità, la durata della trasferta, il tipo di attività che si andranno a fare. C’è una notevole differenza, ad esempio, tra il viaggio di lavoro di un uomo d’affari, che soggiornerà qualche giorno in un hotel di lusso di una capitale africana, e l’avventura zaino in spalle che un giovane vivrà nelle foreste del Borneo.

Più viaggi, maggior consapevolezza?
«L’impressione è che, rispetto a 15 anni fa, ci siano più persone che si rivolgono agli ambulatori specializzati, ma ci piacerebbe che i numeri fossero più alti – riferisce il medico – Si stima che circa il 60 per cento dei viaggiatori si rivolgano a uno di questi centri prima di partire; la percentuale scende appena al 20 se i viaggiatori sono immigrati stabilmente presenti nel nostro paese, che tornano a far visita alla loro terra d’origine».
Eppure una consulenza medica sarebbe opportuna perché, dopo un certo tempo di lontananza da un paese, il sistema immunitario si dimentica delle malattie endemiche. «Il viaggio di rientro a casa non è associato a potenziali pericoli – sottolinea il medico – A correre il rischio più grande sono i figli nati e cresciuti in Italia: magari vanno a trovare per la prima volta i nonni, ma le loro difese immunitarie sono europee e così si trovano più esposti, con conseguenze anche gravi».

Chiedere una consulenza personalizzata è la via più sicura per decollare sereni.
«Le malattie che un viaggiatore italiano potrebbe acquisire all’estero sono straordinariamente varie e molteplici, ma è sbagliato fare allarmismi – sottolinea Rossanese – Nel definire il rischio, bisogna valutare la pericolosità immediata per la vita del viaggiatore (come con la malaria) o se la malattia può trasmettersi ad altre persone, diventando un pericolo collettivo, come accade con l’Ebola».

Si deve pensare quindi a patologie statisticamente meno frequenti, ma potenzialmente catastrofiche per l’individuo e la popolazione.

«Tuttavia, è più facile che il viaggiatore stia male perché ha consumato cibi e bevande in modo non corretto, mangiando frutta con la buccia o bevendo acqua non potabile – precisa l’esperto, alludendo alla classica diarrea del viaggiatore – Ci sono poi malattie che si manifestano con la comparsa della febbre o di lesioni cutanee, dai puntini alle bolle: se questi fattori clinici persistono, una volta rientrati è meglio farsi controllare».

Gli spray repellenti, invece, sono i migliori alleati per proteggersi dalle punture delle zanzare, insetti che nei paesi tropicali possono veicolare malaria, dengue, Zika o Chikungunya.
Potenziali e sgraditi compagni di viaggio, che si potrebbero riportare in patria, ma senza il rischio di contagiare altri, dal momento che la trasmissione necessita di un vettore capace di passare il virus.

Ad aumentare la protezione, poi, ci pensano i vaccini.
«Il regolamento sanitario internazionale sancisce l’obbligo di vaccinazione per la febbre gialla, in una lista di Stati aggiornata periodicamente – informa il medico – Lo stesso vale per la meningite da meningococco per i pellegrini che si recano alla Mecca, in Arabia Saudita. Il terzo vaccino fortemente consigliato è l’antipolio: non tanto per il rischio di prendere la polio, che è molto basso, ma per fortificare la protezione delle popolazioni locali immuni al virus, ormai quasi eradicato».
Altri vaccini possono essere consigliati, a seconda della destinazione prescelta. «La funzione sociale delle vaccinazioni è una delle conquiste più importanti della storia dell’umanità, sebbene oggi sia spesso messa in discussione», rileva Rossanese.

Le mistificazioni, in tema di salute, sono dietro l’angolo e spesso corrono su internet:

«C’è chi semina paure e diffidenza, senza alcun fondamento. Si prenda il caso dei migranti che arrivano in Italia: la possibilità di prendere malattie da chi immigra in Italia è pari a zero. La scabbia, per dire, esiste già nel nostro paese e di questo non possiamo certo incolpare loro; l’altra malattia di cui si parla spesso a vanvera è la tubercolosi: non vi sono dati scientifici che parlino di un aumento di casi; chi lo afferma, dice delle stupidaggini».

Adriana Vallisari

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Parole chiave: negrar (1), malattie-tropicali (1), dengue (1), malaria (1)