Padova e la sanità: conti record, ma il futuro è incerto

Tra Azienda ospedaliera, Ulss 16 e Istituto oncologico veneto, la sanità cittadina vale oltre un miliardo e 300 milioni, a cui aggiungere un vasto indotto. Eppure questo straordinario patrimonio rischia di smarrire la sua riconosciuta eccellenza, tra litigi per il nuovo ospedale e palesi difficoltà di integrazione.

Padova e la sanità: conti record, ma il futuro è incerto

Il nuovo ospedale, rimasto allo stato virtuale da oltre un decennio, eclissa la sostanza della diagnosi: Padova sarà ancora “eccellente” come negli anni ’70?
La prognosi resta riservata, perché continua a mancare l’interesse generale a studiare fino in fondo il quadro clinico. Il servizio sanitario è un patrimonio pubblico. Di più: rappresenta la cura essenziale per tutti noi. Meglio ancora: fa bene alla salute dell’intera città.
Eppure sembrano prevalere propaganda politica, comunicazione istituzionale, interessi di nicchia o di lobby. Padova tuttavia merita, almeno, alcune semplici informazioni di pubblico dominio che bastano a rivelare l’importanza – tutt’altro che accademica – del presente e del futuro della sanità pubblica.

Ordine di grandezza
Finora, sembra che a nessuno interessi la “fabbrica degli ospedali”. Ma quotidianamente “produce” con numeri straordinari. Lo certificano i bilanci di Azienda ospedaliera, Ulss 16 e Istituto oncologico veneto che sono i tre “poli sanitari” della città.
Anche se i dati statistici non sono aggiornatissimi e la trasparenza fa difetto al calendario, il valore della produzione iscritto nei rispettivi conti economici supera più che abbondantemente il miliardo e 300 milioni all’anno.
Significa, banalmente, che la sanità pubblica di Padova non solo conta dal punto di vista economico, ma soprattutto vale perfino circa un 20 per cento in più rispetto a Monte Paschi Siena che ha incorporato Antonveneta. È un ordine di grandezza che equivale a quattro volte il valore della Juventus quotata in borsa oppure all’intero mercato italiano dei videogames. E pareggia anche Brunello Cucinelli, l’azienda leader mondiale nel cashmere.

Controllo di gestione
In teoria, una simile “impresa” necessiterebbe di un attento, puntuale e pubblico controllo. È stato davvero così, soprattutto nell’ultimo decennio? O piuttosto non si è consumato, nell’indifferenza generale e nel complice silenzio istituzionale, un vero e proprio dissipamento di ciò che appartiene a tutti i cittadini?
Agli atti, nel 2010 risultavano 433,5 milioni di indebitamento e 80,4 milioni di deficit nel patrimonio netto dell’Azienda ospedaliera di via Giustiniani. Tuttora i vertici amministrativi sono alle prese con la “ricostruzione”, contabile e non, di un’eredità tutt’altro che brillante a causa del malinteso senso di sussidiarietà circoscritto a interessi precisi.
In vista dell’annunciato orizzonte di una “super-Asl provinciale”, forse vale allora davvero la pena radiografare nel dettaglio l’attuale situazione a Padova. Prima ancora di un sano dibattito sul punto, occorre mettere a disposizione della città tutte le necessarie informazioni in dettaglio.

Integrazione mancata
La delibera del direttore generale Adriano Cestrone numero 33 del 27 marzo 2009 rinnovava l’incarico di sovrintendente operativo al professor Giampiero Giron con l’esplicita missione di dar vita all’Azienda ospedaliera integrata con l’università.
Al contrario di Verona, tuttora a Padova non c’è ancora traccia dell’indispensabile “sinergia” fra servizio sanitario e ateneo. Anzi, di fatto, la sostanza dei rapporti è sempre vincolata dalla “convenzione attuativa” datata 26 giugno 1991 (come conferma la pubblicazione del Libro bianco dell’Azienda nell’aprile 2013).
Anche in questo caso appare più che preoccupante la “disattenzione politica” nei confronti del futuro della sanità pubblica, compresa quella di matrice universitaria che è connessa a ricerca e didattica.

L’indotto privatizzato
Solo l’Azienda ospedaliera dichiara 4.733 dipendenti (più 495 universitari in convenzione) per circa 1.400 posti letto. Ogni giorno via Giustiniani assicura 1.067 pazienti ricoverati e 143 in sala operatoria, 231 accessi al pronto soccorso più altri 63 in quello pediatrico, 1.346 visite specialistiche e 34.690 esami di laboratorio più 768 di radiologia.
Parallelamente, funziona un indotto tutt’altro che trascurabile: dalla ristorazione alla logistica, dall’assistenza alla riabilitazione, dai call center alle assicurazioni. È un universo che spesso è già stato privatizzato, a volte perfino con soluzioni su cui ha eccepito la Corte dei conti o con modalità che hanno alimentato critiche non solo da parte delle organizzazioni sindacali.
Di nuovo: bisognerebbe finalmente ottenere un quadro completo dell’effettivo funzionamento delle “fabbriche sanitarie” di Padova. Senza dimenticare l’elenco delle convenzioni a carico del bilancio pubblico che alimentano le strutture private.

Il nuovo ospedale
Fortunatamente la regione ha reso disponibile on line l’intera mole di documenti (verbali delle riunioni compresi) che riguardano il progetto di un nuovo ospedale originariamente concepito in project financing come quelli della Bassa padovana, di Mestre e Santorso (Vicenza).
Al di là delle polemiche politiche e delle opinioni “tecniche”, è un fatto che l’accordo di programma datato 2010 conveniva sulla spesa di 1,4 miliardi di euro. Un costo che risulta dimezzato dalle valutazioni successive allo “scandalo Mose”.
Ed è sul serio così cruciale l’urbanistica per il nuovo ospedale? Forse, sul piatto della bilancia dovrebbe pesare di più l’interesse comune a garantire il miglior futuro all’assistenza e alla cura, ospedaliera e universitaria. A maggior ragione, conta davvero la volontà pubblica di evitare il definitivo tramonto della sanità padovana…

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