"Concorsone" insegnanti: bocciati metà dei candidati

La maxi selezione voluta dal governo si sta trasformando in un Vietnam per i docenti italiani. In molti casi a essere bocciati sono precari al lavoro in classe anche da dieci anni, che comunque torneranno in classe come supplenti. Si impone una riflessione articolata sulla scuola e sul ruolo degli insegnanti.

"Concorsone" insegnanti: bocciati metà dei candidati

Anno scolastico al via e il “concorsone” dei docenti non è ancora concluso, così saranno i supplenti a salire in cattedra.
Ma non c’è solo il ritardo con cui fare i conti: a creare caos c’è anche il fatto che le cattedre a disposizione sono più numerose dei probabili vincitori.

La selezione, infatti, è molto alta: meno di un insegnante su due ha passato lo scritto. Una vera mannaia, specie se si pensa che i docenti che partecipano hanno già conseguito un’abilitazione.

A livello nazionale dei 71.448 candidati in 32.036 sono stati ammessi all’orale, vale a dire il 44,8 per cento del totale. Va un po’ meglio in Veneto dove le domande sono state 14.444, ma solo 5.698 candidati hanno sostenuto la prova scritta e di questi affronteranno l’orale in 3.134, il 55 per cento.

Sono dieci punti in più rispetto alla media nazionale, ma a livello generale resta comunque un risultato basso
«Le bocciature elevate ci dicono che i concorsi sono stati organizzati e gestiti in modo inefficace. Erano riservati a docenti che già possiedono un’abilitazione all’insegnamento e non è possibile bocciare chi lavora nella scuola da dieci anni – afferma Salvatore Mazza, segretario generale regionale della Flc Cgil – Molti concorsi hanno presentato prove difficoltose, non rispetto alle competenze richieste quanto alla formulazione farraginosa e al poco tempo a disposizione per rispondere a domande troppo articolate. Non a caso i risultati peggiori sono stati conseguiti dai docenti delle “educazioni”, le tecnologie, perché le domande erano mal poste».

A livello nazionale la maglia nera spetta alla Lombardia dove ha passato lo scritto solo il 30,7 per cento dei docenti: 4.624 su 15.059.
Seguono: Molise (32 per cento), Liguria (35,7 per cento), Calabria (37,6 per cento), Sicilia (39,6 per cento), Lazio (44 per cento), Emilia Romagna (45 per cento), Toscana (45 per cento), Sardegna (48,7 per cento), Abruzzo (51,2 per cento), Puglia (51,4 per cento), Piemonte (53,5 per cento).
Superano il Veneto: Campania (56,2 per cento), Basilicata (57 per cento), Umbria (58,8 per cento), Marche (60,2 per cento) e Friuli Venezia Giulia (78,6 per cento).

Secondo un’elaborazione di Tuttoscuola, a concorso finito i posti vacanti in Italia saranno 10.500, 719 dei quali in Veneto e se il copione seguirà quello dei presidi, difficilmente qualche docente sceglierà di trasferirsi nella nostra regione.
Una domanda però sorge spontanea: se i docenti son stati bocciati, perché fanno i supplenti?
«Perché questo è un concorso sbagliato che sta riselezionando dei docenti abilitati – sottolinea Mazza – Son stati bocciati degli insegnati amati e considerati bravi dagli studenti. I temi e le domande hanno privilegiato gli aspetti non quotidiani della professione, ma questo non va bene per chi già lavora nella scuola da almeno un decennio».

Anche l’autorevole Tuttoscuola, spiega che la valutazione di sistema a livello internazionale «considera la qualità professionale degli insegnanti come la variabile più influente sui risultati degli studenti».
«E a proposito di concorsi, la legge impone un dirigente per ogni istituto scolastico e attualmente in Veneto 139 istituti sono senza dirigente e questo significa che un istituto su quattro non ha preside. Perché non viene bandito un concorso? – denuncia il segretario della Cgil – Il problema della mancanza di dirigenti non è risolvibile senza un concorso che deve essere bandito subito se vogliamo che questo non si ripresenti il prossimo anno».
Questa esperienza del “concorsone” della scuola, travagliata fin dal suo nascere per la scelta delle commissioni e la paga ridicola dei commissari, in realtà ha scoperchiato un vaso di Pandora perché, per tenere alto il livello della nostra scuola, sarebbe necessario rivalutare e ridefinire la professione docente.

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