Povertà educativa, “una sfida per tutta la società civile”

Secondo gli ultimi dati Istat, i minori sono sempre più poveri, e lo svantaggio educativo è la prima conseguenza della precarietà economica. L’appello delle Fondazioni di origine bancaria (Acri) e le Fondazioni ed enti della filantropia istituzionale (Assifero) in vista della Giornata europea delle Fondazioni del 1° ottobre. Guzzetti: “A fianco allo Stato ci sia una comunità educante”.

Povertà educativa, “una sfida per tutta la società civile”

“Rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà di crescere e l’eguaglianza fra tutti i bambini. Una sfida alla quale la società civile non può ritenersi estranea”.

È l’appello lanciato dalle Fondazioni di origine bancaria (Acri) e le Fondazioni ed enti della filantropia istituzionale (Assifero), che hanno organizzato un incontro sul tema della povertà infantile in vista della Giornata europea delle Fondazioni del 1° ottobre.

Fondazioni che hanno scelto di dedicare l’edizione 2017 della giornata proprio alla formazione e alla crescita dei minori, oltre che alla necessità di una comunità educante.

Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia i minori sono sempre più poveri.
Negli ultimi dieci anni la percentuale di minori in povertà assoluta, oltre 1,1 milioni, è quasi triplicata, passando dal 3,9 per cento della popolazione di riferimento nel 2005 al 10,9 per cento nel 2015 e quella dei minori in povertà relativa, più di 2 milioni, è raddoppiata passando dal 12,6 per cento al 20,2 per cento nel 2015 con un’impennata di quasi 8 punti percentuali a partire dal 2011.

“Spesso allo svantaggio economico - spiegano le due associazioni - si accompagna uno svantaggio educativo, in una spirale perversa che è necessario interrompere, per non lasciare bambini e ragazzi privi della possibilità di sviluppare al meglio i propri talenti, capacità e aspirazioni”. Nonostante il numero dei ragazzi che in Italia abbandonano precocemente gli studi si sia più che dimezzato negli ultimi 23 anni, passando dal 38 per cento del 1992 al 15 per cento del 2015, infatti, il nostro paese rimane indietro rispetto ai paesi dell’Unione europea, la cui media è dell’11 per cento, posizionandosi al quart'ultimo posto.

La serietà del problema povertà infantile in Italia, invece, molto spesso sfugge, ha spiegato Raffaela Milano, direttore dei programmi Italia-Europa di Save the Children.

“Abbiamo il 3 per cento dei bambini tra uno e 15 anni non dispone di due paia di scarpe, il 6 per cento non mangia un pasto proteico adeguato almeno una volta al giorno. Quando parliamo di povertà in Italia ci guardano stralunati, sembra incredibile che ci sia un problema di povertà alimentare in un paese come il nostro. E’ importante considerare che la povertà dei bambini non è la povertà degli adulti in miniatura, ma un fattore che tocca tutte le dimensioni della loro crescita, dalla salute all’educazione, dall’educazione con gli altri alla socialità, e produce delle cicatrici invisibili che vanno avanti per tutta la vita”.

Le politiche pubbliche, inoltre, non sono poi così incisive come quelle predisposte in altri paesi europei, per ridurre la povertà.
“Ci sono alcuni paesi, come Germania e Inghilterra, che arrivano a dimezzare il numero di minori in povertà grazie all’intervento pubblico - ha aggiunto Milano - e noi ad oggi lo riduciamo solo di 8 punti, dal 33 al 25 per cento. Per molti anni abbiamo avuto una politica confusa fatta di bonus, una tantum, livelli di governo che non dialogavano fra di loro, una infrastruttura dei servizi sociali debolissima e tutto questo ha creato un danno. Da poco si è riusciti ad avere una prima misura contro la povertà, ma c’è un ampio margine di miglioramento”.

A sottolineare il peso insufficiente dell’intervento pubblico sulle aree critiche, anche Marco Rossi Doria, insegnante e già sottosegretario di Stato al Miur.
Un intervento che spesso è “poca cosa rispetto a quello che gli operatori sul campo vedono ogni giorno. Noi abbiamo un compito, essere voce indipendente che incalza il decisore pubblico su queste questioni”.

In questo scenario, il ruolo delle fondazioni diventa notevole, così come lo è l’impegno sottolineato da Giuseppe Guzzetti, presidente di Acri, su questo fronte.
“Le nostre erogazioni filantropiche dal 2000 a oggi nell’intero settore dell’educazione e formazione sfiorano i 2 miliardi e mezzo di euro esclusi i 120 milioni finalizzati nel 2016 al Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile – ha dichiarato Guzzetti - È questa un’iniziativa davvero importante, alimentata dalle fondazioni con 120 milioni di euro all’anno, per tre anni, fino al 2018. È un’iniziativa senz’altro parziale per risolvere definitivamente il problema della povertà educativa in Italia, ma senz’altro è la più vasta in questo senso mai progettata. Essa prevede un impegno diretto, circoscritto e puntuale delle Fondazioni; e viene attuata in un’ottica di massima trasparenza e rendicontazione, oltre che di valutazione di impatto: una vera novità nel panorama nazionale.
Il presente e il futuro dei minori ci sta a cuore. Sono loro la promessa del domani. Ma è un domani che parte dall’oggi, dalla capacità che noi abbiamo di dar loro non solo strumenti e conoscenze, ma anche coraggio, forza e speranza per affrontare un quotidiano difficile che rischia di abbassare il loro sguardo in un’insicurezza che può renderli incapaci di guardare, vedere e costruire orizzonti nuovi. Non vogliamo che questo accada, per loro e anche per noi stessi”.

Per Guzzetti, quella della povertà educativa è una “grande sfida e non è una sfida semplice, soprattutto per un paese che si trova in un frangente congiunturale in cui le difficoltà non mancano. Tuttavia, non si può non raccoglierla, perché è lì che si gioca il nostro futuro. Per affrontarla nella pluralità dei suoi aspetti, insieme allo Stato ci deve essere l’intera comunità, che così diventa comunità educante”.

Dai bandi avviati grazie al Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, intanto, arrivano  elementi nuovi su cui occorrerà riflettere, ha aggiunto Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione con il Sud e dell’impresa sociale Con i Bambini, attuatrice del Fondo stesso.
“Sono arrivati più progetti per i bandi per i quali c’erano meno risorse (46 milioni per i bandi per i progetti per l’adolescenza, ndr), e meno bandi per i bandi su cui c’erano più risorse (quelli della prima infanzia a cui sono andati circa 69 milioni, ndr). Su questo stiamo riflettendo. Penso che sia il segno che nel nostro paese c’è una insufficiente attenzione e tradizione di interventi sulla fascia d’età più piccola, laddove ormai tantissimi esperti dimostrano che l’intervento decisivo è nei primissimi mesi d’età”.

I progetti finanziati col Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, per Borgomeo, inoltre, hanno anche un altro valore, quello di creare innovazione nel settore. Tema su cui è intervenuto Felice Scalvini, presidente di Assifero.
“Le Fondazioni sono oggi tra gli attori più capaci di innovazione e cambiamento sociale - ha spiegato -, più efficaci nel rimettere il futuro al centro dell’azione politica e sociale. Il ruolo chiave che possono svolgere per il bene comune non è quantitativo, nel tappare i buchi di un welfare pubblico in sofferenza, ma qualitativo. In un ambito così delicato come l’educazione e la crescita delle nuove generazioni le Fondazioni possono giocare un ruolo fondamentale per l’Italia e l’Europa oggi. La loro autonomia e l’inventiva che le caratterizza possono incidere fortemente sul miglioramento della formazione di cittadini attivi, socialmente responsabili, impegnati per il bene comune, i diritti e le libertà fondamentali, l’ambiente”.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Parole chiave: minori (60), povertà (158), educazione (100)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)