Quale scuola per i figli? L'importante è non imprigionarli nelle proprie aspirazioni

Quale scuola scegliere? Tra le aspirazioni dei ragazzi spesso si intromettono le aspettative dei genitori che decidono il futuro, anche scolastico, dei loro figli. Le scuole, durante i percorsi formativi, spronano i genitori ad assecondare il volere dei ragazzi. Alcuni ci riescono, altri meno...
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Quale scuola per i figli? L'importante è non imprigionarli nelle proprie aspirazioni

La scuola, o meglio la decisione sul percorso da intraprendere nell’imminente passaggio tra scuola media e superiore, è uno dei primi terreni dove si scontrano genitori e figli.
Una conflittualità che oscilla tra le aspettative degli adulti e le aspirazioni, i sogni, le sensazioni dei ragazzi. Nella complessa e delicata fase di maturità, in realtà, sembrerebbe che le famiglie italiane facciano “pressione” per indirizzare i propri figli tanto quanto gli altri genitori in tutta Europa: seguendo, infatti, le indicazioni fornite da una recente analisi di LinkedIn per il Sole 24 Ore, emerge che i genitori si fanno sentire poco sulle scelte scolastiche per forzare, al contrario, la mano sul futuro professionale.

Spesso, in realtà, i genitori non vedono il figlio come individuo autonomo, ma come un prolungamento di sé stessi, giocoforza mosso dalle stesse preferenze.
Ecco perché, in questo senso, è necessario “educarli” correttamente.

«Durante gli incontri formativi rivolti ai genitori, ci hanno detto di non sostituirci nella scelta, ma di accompagnare i nostri figli e rifiutare il pregiudizio per cui chi frequenta il liceo è intelligente mentre chi frequenta un istituto ha un potenziale minore – dice Maria Rosaria Primavera, mamma di Riccardo – In base alle abilità che mostrano, bisogna assecondarli cercando di capire come si immaginano da adulti: qualcuno è più portato all’aspetto teorico, altri alla concretezza o alla praticità. Bisogna evitare gli stereotipi».

Per avere una panoramica sulle tante offerte del territorio padovano, Maria Rosaria e suo figlio hanno seguito percorsi di orientamento e frequentato alcuni Open day, discutendo coi docenti, ma anche con gli stessi insegnanti della scuola media che stilano un relazione finale nel quale si suggerisce il cammino che il ragazzo potrebbe seguire. Inizialmente propenso ad andare all’istituto Ruzza, con indirizzo biologico, dopo un pomeriggio di scuola aperta all'istituto Valle, Riccardo si è convinto scegliendo l’indirizzo grafica e comunicazione.
In questa nuova avventura non ci sarà nessun compagno di classe a seguirlo, solo un ragazzo dello stesso istituto. La scelta, però, è stata ben accolta dai genitori: «Da parte nostra diciamo che l’immaturità dell’età e la precarietà di questi tempi non aiuta a fare delle mosse definitive – spiega la mamma Maria Rosaria – Rispetto a 30 o 40 anni fa, quando la scelta iniziale sembrava quasi vincolante e andava confermata fino alla fine degli studi, adesso il suggerimento che ci danno è che gli stessi lavori sono in continua evoluzione. Quindi bisognerà essere predisposti a cambiare più volte nella vita».

Tra incertezza e indecisione c’è però anche chi, trainato dalla propria passione, ha deciso di puntare dritto.
Erica sta per terminare la terza media al Da Cavino di Campodarsego e ha già le idee chiarissime, avendo scelto l’alberghiero con buona pace dei genitori che hanno accolto positivamente la decisione: «L’unico momento di riflessione è stato tra l’istituto professionale di Castelfranco o quello di Dolo, ma alla fine abbiamo optato per il primo per una questione di comodità – racconta Lucia Zampieri, mamma di Erica – Noi le avevamo detto che era libera di scegliere qualsiasi strada: le è sempre piaciuto cucinare e fare i dolci e, infatti, al momento è intenzionata a specializzarsi nel settore pasticceria».

Anche lei, come Riccardo, aveva scartato in precedenza il liceo perché non le entusiasma l’idea di studiare cinque anni senza avere concretamente nulla in mano ed essendo costretta, di fatto, a continuare il percorso all’università.
Con motivazione e un pizzico di sana sfrontatezza, che noi adulti invidiamo, Erica non vede l’ora di iniziare:

«L’alberghiero è un quinquennale con due anni uguali per tutti e poi, dalla terza, si sceglie la specializzazione tra cucina, sala e ricevimento – conclude Lucia Zampieri – Le abbiamo detto in tutti modi che la scuola sarà dura e impegnativa e che dovrà lavorare anche quando i suoi amici faranno festa o durante il sabato e la domenica. Altri ragazzi hanno desistito, ma lei sembra convinta e questa forza rende anche noi più sereni per affrontare il futuro assieme». 

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