"Dopo di noi", la legge c'è. Ora serve un impegno concreto

Per la prima volta la volontà della persona disabile e della famiglia in merito al “Dopo di noi” ha assunto valore giuridico con la norma approvata lo scorso anno. Ora si attende che anche il Veneto renda finalmente operativa la 112/16. Francesca Succu, presidente dell'associazione Amministratore di sostegno, ne spiega i contenuti.

"Dopo di noi", la legge c'è. Ora serve un impegno concreto

Cosa ne sarà dei figli “dopo” è un timore comune a tutti i genitori che si avviano alla vecchiaia. Il timore diventa forte preoccupazione e angoscia se i figli hanno necessità particolari per una qualche forma di disabilità.

È per questo che le associazioni di familiari e le altre realtà del terzo settore impegnate nell’ambito della disabilità da sempre combattono per avere riconosciute, a livello giuridico, forme di tutela e garanzia per i propri figli e assistiti.

La legge tanto attesa è arrivata nel giugno 2016: è la 112/2016, meglio conosciuta come “Legge sul dopo di noi” ma, come troppo spesso succede nel nostro paese, i tempi di applicazione si stanno dilungando un po’ troppo con il risultato che, a oggi, la situazione è ancora pressoché ferma.

Francesca Succu, presidente dell’associazione Amministratore di sostegno di Padova e già dirigente ai servizi sociali dell’allora Ulss 17, aiuta a capire meglio la legge e gli effetti per le famiglie.

Quali sono le prime coordinate per capire la legge 112/2016?
«La norma non nasce dal nulla, infatti vede i suoi fondamenti nella carta costituzionale, nella carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e nella convenzione delle Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità. È inoltre frutto di percorsi e leggi precedenti, tra le quali la 104/92, la 328/2000 per l’integrazione dei servizi socio-sanitari e la 6/2004 che istituisce la figura dell’amministratore di sostegno per le persone prive in tutto o in parte di autonomia. È una legge che si pone l’obiettivo di favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità».

A chi è rivolta la legge?
«La particolarità della legge 112/16, e per molti versi anche la sua limitazione, è il fatto che sia rivolta solo alle persone con disabilità grave come definita dalla dall’articolo 3, comma 3 della legge 104, prive del sostegno familiare.

In pratica sono persone la cui invalidità riduce l’autonomia personale in modo da rendere necessaria un’assistenza permanente e globale nella sfera individuale e in quella di relazione. Segnalo che sono inserite in questa previsione, per accordi successivi, anche le persone con sindrome di down anche se spesso hanno una buona autonomia personale e sociale. Sono esclusi dai benefici fiscali della legge gli anziani non autosufficienti e i disabili non gravi».

Quali agevolazioni prevede?
«Gli strumenti previsti sono principalmente di due tipi. Da una parte la costituzione di un fondo per percorsi di deistituzionalizzazione, cioè di autonomia in case private o gruppi appartamento, comunque al di fuori di strutture assistenziali pubbliche/private.
Dall’altra parte è prevista una serie di agevolazioni fiscali per la stipula di assicurazioni, costituzione di trust e fondi di garanzia a favore delle persone con disabilità grave.
È interessante sottolineare che sono tutti strumenti che favoriscono l’autonomia del disabile dopo la scomparsa dei genitori, ma la cui istituzione e avvio avviene quando i genitori/familiari sono ancora in vita».

Cosa significa in pratica?

«Vuol dire che i genitori hanno possibilità concreta e tutelata di decidere, insieme al figlio, di destinare beni – tra i quali anche immobili – e soldi con la sicurezza che questi saranno effettivamente utilizzati come da volontà espressa.

Finora infatti non era così, perché si trattava di accordi o volontà che non avevano valore giuridico. Ho un caso in mente di una famiglia che aveva lasciato al figlio disabile la propria casa e aveva comunicato la volontà che il figlio rimanesse a vivere in quella casa anche dopo la loro morte ai servizi sociali.
Nella realtà, una volta rimasto solo il figlio è stato inserito in una struttura perché i costi di “gestione” erano inferiori rispetto all’assistenza domiciliare. Per fortuna conosco anche altre situazioni positive, soprattutto nel caso in cui sia stata coinvolta un’associazione o una cooperativa che hanno realizzato, ad esempio, dei gruppi appartamento negli immobili lasciati in eredità garantendo percorsi di autonomia al figlio e ad altre persone con disabilità. Con la nuova legge non potranno esserci interpretazioni o variazioni nel momento in cui la volontà è chiara».

Qual è il punto della situazione della legge?
«Dopo essere stata approvata un anno fa, il 24 giugno 2016, è stato richiesto alle regioni di predisporre una bozza di programma regionale da inviare al ministero per approvazione. Saranno infatti le regioni a gestire il fondo dedicato, fissato in 90 milioni di euro per il 2016 e il 2017 e 43 milioni a partire dal 2018 e suddiviso tra le regioni sulla base della popolazione.
Una volta ricevuti i documenti dalle regioni, nel corso dei primi mesi del 2017, il ministero ha dato risposta favorevole a due terzi delle regioni mentre alle rimanenti, tra le quali il Veneto, ha richiesto integrazioni o chiarimenti. È di un paio di settimane fa la notizia che la regione Lombardia è partita rendendo operativa la legge. Per il Veneto dovremo aspettare ancora almeno qualche mese».

Con il decreto attuativo saremo pronti per partire? Quali sono le sfide future?
«Saremo pronti a livello legislativo, bisogna capire se lo saremo a livello culturale. Dagli amministratori regionali a quelli locali, passando per gli assistenti sociali, le realtà non profit e infine le famiglie,

la sfida principale infatti è capire se saremo capaci di pensare e realizzare veri percorsi di autonomia e di vita indipendente e se saremo in grado di rendere partecipi di questi percorsi i diretti interessati, ovvero le persone con disabilità grave, perché possano esprimere anche le loro volontà.

Altra sfida riguarda la comunità locale che auspico possa divenire sempre più comunità accogliente e inclusiva favorendo un’effettiva integrazione».

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