Il 15 maggio a Padova c'è "SOStare in famiglia", convegno della Papa Giovanni XXIII

Costruire una società sana e amica della famiglia, coinvolgendola e sostenendola nella quotidianità per prevenire ogni forma di disagio sociale. È l'obiettivo del convegno "SOStare in famiglia" organizzato dalla comunità Papa Giovanni XIII. L'intento è coinvolgere tutti gli attori sociali per creare reti e alleanze a supporto dei nuclei familiari e dei figli.

Il 15 maggio a Padova c'è "SOStare in famiglia", convegno della Papa Giovanni XXIII

Pensare a una società amica della famiglia nella quale, grazie a valide sinergie tra istituzioni, enti e tutti i diversi attori sociali, è possibile far nascere alleanze per sostenere la centralità della famiglia stessa. Coinvolgendola, sostenendola nella quotidianità e preservando il suo prezioso nucleo identitario.

È questo l’oggetto del convegno “SOStare in famiglia” organizzato, nella giornata di lunedì 15 maggio al centro culturale San Gaetano, dalla comunità Papa Giovanni XXIII con la collaborazione della regione Veneto e del comune di Padova.
In concomitanza con la terza giornata regionale contro il maltrattamento e la violenza sui minori, promossa dal tavolo “Un welfare per i minori” e della giornata internazionale della famiglia, proclamata dall’Onu nel 1994, nell’incontro si parlerà di come creare una realtà fatta di reti e di azioni orientate a migliorare la qualità della vita, prevenendo, così, il disagio all’interno della famiglia.

«Pensiamo al semplice disagio di nuclei familiari fragili – spiega Michela Rebellato, responsabile ambito minori della comunità Papa Giovanni XXIII – mamme sole, separazioni dure, nonché fragilità di coppia, o famiglie con disabili. Il nostro grido come comunità è quello di rimuovere le cause, capire quali strumenti utilizzare per prevenire l'intervento drastico, per evitare l’esposizione dei bambini, la violenza intrafamiliare, la solitudine, e il disadattamento».

Il convegno, che dalle 8.30 alle 17 accoglie interventi di docenti ed esperti, si propone di affrontare due filoni: nel primo si delinea il percorso storico e sociologico, soffermandosi sull’analisi di modelli positivi già attivi in Europa, in paesi come Francia e Germania, o in altre regioni italiane; nel pomeriggio, invece, la discussione si focalizza su alcune specifiche iniziative e su progetti in corso nel territorio padovano a favore del riconoscimento e sostegno della famiglia.

Vincenzo Salerno, direttore del dipartimento di pedagogia all’Istituto universitario salesiano di Venezia, analizza le possibili azioni di prevenzioni e di tutela che il servizio sociale può offrire come l’attività di ascolto o sostegno psicopedagogico per genitori, insegnanti, figure educative e ragazzi o la realizzazione di centri estivi di carattere socioeducativo e ludico per i più piccoli. Un apporto lo possono dare anche le conferenze tematiche su problematiche emergenti del territorio come l’integrazione scolastica e sociale di minori e famiglie stranieri.

Non a caso, i sempre più complessi fenomeni migratori e di mobilità territoriale che hanno ridisegnato il tessuto urbano e umano nelle città italiane, sono tra le cause più incisive nella crescente solitudine dei ragazzi e delle loro famiglie.

Da qui parte la riflessione di Barbara Segatto, presidente del corso di laurea in Servizio sociale all'università di Padova, che propone un welfare di comunità partendo proprio dai ragazzi, stimolandoli a interessarsi al territorio che li circonda, ai cittadini che lo abitano e lo hanno abitato, alla sua cultura, agevolando così la loro capacità di costruire relazioni.

Nel nuovo welfare sarà importante promuovere la soggettività sociale delle famiglie, con azioni attive e dinamiche per favorire le relazioni nei contesti comunitari in cui vivono: «Dalle parrocchie alle associazioni – conclude Michela Rebellato – passando per gli assistenti sociali o le reti sportive, tutte queste alleanze e relazioni mirano a stimolare attori molto diversi tra loro perché ognuno può essere elemento di sviluppo. Ci siamo aperti a tutti perché sono le persone più vicine ai ragazzi che fanno la differenza».

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