L'islam di casa nostra. Un mondo assai variegato, da conoscere meglio

Sono tanti i luoghi gestiti da associazioni dedite alla socializzazione, all’insegnamento della lingua araba, ai rudimenti della religione e al culto vero e proprio. Dietro ai vari gruppi si riconoscono, velatamente, appartenenze più vaste, scuole giuridiche differenti e derivazioni regionali diverse. Un quadro da conoscere per evitare frettolose semplificazioni.

L'islam di casa nostra. Un mondo assai variegato, da conoscere meglio

Cominciamo intanto con il territorio
Borgoricco, San Siro di Bagnoli, Frassine e Montagnana, Maserà, Piove di Sacco, Casale di Scodosia, Pontelongo, Abano Terme, Monselice, Noventa Padovana, Solesino, Cittadella, Cervarese Santa Croce, Mestrino, Thiene.
A questi luoghi della diocesi vanno aggiunti altri cinque centri nella città di Padova (via Pontevigodarzere, via dell’Ippodromo, via Bernina, via Turazza, via Da Montagnana).

Ecco qui una vera e propria geografia dell’islam di casa nostra
Luoghi gestiti da associazioni, per lo più di natura maghrebina, normalmente dedite alla socializzazione, all’insegnamento della lingua araba, ai rudimenti della religione e al culto vero e proprio.
Luoghi e comunità che si affacciano sul territorio, normalmente autogestite per quanto riguarda gli aspetti pratici, economici e l’accompagnamento nella preghiera.

Dietro ai vari gruppi si riconoscono, velatamente, appartenenze più vaste, scuole giuridiche differenti e derivazioni regionali diverse
Nella regione Veneto, secondo dati della fondazione Leone Moressa (dicembre 2015) gli stranieri musulmani, basandosi sul presupposto che gli immigrati provenienti da un determinato paese ne rispecchino anche la ripartizione per gruppi religiosi, si potrebbero stimare in 166 mila, così suddivisi: oltre un terzo (57 mila) proveniente dal Marocco, poi Albania (24 mila), Macedonia (19.800), Bangladesh (16 mila), Nigeria (12 mila), Senegal (9 mila), Bosnia-Erzegovina (9.300), Tunisia (6.400) e Kossovo (6.500). Tremila sarebbero i musulmani provenienti sia dall’Algeria che dal Pakistan.

Il quadro padovano, inoltre, per citare il sociologo Stefano Allievi, ha delle specificità che sono comuni anche al contesto regionale: i musulmani sono diffusi in centri medio-piccoli e in zone rurali, dove la familiarità è più comune, non vi sono concentrazioni esplosive ed emerge addirittura un islam “dialettale”, oltre che disperso sul territorio; non manca una buona integrazione nel mondo del lavoro; positivo è il ruolo svolto dalla chiesa e dall’associazionismo soprattutto religioso nel favorire l’accoglienza, ponendo le premesse per un buon dialogo interpersonale, prima ancora che interreligioso.
È buona anche la collaborazione con le forze di polizia e di sicurezza, che ha favorito anche l’attività di prevenzione, attraverso indagini di polizia e inchieste della magistratura.

L’islam di casa nostra conosce anche dei punti deboli: la frammentazione delle comunità etniche, ancora tanto autoreferenziali nei confronti dell’ambiente sociale e religioso, ma anche degli altri gruppi musulmani, con processi di isolamento; la scarsa formazione degli imam (proprio perché ingaggiati da comunità povere e a loro volta poco formate); la presenza ancora modesta nei ruoli associativi (più visibile invece in altre regioni) delle seconde generazioni nate in Italia, più formate e meglio integrate, anche solo a livello di conoscenza della lingua e della cultura italiana.

Un tratto da evidenziare, e inevitabilmente aggravante delle difficoltà di integrazione, è l’atteggiamento della politica e di qualche istituzione spesso ostentatamente anti-islamico
Negare a priori il diritto di culto a colpi di ordinanze e chiusure selettive o trascurare la mediazione culturale, per citare due esempi, sembrano andare nella linea del “non governo” rispetto a quanto si riferisce al mondo migrante, mentre sarebbe utile provare a gestire le situazioni e le persone quando si ha modo di farlo.
Del resto, va anche detto che la situazione odierna internazionale ha delle ricadute non indifferenti nel vissuto di tutti.

Due fatti sono degni di nota
Innanzitutto, la mobilitazione che le comunità islamiche di Padova, della provincia e del Veneto hanno avuto a fine novembre, in occasione dei fatti di Parigi e della morte della veneziana Valeria Solesin; in secondo luogo, i dati di una recente ricerca, curata dall’Osservatorio sul Nordest del Gazzettino, secondo la quale, a fronte di tanta violenza procurata nel nome dell’islam, l’atteggiamento del nostro territorio sarebbe più attento a distinguere tra l’islam e gli estremisti violenti, con un aumento della convinzione che solo alcuni gruppi islamisti spingano i loro militanti alla violenza e non l’islam in quanto tale. Meglio di niente, per continuare.

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