Lotta alla povertà, non basta rispondere all’emergenza

«La lotta alla povertà può diventare opportunità per la città». Suona come una provocazione, ma davvero non lo è, l’invito lanciato dal direttore della fondazione Zancan Tiziano Vecchiato in occasione del tradizionale incontro pre-natalizio della diocesi con le categorie economiche promosso da Ucid Padova e Camera di commercio, dedicato a un'analisi del cammino fin qui percorso dal progetto dei Cantieri di carità e giustizia “lanciati” dal vescovo Claudio lo scorso 13 giugno.

Lotta alla povertà, non basta rispondere all’emergenza

«La lotta alla povertà può diventare opportunità per la città».
Suona come una provocazione, ma davvero non lo è, l’invito lanciato dal direttore della fondazione Zancan Tiziano Vecchiato in occasione del tradizionale incontro pre-natalizio della diocesi con le categorie economiche promosso da Ucid Padova e Camera di commercio. Considerato da alcuni amministratori pubblici una spesa ingombrante da inserire nel bilancio comunale, il contrasto alla povertà può essere invece un investimento: un messaggio che la Fondazione lancia da anni e che potrebbe diventare esperienza concreta con il progetto Cantieri di carità proposto dal vescovo Claudio lo scorso 13 giugno.

L’incontro in Camera di commercio è stato occasione per presentare i risultati delle prime due fasi.
Al giornalista Francesco Jori il compito di tratteggiare quanto emerso nella prima fase, ovvero la riscoperta dei tanti passaggi della storia in cui Padova si è distinta per le opere di carità e l’impegno a favore dei diritti umani.
Dalla fondazione dell’università – nata nel nome della libertà di pensiero – alla straordinaria opera dei Benedettini; dal Monte di pietà alla nascita delle prime Casse di risparmio fino ai due ospedali, l’ospedale francescano nel Quattrocento e quello costruito nel Settecento, realizzati entrambi con il concorso di tutte le istituzioni del territorio: un lungo elenco di primati della carità – cui vanno aggiunti in tempi più recenti realtà come il Cuamm e l’Opsa – e di tasselli che compongono un patrimonio vivo: «Lo testimoniano le duemila associazioni di volontariato che operano in città. Una Padova maggioritaria, ma invisibile».

Una considerazione che lascia spazio a un’autocritica rivolta alla categoria dei giornalisti, ma anche alla classe dirigente «non solo politica, corresponsabili di un racconto distorto, segnato dalla ferocia del linguaggio, dove ciascuno è prigioniero della propria appartenenza e la cosa più importante è la difesa a oltranza delle proprie posizioni». La figura di sant’Antonio «il cui miracolo più significativo fu la capacità di tenere insieme la dimensione religiosa e quella civile» può essere illuminante, per la sua dote «di ridurre a pace i discordi», per riprendere un’efficace espressione del suo biografo.

Le potenzialità della città emergono anche dall’indagine condotta dalla fondazione Zancan, oggetto della seconda fase del progetto
Sono 70 le realtà religiose e sociali che si misurano con la povertà e i due terzi del personale impiegato è volontario. Un impegno gratuito quantificato in 200 mila euro al mese. Oltre il 70 per cento di questo sforzo è destinato all’emergenza, ma fra i volontari emerge la consapevolezza che così il sistema non funziona.
Esperienze come quella del Fondo straordinario di solidarietà mostrano che quando si chiede agli aiutati di aiutare, di mettere a disposizione le loro capacità, si mettono in moto risorse impensabili.
«Per fare questo – ha spiegato però Vecchiato – serve una logistica delle capacità. I “buoni” sono bravi a leggere i bisogni, ma serve chi sappia vedere in questi bisogni un potenziale di investimento».
Una pagina bianca da scrivere con il contributo di tutti: questo l’appello lanciato da Vecchiato in vista dell’attivazione dei tavoli di lavoro dedicati.

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