Migranti, Caritas: "È un'Europa sempre meno accogliente"

Austria e Slovenia si preparano a chiudere le frontiere in caso di nuovi flussi di profughi sulla rotta balcanica. Forti, a conclusione della visita-studio per il Migramed 2016 di Caritas italiana: "Ci sarebbe bisogno invece di una responsabilità condivisa nella gestione delle migrazioni". Intanto si conta l'ennesimo naufragio al largo delle coste egiziane, con decine di vittime accertate.

Migranti, Caritas: "È un'Europa sempre meno accogliente"

Austria e Slovenia si preparano a chiudere le frontiere in caso di nuovi flussi di profughi sulla rotta balcanica.
"E' un'Europa sempre meno accogliente. Ci sarebbe bisogno invece di una responsabilità condivisa nella gestione delle migrazioni": così Oliviero Forti, a conclusione della visita-studio tra Italia, Austria e Slovenia per il Migramed 2016 di Caritas italiana, centrata proprio sulle frontiere percorse dai migranti forzati sulle rotte terrestri.
"In questo viaggio abbiamo scoperto cose che non ci piacciono - osserva Forti - L'Austria e la Slovenia, che hanno visto l'anno scorso un milione di profughi in transito, si preparano politicamente a chiudere le frontiere. L'Austria, più attrezzata e con più risorse, in caso di nuovi flussi importanti lascerà alla Slovenia il peso di una umanità in fuga".

"Se l'Austria chiuderà, di conseguenza anche la Slovenia lo farà. Abbiamo così una sorta di esternalizzazione delle frontiere all'interno dell'Europa: qualcosa che non avremmo mai voluto vedere, perché vorremmo che l'Europa fosse una. Invece non c'è stata una responsabilità condivisa nella gestione dei profughi".

La Caritas chiede invece di "mettere in campo tutti gli strumenti perché nessun Paese europeo sia costretto a sostenere da solo il peso di tante persone, come accade oggi in Italia e Grecia, in una Europa sempre meno accogliente".

Naufragio nel Mediterraneo, Centro Astalli: "In Europa è tutto da rifare".

Il Centro Astalli esprime profondo cordoglio per le vittime del naufragio nel Mediterraneo, questa volta consumatosi al largo delle coste egiziane.
“Mentre ancora è in corso la macabra conta dei morti, il Centro Astalli ribadisce che l’ennesimo naufragio alle porte d’Europa non può essere considerato un incidente fatale, ma un crimine contro un’umanità colpevole unicamente di non poter vivere liberamente e dignitosamente a casa propria, in Paesi martoriati da guerre, persecuzioni, terrorismo, catastrofi ambientali e povertà causata da una colpevole, ingiusta distribuzione delle ricchezze”, è scritto in una nota dell’associazione.

Per questo il Centro Astalli chiede a istituzioni nazionali e sovranazionali di: attivare immediatamente percorsi di ingresso legale, “con creazione di canali sicuri, il rilascio di visti umanitari e procedure più rapide per il ricongiungimento familiare. Assicurare il diritto d’asilo oggi vuol dire permettere a migranti forzati di arrivare in Europa senza rischiare la morte affidandosi a trafficanti e criminali”.

Inoltre, opporsi alla politica europea volta all’esternalizzazione delle domande d’asilo.
“L'Ue – afferma il Centro Astalli - non può chiedere alla Turchia e ai Paesi africani di farsi carico esclusivo dei flussi di migranti in cambio di accordi in cui la dignità e la vita delle persone non sono adeguatamente tenuti in considerazione”.
Inoltre, “assicurare a tutti i rifugiati che arrivano in Europa l’accesso effettivo alla procedura d’asilo, oggi gravemente ostacolato da misure di dubbia legittimità quali hotspot e prerequisiti di ammissibilità”.

Padre Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli, commenta così le tragiche notizie di queste ore: “Ormai assistiamo attoniti allo scollamento totale tra le politiche internazionali sulla mobilità umana e la vita delle persone. Un criterio irrinunciabile che deve ispirare e guidare le politiche sulle migrazioni è il rispetto della vita, della dignità e dei diritti fondamentali di ogni migrante".

"L’Unione Europea esca dallo stallo in cui è finita inseguendo posizioni xenofobe e interessi nazionalistici e affronti la questione alla luce dei principi di solidarietà e giustizia”.

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Fonte: Sir