Povertà, parte lento il sostegno all’inclusione attiva

Nella lotta alla povertà il 2017 sarà ricordato come un anno cruciale. È stato attuato il Sia (sostegno all’inclusione attiva), dopo la partenza a settembre dello scorso anno, ed è stata approvata la legge che, tra l’altro, introduce finalmente una misura nazionale di contrasto, il Rei (reddito d’inclusione), che prenderà il via il prossimo gennaio e rispetto a cui il Sia è stato insieme un provvedimento-ponte e una forma di sperimentazione. Fatta la legge, però, l'avvio dell'iter attuativo sta mostrando non pochi problemi a cui ovviare, come spiega anche l'ultimo rapporto Caritas "Per uscire tutti dalla crisi".

Povertà, parte lento il sostegno all’inclusione attiva

La valutazione della prima fase applicativa del Sia, che la Caritas italiana propone nel Rapporto 2017 sulle politiche contro la povertà, è particolarmente utile proprio in vista dell’avvio del Rei, che lo stesso direttore della Caritas, don Francesco Soddu, definisce nella premessa una «tappa fondamentale per il nostro paese».
Il rapporto, intitolato “Per uscire tutti dalla crisi”, si pone dunque in questa prospettiva e si muove nell’ottica della prima Giornata mondiale dei poveri, in calendario il 19 novembre, e quindi del magistero del papa su questo tema, in particolare del messaggio di presentazione della Giornata. La povertà non è un’entità astratta – scrive ancora don Soddu citando Francesco – ma «ha il volto di donne, di uomini e di bambini sfruttati per vili interessi, calpestati dalle logiche perverse del potere e del denaro», a cui bisogna rispondere «con una nuova visione della vita e della società».

Nel rapporto si mette in evidenza il ruolo dell’Alleanza contro la povertà – il cartello di organizzazioni fondato da Caritas e Acli – e si integrano anche i contributi su filoni specifici della fondazione Banco alimentare, della Federazione italiana persone senza fissa dimora e di Save the children, nell’idea di fornire un quadro sinottico degli interventi a livello nazionale.

Ma l’interesse è catalizzato dall’analisi sull’attuazione del Sia.

Il dato complessivo è quello di un’attuazione molto lenta e faticosa. Gli assistenti sociali valutano l’impatto del Sia come «una boccata d’ossigeno che ha consentito alle famiglie di riprendere fiato», ma assolutamente non in grado, per l’esiguità quantitativa, di risolvere i problemi. Peraltro gli operatori Caritas rilevano che per alcuni mesi «un numero rilevante di beneficiari del Sia ha riscosso l’aiuto economico senza aver ricevuto dai servizi nessuna proposta di impegno», come invece la misura prevede nella logica della corresponsabilizzazione, e questo ha finito per indurre in essi la convinzione che si trattasse di un’altra delle varie forme di assistenza materiale da parte della pubblica amministrazione.

I beneficiari, a loro volta, si mostrano interessati soprattutto a tipologie di aiuto che possano garantire il superamento definitivo o di lungo periodo della condizione di indigenza, come la ricerca di un lavoro, l’alleggerimento per almeno un anno dal pagamento di utenze e spese abitative fisse, l’esenzione dal pagamento di tasse e tributi locali.
Gli operatori Caritas hanno modulato il loro rapporto con gli utenti sulla base della presenza o meno della nuova forma di sostegno, riducendo o graduando gli aiuti. Ma sottolineano che quando l’erogazione è stata interrotta si sono determinate «situazione di improvvisa emergenza» ed è stato necessario «riprendere il vecchio sistema di aiuti».

Male anche il rapporto con gli enti locali

Nei progetti dei cosiddetti Ambiti territoriali di riferimento e nelle équipe multidisciplinari, che offrivano la possibilità di coinvolgere soggetti del terzo settore, i direttori dichiarano il mancato coinvolgimento delle Caritas rispettivamente nel 67,7 e nell’86,4 per cento dei casi.
Francesco Marsico, responsabile dell’area nazionale di Caritas, invita a un approccio critico ma costruttivo: «Oggi la sfida non è quella di segnalatori delle disfunzioni o di sperimentatori di risposte esemplari, ma soprattutto di attivatori e manutentori di processi di cambiamento. Costruire sistemi territoriali integrati è la sfida in cui inserirsi, allargando i margini dell’accesso alle condizioni più marginali ed escluse».

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