Torna la Cena di Santa Lucia, per i poveri di Padova e del mondo

Lunedì 12 dicembre il Gran teatro Geox di corso Australia ospita per la prima volta la tradizionale Cena di Santa Lucia a sostegno di sei progetti dell'Avsi e di due realtà legate alla diocesi di Padova: il fondo straordinario per il lavoro e il presidio sanitario alle Cucine economiche popolari.

Torna la Cena di Santa Lucia, per i poveri di Padova e del mondo

Si apre con un hashtag il titolo della Cena di Santa Lucia di quest’anno.
Un cancelletto che, in un'epoca di muri, divieti e barricate, è invece spalancato per lasciare entrare la solidarietà, i valori dell’accoglienza civile e della generosità sociale, mettendo a fuoco quell’attualità su cui tutti ci interroghiamo ogni giorno, spesso senza trovare risposte che ci mettano d'accordo.

“#Rifugiatimigranti. Al lavoro per cambiare passo” è il titolo, che strizza l'occhio al mondo dei social, della 15` edizione dell'evento.
La Cena dal 2002 riunisce intorno ai tavoli del centro Forcellini (ma quest’anno sarà ospitata al Gran teatro Geox di corso Australia) oltre 1.200 commensali, che la sera di lunedì 12 dicembre hanno la possibilità di apprezzare la cucina tradizionale, ma con una punta di rivisitazione che non guasta, della cooperativa Giotto e di Dieffe che forma professionalmente ogni anno oltre duemila giovani, principalmente nel settore della ristorazione e dei servizi ricettivi.

Oltre a sette progetti dell’Avsi (Associazione volontari per lo sviluppo internazionale), anche per il 2016 l’associazione Santa Lucia ha deciso di sostenere due progetti legati alla diocesi di Padova.
I progetti scelti il presidio sanitario che da trent’anni è attivo all’interno delle Cucine economiche popolari di via Niccolò Tommaseo e il fondo straordinario di solidarietà per il lavoro, che garantisce dal 2009 un aiuto concreto a famiglie in difficoltà a causa della perdita o della precarietà del lavoro, puntando sulla riqualificazione professionale e il reinserimento sociale. Soltanto nel 2015 il fondo partecipato da diocesi di Padova, fondazione Cariparo, provincia, comune e camera di commercio di Padova, ha distribuito oltre 2 milioni di euro declinati in 219 borse lavoro, 363 voucher, 5 corsi di formazione, 30 doti lavoro, 125 altri progetti di inserimento lavorativo per un totale di 742 progetti di lavoro.

La storia del presidio sanitario alle Cucine popolari affonda la sua origine negli anni Ottanta, all’indomani della chiusura dei manicomi dopo l’entrata in vigore della legge Basaglia.
«Fu un medico di base, il dottor Fortunato Zotti, a iniziare il servizio per far fronte a una vera e propria emergenza sociale, perchè erano tanti gli emarginati che entravano alle cucine non solo per rimediare un pasto, ma anche con un forte bisogno di aiuto medico. Erano persone lasciate a loro stesse che, una volta uscite dalle strutture pischiatriche, non avevano una famiglia su cui contare e che vivevano allo sbando».

A raccontarlo è Dino Sgarabotto, infettivologo, coordinatore dei venti medici volontari e della decina di infermieri e che da vent’anni, ogni lunedì pomeriggio, si reca alle Cucine per prestare «un atto medico modesto – come lui stesso lo definisce – ma che è in realtà un gesto di umanità per chi è lasciato in disparte. È un contatto, a volte il solo, per mantenere una relazione con il mondo che lo circonda».

Oggi, a rivolgersi al presidio, sono altri i volti degli esclusi: stranieri che hanno perduto il lavoro e, di conseguenza, anche la copertura sanitaria; migranti senza un’occupazione; detenuti appena usciti dal carcere e che non sanno dove sbattere la testa.
Il presidio, come del resto tutta l’attività delle Cucine guidate da suor Lia Gianesello, è frutto della gratuità: si raccolgono medicine in scadenza, blister ancora sigillati di farmaci indispensabili, come antibiotici, antidolorifici, antinfiammatori… Ma anche le donazioni sono provvidenziali con le raccolte fondi spesso organizzate nelle parrocchie.
«Ogni settimana - continua Sgarabotto - un paio di infermieri sistemano, controllano e suddividono per categoria i farmaci. Inoltre, l’Ulss 16 fornisce una decina di farmaci essenziali, come penicilline e antitubercolotici, e le rimanenze dei vaccini antinfluenzali. Per noi sono preziosissimi perchè ci permettono di far fronte alle urgenze quotidiane».
Da sempre, inoltre, i medici volontari in servizio all'Ulss 16 possono operare al presidio con il timbro dell'azienda sociosanitaria, perché sembra banale, ma di fatto svolgono una funzione indispensabile di prevenzione per l'intera collettività.
Ogni giorno quasi una trentina di persone accedono al servizio e le principali patologie riscontrate sono ovviamente legate alla vita per strada che conducono: influenze, bronchiti, dermatiti causate dalle scarse condizioni igieniche, gastriti...

E qualche volta bussa anche chi, dopo vent'anni, torna soltanto per un saluto: «Mi capita – conclude Sgarabotto – che qualcuno arrivi... Si ricorda dottore? Voi mi avete aiutato quando non lo faceva nessuno».

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