La lezione di Marco Galiazzo: «Fai tuo il gesto, e farai centro»

Nato a Padova nel maggio del 1983, arruolato nell’aeronautica militare, Marco Galiazzo ha iniziato con l’arco a 13 anni.
Campione del mondo junior indoor nel 2001, campione europeo all’aperto nel 2004 e indoor nel 2008, ha vinto l’oro individuale nel 2009 nella Coppa del mondo (all’aperto) e nel 2012 il titolo di campione del mondo indoor.
A livello olimpico ha vinto nel 2004 la medaglia d’oro sui 70 metri ad Atene e nel 2012 a Londra quella a squadre. Sposato con Gloria (anche lei arciera), ha ora preso casa nel Torinese, a due passi dal Centro federale per il tiro con l’arco («Sì, casa e bottega»).

La lezione di Marco Galiazzo: «Fai tuo il gesto, e farai centro»

«Si, mi pare che ne sto venendo fuori.
Un qualcosa che a ben guardare è cominciato dal 2012, dopo l’oro olimpico a squadre di Londra. Insomma, tiravo e mi venivano fuori degli errori che non mi spiegavo, come mai? Chiedevo ai tecnici e loro o non vedevano o non davano importanza. Io invece mi sono intestardito, mi sforzavo e ancora più errori. Non capivo perché, ci pensavo sempre di più ed era dura non essere sempre lì con la testa, dovevo pur allenarmi, no?
È dall’anno scorso che ho trovato delle risposte, ci sono arrivato piano piano da solo, anche adattandomi di più a quel che sono adesso, gli anni che ho, la testa che ho. Certo, è soprattutto una questione di testa, vedo che gli errori ora stanno calando, però ho “perso” degli anni, il livello è talmente salito che pur riuscendo adesso a fare più punti di prima, mi ritrovo comunque indietro in classifica, sono decine davanti a me.
Comunque non mi agito, sono qui che mi alleno: mancano ancora tre anni e mezzo alle prossime Olimpiadi».

Nato a Padova nel maggio del 1983, arruolato nell’aeronautica militare, Marco Galiazzo ha iniziato con l’arco a 13 anni.
Entrato in Nazionale da allievo, ha vinto un titolo italiano ragazzi, due tra gli allievi e due tra gli juniores. Campione del mondo junior indoor nel 2001, campione europeo all’aperto nel 2004 e indoor nel 2008, ha vinto l’oro individuale nel 2009 nella Coppa del mondo (all’aperto) e nel 2012 il titolo di campione del mondo indoor.
A livello olimpico ha vinto nel 2004 la medaglia d’oro sui 70 metri ad Atene (prima volta per un arciere italiano) e nel 2012 a Londra quella a squadre (con Michele Frangilli e Mauro Nespoli); sempre a squadre (ancora con Nespoli e Ilario Di Buò) è stato argento a Pechino 2008.
Sposato con Gloria (anche lei arciera), ha ora preso casa nel Torinese, a due passi dal Centro federale per il tiro con l’arco.

«È uno sport il nostro in cui puoi andare avanti con gli anni e ora come ora penso che mi piacerà comunque a fare l’allenatore.
Ne vedo di ragazzi che potrebbero far bene ma a cui viene insegnato male. Adesso basta che un ragazzino faccia un po’ di punti e guai a dire qualcosa, non importa se magari è messo male come postura. Così magari tirano bene un anno, poi arriva qualche problema, tipo alla spalla, e stop. Certo non è semplice mettersi lì a spiegare che non sono i punti quelli importanti da far subito, quelli verranno, è tirar bene quel che conta…».

«L’arco che uso è coreano, con gli accessori costa sui 2.500 euro, è lo sponsor che me lo passa.
Pesa sui tre chili e la trazione, tendendo la corda, è sui 26 chili. Sì, è la Corea del Sud il paese leader, per loro l’arco è come il calcio qui da noi. Tra l’altro, lì fanno proprio tutto diverso da noi, i ragazzini tirano molte più frecce di quel che facciamo qui; solo dopo, più avanti con gli anni e magari con qualche problema ad articolazioni e cartilagini, tirano meno, pensano più ad affinare la qualità.
È lo sport nazionale, investono e hanno delle strutture incredibili, ci sono stato lì da loro, per le Olimpiadi militari e me lo ricordo quell’impianto da sogno in cui abbiamo gareggiato, con quegli spalti, perfino i pannelli solari, uno spettacolo».

«Di ragazzini/e che tirano ce ne sono, dipende dalle zone d’Italia e dipende dai genitori, se hanno fatto sport o usano l’arco giusto come un modo per “scaricare” i figli. Credo che valga comunque la pena di provare, mica è obbligato un ragazzino, se gli piace continua: è uno sport in cui si sta in compagnia il nostro, l’agonismo c’è per via delle gare ed è un bell’ambiente. Sì, autografi mi capita spesso di firmarli, mi metto lì e lo faccio volentieri, anche i selfie: da quel che vedo, quelli a essere maleducati sono a volte i genitori, ma nessun problema, mi metto comunque a disposizione».

«Dai, ormai il mio è un lavoro. Che non ha orari, tutti i giorni, sabato e domenica inclusi. E non puoi lasciare stare, fare domani. No, lo devi fare tutti i giorni, tirarne anche 300 di frecce al giorno e poi io sono insomma “serio” e al campo di allenamento ci vado, sempre.

Tirare ad alto livello non significa che la priorità è comunque fare centro. No, quel che conta è tirare bene, facendo per bene i movimenti, cercando di visualizzarli, farli davvero tuoi. Gesti semplici e “facili”, gli stessi muscoli, la stessa tensione, ancora e ancora. Riuscendo a ripeterti alla perfezione, ecco che saresti sicuro di fare sempre dieci, per questo devi continuare a tirare, ogni giorno.

Di mio so che ci ho messo tutto il tempo che avevo e che ho, tutti i giorni come detto e mi pare abbastanza. Privilegiato in fondo credo proprio di esserlo, soprattutto perché questo mio lavoro continua a piacermi, ecco dove sta il privilegio».

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