La scommessa del Csi: si educa anche calciando un pallone

«Bisogna mantenere la genuinità dello sport», dice papa Francesco. Una riflessione sul ruolo dello sport nella società di oggi che, nonostante la crisi dei valori, può e deve ancora formare i giovani

La scommessa del Csi: si educa anche calciando un pallone

È indubbio che lo sport, all’interno della società attuale, si stia svuotando del suo incarico educativo. È una crisi valoriale che attraversa discipline e attori coinvolti: genitori, allenatori, passando per tutti gli adulti che solcano un terreno di gioco o il parquet di un palazzetto, hanno smesso di trasmettere il patrimonio di memoria e storia culturale che le generazioni precedenti avevano costruito e consegnato ai posteri. Ai ragazzi sempre più disorientati, invece, è stata data in mano una realtà snaturata che costruisce mode tentatrici e passeggere e modelli marcatamente individuali. 

L’attualità pone, dunque, una riflessione che coinvolge in prima persona il Csi e tutto il movimento: È possibile essere ancora oggi incisivi, lasciare un seme nella società di oggi? In una realtà eterogenea come quella padovana, che offre molteplici possibilità di scelta tra sport, enti e federazioni, chi decide di metter piede e crescere nel Csi lo fa con la consapevolezza e la convinzione di trovare, ancora oggi, gli stessi ideali che la società porta avanti da più di 70 anni.

Lo sport non è solo un semplice passatempo, ma un’attività ristoratrice e un mezzo di crescita. Una crescita che si rafforza attraverso le sinergie tra persone, collettività, parrocchie e centri parrocchiali.

Papa Francesco ha detto: «Bisogna mantenere la genuinità dello sport, proteggerlo dalle manipolazioni, dalla corruzione e dallo sfruttamento commerciale: è importante che tutti possano praticarlo».

Oggigiorno e sempre più spesso, invece, anche tra i bambini, l'allenatore è già focalizzato a distinguere il futuro campione e a raggiungere la vittoria, esercitando scelte che si ripercuotono su altri ragazzi che si ritrovano a sedere in panchina. Il Csi, al contrario, ritiene più formativo offrire indistintamente a tutti la possibilità di giocare, generando l'esperienza e la voglia di fare gruppo divertendosi.

Se lo stato febbrile, come detto, coinvolge lo sport in tutta la sua estensione, ancor più chiara e solida deve essere la posizione di riferimento del Csi come associazione sportiva. Ci si chiede: Può lo sport educare le future generazioni al senso della vita?. Sì. E come?, verrebbe da aggiungere. Valorizzando le ricchezze umane, le qualità delle persone che sono passate dal Csi. Nel vissuto quotidiano, infatti, c’è un’eccellenza che non emerge o che non viene raccontata perché presi dal vortice delle “cattive notizie”. Ma le testimonianze e le storie cariche di bellezza sono lì pronte a essere tramandate. Insegnamenti preziosi come indica, ancora una volta, papa Francesco: «C’è anche uno sport dilettantistico, ricreativo, non finalizzato alla competizione, ma che consente a tutti di migliorare la salute e il benessere, imparare a lavorare in squadra». E soprattutto che insegna a vincere e perdere insieme.

È questa la sfida, ma anche la missione, che coinvolge il Csi di Padova che, sottotraccia, ha lavorato costantemente negli ultimi anni: sono circa 16mila tesserati nel 2016, più del doppio rispetto ai 7mila di 10 anni fa. Numeri che testimoniano il ruolo che ha saputo ritagliarsi all’interno del territorio circostante. Il Csi vive, correndo, con questo spirito, sapendo che la squadra c’è e che ha le spalle ancora più solide.

Perché più solidi sono i legami delle persone che vivono all’interno. Con la certezza che il lavoro di squadra, quello genuino, premia sempre. Una squadra fatta di giovani atleti, genitori, educatori, allenatori, famiglie, comunità e fede. Perché fede e sport assieme possono abbattere barriere, rafforzare il rispetto e l’amicizia e insegnare a raggiungere i nostri obiettivi attraverso la tolleranza e la pace. Il nuovo quadriennio del Csi di Padova è pronto per seguire questa strada. E con una convinzione: educare attraverso lo sport è, ancora, possibile. Ed è un piacere che sia così.

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