Luparense al via. «Noi provinciali? Ormai sogniamo in grande»

Sabato 23 riparte il campionato di serie A. Per la squadra dell’Alta Padovana, dopo sei scudetti, inizia una nuova sfida: mantenere il ruolo ormai acquisito a livello nazionale ma soprattutto proiettarsi sul grande palcoscenico europeo senza più timori reverenziali.

Luparense al via. «Noi provinciali? Ormai sogniamo in grande»

Il calcio a 5, o futsal, sta prendendo sempre più piede anche in Italia e sta attirando un numero sempre maggiore di appassionati.
Negli anni Duemila sono salite alla ribalta due squadre della provincia veneta: i vicentini dell’Arzignano, vincitori di due scudetti, e soprattutto i padovani della Luparense, che hanno conquistato ben sei tricolori, fregiandosi del riconoscimento di squadra più titolata d’italia. Fondatore della Luparense futsal club è Stefano Zarattini, cinquantaduenne imprenditore di San Martino di Lupari.

«Ho scelto il futsal ventidue anni fa, assistendo ai tornei estivi che si svolgevano nel mio paese e nelle località circostanti. Il calcio a cinque è ancora pulito, basato essenzialmente sulla passione, e non ancora inquinato da agenti esterni come il calcio a 11 anche se, lo ammetto, ho investito alcune risorse anche nel calcio a 11, senza però ricevere in cambio le soddisfazioni che mi ha regalato il futsal».

Quelle raccolte con la Luparense in questi anni sono tantissime...
«Si: abbiamo vinto sei scudetti nazionali e ormai, senza falsa modestia, ci siamo abituati a vincere. Il grande sogno è trionfare in Europa, anche se siamo guardati “con la puzza sotto il naso” e considerati una società provinciale. Ricordo ancora quando, in Champions League, noi, rappresentanti di un paese di 13 mila anime, affrontammo la Dina Mosca, rappresentativa di una metropoli di 13 milioni di abitanti. Le soddisfazioni derivano comunque anche da un settore giovanile attivo   e apprezzato che conta quasi 400 ragazzi».

Quali motivi possono spingere un genitore a indirizzare un figlio alla pratica del calcio a cinque?
«Il futsal ha un grande vantaggio e cioè il fatto di essere praticato indoor, all’interno di strutture coperte e riscaldate, quando invece il calcio o il rugby vengono giocati all'aperto. D’altro canto, il calcio a cinque è uno sport da prospettive povere, almeno in questo contesto storico, e i genitori continuano a sognare il grande campione del calcio a 11 e i suoi guadagni. È anche vero, però, che molti bambini iniziano con il futsal, molto tecnico, per poi passare al calcio a 11 una volta affinati i piedi».

Lei gestisce una società sportiva, ormai ad alti livelli, da oltre un ventennio: quali sono le difficoltà maggiori nel mandarla avanti?
«L’investimento economico, sia a livello di prima squadra che di settore giovanile, è abbastanza significativo, ma pochi comprendono i sacrifici e le preoccupazioni derivanti da un impegno del genere. La passione da sola non basta e nel settore giovanile, ad esempio, l’aspetto volontaristico tende a sparire e i collaboratori sono sempre più pretenziosi».

Ha mai pensato di gettare la spugna? E quando un giorno questo inevitabilmente accadrà, chi vede come suo successore?
«La passione è ancora fortissima e non sto ancora pensando a questo momento. Ringrazio comunque la mia famiglia, senza la quale mai sarei riuscito a fare quello che ho fatto. Se sono arrivato fin qui è grazie a valori solidi, senza i quali non si può andare lontano. Il 23 settembre ricomincia il campionato è per me è ancora un nuovo inizio».

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