Il sogno di Neema: crescere bambini in salute, donare futuro all'Africa

Neema Lazaro è operatrice comunitaria in Tanzania per il programma del Cuamm "Prima le mamme e i bambini. 1.000 di questi giorni". Si occupa di riduzione accelerata della malnutrizione cronica nella fascia d'età dai zero ai due, che nel suo paese in alcune zone come il distretto montuoso di Njombe riguarda un bambino su due.

Il sogno di Neema: crescere bambini in salute, donare futuro all'Africa

Il riso con il radicchio, l’Asiago e il vino rosso non lo aveva mai assaggiato. Non avrebbe mai pensato che quel chicco bianco, che gli africani mangiano quasi ogni giorno, qui in Veneto lo preparassimo così. Eppure Neema lo trova squisito, tanto da richiedermi il “bis” finché mi racconta che in Africa le banane si mangiano fritte: «Non hai idea di quanto sia deliziose».

Il Cuamm è anche questo. Nel breve tempo di un’intervista, ti fa scivolare senza volerlo nella quotidianità delle persone, condividendo una cena tra amici, proprio come piaceva a don Luigi Mazzuccato, anima dell'ong per oltre sessant’anni, che non mancava mai di invitare a pranzo nel refettorio del collegio di via San Francesco.

Neema Lazaro ha 32 anni ed è operatrice comunitaria nel programma “Prima le mamme e i bambini. 1.000 di questi giorni”. È sposata ed è mamma di due maschi, Ryan di 7 e Mendrd di 3 anni. Originaria di Njombe, nella Tanzania centrale, ha frequentato l’università a Iringa dove si è laureata in attività sociali e sviluppo di comunità: «Da bambina volevo diventare avvocato per difendere la gente più debole, i più piccoli. Non ho mai pensato di lasciare la Tanzania, perché è il mio paese che voglio aiutare a progredire, a migliorare».

L’incontro con il Cuamm è avvenuto nel 2014, quando Neema Lazaro lavorava nel distretto di Njombe per un’altra organizzazione non profit italiana in un progetto di potabilizzazione dell’acqua.

«Ho cominciato a lavorare al primo intervento di Medici con l’Africa dedicato alle mamme e ai bambini. Ora seguo la riduzione accelerata della malnutrizione cronica che in Tanzania, in base agli ultimi dati raccolti nel 2015, colpisce il 34,4 per cento dei bambini dai 0 ai 2 anni. Su questa fascia d’età, fondamentale per lo sviluppo fisico e neurologico, s’innesta il progetto che il Cuamm porta avanti insieme all’ong locale Tahea e che è finanziato dall’Unicef. A Njombe, addirittura, la percentuale di malnutrizione cronica sale al 49 per cento a causa della conformazione montuosa del territorio e al suo isolamento sociale».

Il compito di Neema, oltre a essere assistente nella gestione dei fondi a disposizione, è incontrare con la sua équipe le future mamme nei villaggi.

«Gli ostacoli principali nella lotta alla malnutrizione – spiega l’operatrice del Cuamm – sono i costumi e le tradizioni. Non è vero che non c’è cibo in Africa, ma è il modo di alimentarsi che è sbagliato. Ci sono troppi tabù ancora da sfatare sulla gravidanza e insistiamo con le future mamme per convincerle a recarsi ai centri di salute per i controlli previsti, perché la gravidanza resta qualcosa da nascondere, da non rivelare all’esterno».

Sebbene il programma quinquennale sia partito solo da un anno, si stanno già ottenendo i primi, buoni risultati: «Le madri iniziano ad affidarsi, cominciano a comprendere l’importanza di allattare i neonati fino ai sei mesi almeno e non per trenta giorni, iniziando poi uno svezzamento troppo precoce. Un altro obiettivo raggiunto è l’aumento delle visite pre e post natali». E solo una resta l’azione di sensibilizzazione e “marketing” più efficace: «Il passaparola tra le mamme e i risultati visibili sui bambini nati e cresciuti in base alle nostre indicazioni. Vederli star bene e crescere in salute è la nostra migliore pubblicità».

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