L'azzardo sponsor della Nazionale. Tarquinio: «Vietare la pubblicità»

Il direttore di Avvenire non ha dubbi: «L'accordo tra Fgci e Intralot è stato un autogol. Si è sfruttata un'immagine così cara agli italiani della Nazionale per veicolare un messaggio pericoloso. E lo si è fatto attraverso uno sport che appare in tv anche nelle ore in cui gli spot di Azzardopoli sarebbero vietati».

L'azzardo sponsor della Nazionale. Tarquinio: «Vietare la pubblicità»

Circa 16 milioni di italiani hanno giocato d’azzardo almeno una volta nell'ultimo anno.
E non è difficile farlo se si hanno a disposizione 418mila slot machine, 4.823 videolotteries e migliaia di esercizi commerciali in cui poter puntare al Lotto, al Bingo e al Gratta&Vinci. Senza scordare la sterminata prateria dell'online. Le entrate fiscali per il 2015 superano gli 88 miliardi di euro e lo stato ne incassa 8,7 miliardi.
Un giro d’affari lucroso, se non fosse per i costi sociali e sanitari che il gioco d'azzardo patologico comporta per la collettività: almeno 6 miliardi all’anno, secondo la stima del cartello di associazioni che ha dato vita alla campagna “Mettiamoci in gioco”.

A riaccendere il dibattito in questi giorni, è stata la notizia dell’accordo tra la Federazione italiana gioco calcio e la società di scommesse Intralot per la sponsorizzazione della nazionale.
«È stato un autogol o, per dirla nel loro gergo, una scommessa persa. D’altronde chi gioca d’azzardo sa di correre un rischio, ma forse non hanno tenuto conto della reazione che avrebbe suscitato nel paese», afferma Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, che per primo ha denunciato la partnership.


Possibile che la Figc non abbia considerato la gravità della decisione?
«Si è sfruttata l’immagine così cara agli italiani della Nazionale di calcio, dalla maggiore agli Under 15, per veicolare un messaggio pericoloso. E lo si è fatto promuovendo una società di scommesse attraverso un’attività sportiva che si svolge durante l’arco della giornata, tra campionati e avvenimenti vari, occupando anche la fascia oraria preclusa ai media per la pubblicità dell’azzardo.

 Noi chiediamo che la proibizione della pubblicità debba essere totale, perché i limiti attuali sono insufficienti e perché è evidente, come testimoniano i fatti, che basta un semplice escamotage per aggirarli. E poi non si può tollerare che l’azzardo sia presentato come una realtà che affianca i percorsi socio-educativi e di comunicazione valoriale.

Siamo arrivati al capovolgimento della realtà».



«Industria del niente» è la definizione che lei ha dato del business dell’azzardo.
«Dicono che dia lavoro a 220 mila persone e che sia la terza attività industriale del paese. Ma è un’industria del niente perché non costruisce ricchezze, genera soltanto disagio e solitudine, distruggendo le famiglie. È tutto documentato in anni e anni di attività delle associazioni che si stanno battendo contro questa piaga sociale e di tutte le altre iniziative dal basso, che non appartengono soltanto al mondo cattolico. Lo stato, però, ancora non prende atto della gravità del fenomeno».



Le entrate fiscali da gioco d’azzardo sono un deterrente per lo Stato?
«In realtà sappiamo che le entrate sono oscillanti, aumentano soltanto se cresce in maniera esponenziale la massa del gioco. Ciò conferma che si tratta di una tassa sui giocatori compulsivi e sui poveri, perché sono soprattutto questi i profili delle persone catturate da Azzardopoli. E ciò è doppiamente grave, perché 
è una tassa di scopo scaricata sulle spalle dei settori più deboli della società, con il risultato di accrescere ancora di più il disagio».


La chiesa non arretra in questa battaglia?
«Il mondo cattolico ha un ruolo di denuncia e di sostegno alle vittime,
ed è stato capace di fare alleanza con tante altre realtà associative nel progetto “Insieme contro l’azzardo”. Poi ci sono i movimenti dal basso - come i NoSlot o gli Slot Mob - che premiano chi fa la cosa giusta, chi libera i locali da slot machine e non propone i gratta e vinci. Se la Figc fosse almeno degna del coraggio degli edicolanti e dei tabaccai…».

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Fonte: Sir