Il vescovo Claudio incontra i religiosi della diocesi: è il momento di conoscersi e unire le forze

Il vescovo Claudio ha voluto un incontro con le famiglie religiose maschili presenti a Padova. Per conoscerle, ma anche perché si conoscano tra loro. «E – spiega don Alberto Albertin, delegato per la vita consacrata – possano mettersi insieme per dare ancora maggiore slancio alle loro già numerose e ricche iniziative. Con “tono “ vocazionale, però, offrendo l’abc della fede». Appuntamento il 15 settembre a villa Immacolata.

Il vescovo Claudio incontra i religiosi della diocesi: è il momento di conoscersi e unire le forze

Conoscersi e farsi conoscere. Perché il “patrimonio” in ballo è vasto e ricchissimo.
Con queste premessa, e due obiettivi chiari, giovedì 15 settembre a villa Immacolata si tiene un incontro tra il vescovo Claudio e i religiosi, i monaci e i membri delle società di vita apostolica presenti in diocesi di Padova.
È il primo incontro di questo tipo, in particolare per il vescovo che l’ha voluto, ma il desiderio è che diventi un appuntamento annuale fisso, oltre a quello celebrativo del 2 febbraio, giornata della vita consacrata.

«La realtà religiosa maschile – spiega don Alberto Albertin, delegato vescovile per la vita consacrata – è molto vasta in diocesi. E ricca! Penso alle tante celebrazioni, al servizio delle confessioni, alle numerose iniziative che ogni famiglia religiosa mette in campo. Tutto questo, però, non è sempre conosciuto e valorizzato».

«Capita che gli stessi religiosi non si conoscano tra loro. Inoltre, le famiglie religiose maschili sono più autoreferenziali di quelle femminili, che per l’eucaristia, i ritiri, le confessioni hanno bisogno di fare riferimento a un prete. L’incontro del 15 settembre, quindi, vuole essere un’occasione per incontrarsi, prima di tutto. Il vescovo desidera ascoltare i religiosi e che loro si ascoltino e si conoscano. I prossimi anni, naturalmente, questo incontro avrà una fisionomia diversa».

A conoscersi, a villa Immacolata, sono stati invitati rappresentanti di tante famiglie: benedettini, camaldolesi, camilliani, canossiani, comboniani, dehoniani, fatebenefratelli, cappuccini, conventuali, francescani, gesuiti, giuseppini del Murialdo, guanelliani, legionari di Cristo, mercedari, missionari della Divina Redenzione, pavoniani, rogazionisti, salesiani, servi di Maria, Società missioni africane, Pia società di don Mazza e sacerdoti della Società missionaria di san Paolo.
«Non sappiamo in quanti verranno. Certo ci sono famiglie religiose molto presenti in diocesi e altre che operano in ambiti ristretti. In tutto si contano oltre 500 religiosi, tra sacerdoti e fratelli. Ci aspettiamo un momento di conoscenza fraterna, dicendosi chi si è, quanti si è, cosa si fa... per mettere insieme le forze. Con una sottolineatura vocazionale. In questo senso: crediamo che le tante iniziate delle famiglie religiose possano costituire occasioni per formare prima di tutto l’abc della fede. Nel quale, poi, ciascuno può mettersi in ascolto della chiamata che il Signore indirizza proprio a lui o a lei».

Questo incontro, per il quale c’è tanta trepidazione, è frutto dei contatti, personali o epistolari, che don Alberto Albertin ha avuto con ciascuna famiglia religiosa. Non solo quelle maschili.
Dall’inizio del suo mandato, a febbraio scorso, ha infatti girato molto e incontrato religiosi e religiose lì dove vivono.
«Ho visitato, solo per fare un esempio, sei dei sette monasteri femminili presenti in diocesi. Sono stato accolto calorosamente, non solo qui, e ho sentito apprezzamento per l’interesse della diocesi, e del vescovo, nei confronti di ogni singola realtà di vita consacrata. Dai tanti incontri avuti porto a casa prima di tutto stupore e meraviglia per le tante e ricche iniziative e attività, su numerosi fronti, delle famiglie religiose. Ho trovato tante perle preziose da far conoscere. E poi mi ha colpito la passione che religiose e religiosi mettono in quello che fanno».

«Certo, non passa inosservata la sofferenza per la scarsità di vocazioni, per il rischio di chiusura di strutture ormai troppo grandi, per l’invecchiamento delle comunità... Tutto questo, però, è vissuto come un dato di fede – il Signore ci sta chiedendo un momento di purificazione – senza cadere nella disperazione».

Don Alberto, però, non lavora da solo.
C’è un’équipe che lo supporta «anche se le famiglie religiose chiedono la mia presenza, in quanto delegato del vescovo. Con l’equipe si ragiona ad ampio raggio, ad esempio guardando al prossimo 2 febbraio, festa della vita consacrata. Da un incontro, bello e proficuo, avuto a giugno scorso con Usmi e Cism, che rappresentano rispettivamente gli istituti femminili e maschili, è emerso il desiderio di curare ancora di più la celebrazione diocesana del 2 febbraio in Cattedrale, prevedendo un coinvolgimento maggiore delle famiglie religiose presenti in diocesi».

L’équipe, con don Alberto in testa, garantisce inoltre una presenza costante nell’ufficio di casa Pio X, al secondo piano, che è aperto da lunedì a venerdì dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18.
«Su questo fronte, però, si registra qualche fatica. Vediamo che non è così immediato, per religiosi e religiose, venire in casa Pio X. L’abitudine del passato a cercare il vicario in curia è ancora ben radicata. Allo stesso tempo, l’accesso all’ufficio di casa Pio X non è proprio immediato. Penso, ad esempio, alle suore straniere, che stanno diventando sempre di più, e che “riconoscono” la curia come luogo di riferimento. Ma non solo loro...».

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