Luciano Capelli, il “vescovo volante” delle Isole Salomone

Ogni giorno i cattolici di Gizo si svegliano sulle 350 isole abitate delle mille che compongono la loro diocesi. A guidare questa chiesa ai confini del mondo c’è il “vescovo volante”, mons. Luciano Capelli, così chiamato da quando cinque anni fa ha iniziato a spostarsi con un piccolo ultraleggero anfibio.

Luciano Capelli, il “vescovo volante” delle Isole Salomone

Ogni giorno i cattolici di Gizo si svegliano sulle 350 isole abitate delle mille che compongono la loro diocesi.
La loro è una vita segnata dalla bellezza struggente di una natura lussureggiante e per molti tratti incontaminata. Ma l’isolamento – interno e dal resto del mondo – rischia di minare la voglia di futuro.

Ci troviamo in piena Melanesia, nel cuore del Pacifico, alcune migliaia di chilometri a nord est dall’Australia.
Qui affiorano dall’acqua le Isole Salomone, nazione indipendente dal 1978, cristiane dalla fine del ‘700 con l’arrivo dei missionari.
I cattolici nel territorio diocesano di Gizo, la seconda città del paese con 7 mila abitanti, rappresentano il 10 per cento della popolazione, per un totale di 15 mila credenti.

A guidare questa chiesa ai confini del mondo c’è il “vescovo volante”, mons. Luciano Capelli, salesiano della provincia di Sondrio che ha assunto il suo appellativo cinque anni fa, quando ha capito che per coprire le enormi distanze fra le sue comunità bisognava dotarsi del brevetto di volo e mettersi alla guida – grazie all’intervento della Conferenza episcopale italiana – di un piccolo ultraleggero anfibio.

«Padova per noi significa apertura – mette subito in chiaro mons. Capelli, giunto alle Salomone come parroco a Guadalcanal dopo lunghi anni di ministero nelle Filippine – A cinquant’anni dal loro arrivo, i missionari maristi, fondatori della diocesi, si sono sentiti dispersi, abbandonati. Ma poco alla volta abbiamo compreso che l’isolamento dipendeva da noi. La vostra diocesi è tra le prime ad aver accolto il nostro grido».

Dai primi contatti i frutti di questo scambio tra chiese si sono moltiplicati.
Il centro missionario ha sostenuto dapprima la creazione di un ponte radio che permettesse contatti frequenti con le zone più remote della diocesi, sia per le comunicazioni sia per momenti formativi.
A questa si è aggiunta una barca dedicata a sant’Antonio, necessaria per collegare le isole più vicine, finanziata con le offerte della Veglia dell’invio 2016. Infine una barca-ospedale entrata in servizio esattamente un mese fa grazie al sostegno di Progetto Manola, la onlus di San Nazario dedicata alla memoria di Manola Scotton, giovane scomparsa nel 2006 a causa di un cancro al seno.

«Ma adesso qui a Padova avete anche il 50 per cento del mio clero diocesano!», esclama il vescovo Luciano.
E il riferimento è alla presenza in diocesi per i prossimi tre anni di don Jacob Qetobatou, uno dei due preti diocesani, l’unico originario di Gizo nonché vicario generale della diocesi. Don Jacob studierà teologia pastorale alla Facoltà teologica del Triveneto e abiterà con altri preti studenti da tutto il mondo, nella parrocchia di Montegalda.
Un simbolo luminoso della collaborazione tra diocesi che fra tre anni permetterà alle isole Salomone di avere un sacerdote formato, pronto a riprendere la collaborazione anche con i cinque domenicani, i due birmani e poi i due padri guanelliani indiani e i due sacerdoti del Verbo incarnato in arrivo dall’Argentina.

«La nostra forza però sono i catechisti – riflette mons. Capelli – sono loro le vere guide delle comunità, che da noi sono ancora completamente legate al villaggio di appartenenza, dove spesso l’uomo bianco non ha mai messo piede. I catechisti con i leader della preghiera e i ministri straordinari formano dei gruppi di laici impegnati, è la gente che si mobilità per la gente».

Ad affliggere la popolazione delle Isole Salomone ci sono, evidenti, gli effetti dei cambiamenti climatici in atto.
«Negli scorsi decenni gli inglesi hanno portato da noi molti abitanti delle isole Kiribati costretti alla fuga per la salinizzazione delle loro fonti idriche. Oggi il problema vero è l’innalzamento dell’oceano. In molte isole si vede la lotta contro l’acqua: gli abitanti alzano muri di legno per salvare le proprie case. Ma il riscaldamento dei mari mina la pesca, in una zona dove la Rio mare ha 1.200 addetti alla pesca del tonno, e porta alla morte dei coralli».

L’appello di papa Francesco nell’enciclica Laudato Si’ dedicata alla cura della casa comune qui è quanto mai pressante.
Il governo centrale fatica a diffondere lo sviluppo. Le risorse che giungono dalla comunità internazionale vengono impiegate per l’organizzazione dello stato e non più per la formazione e gli istituti tecnici com’era un tempo. La capitale Honiara, 60 mila abitanti, brulica di cantieri, nascono ponti e palazzi, ma appena fuori città tutto è fermo al tempo del protettorato britannico.
«Per questo la gente vuole che la chiesa riprenda il controllo del sistema educativo, com’era prima dell’indipendenza».
E l’impegno della diocesi non manca con 17 scuole materne e due corsi di formazione dove trovano accoglienza i molti giovani scartati da un sistema scolastico troppo selettivo che ammette solo il 2 per cento al liceo.
E poi c’è il versante sanitario con i due ospedali aperti in collaborazione con i frati di Fatebenefratelli.

«Il sogno rimane quello di continuare a formare persone consapevoli della loro vita di fede e competenti nella gestione delle strutture della diocesi. Il vangelo passa da qui – conclude mons. Capelli – Da noi non è la chiesa che ha una missione, ma c’è la missione che ha una chiesa».

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