Polverara accoglie il suo crocifisso restaurato

Sarà il cuore delle celebrazioni della settimana santa a Polverara il crocifisso trecentesco tornato al suo posto, nella nicchia laterale della chiesa parrocchiale, dopo il complesso restauro finanziato dalla prima campagna di raccolta fondi “Mi sta a cuore” ed esposto alla mostra “L’uomo della croce” in museo diocesano l’anno scorso.

Polverara accoglie il suo crocifisso restaurato

La comunità gli dà il benvenuto domenica 6 aprile con la messa solenne delle 10, cui segue un incontro con Elisabetta Favaron in rappresentanza dell’ufficio diocesano per i beni ecclesiastici, Andrea Nante, direttore del museo diocesano, Elisabetta Francescutti, direttore coordinatore della direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Veneto, la restauratrice Milena Dean e Marco Franceschini, ingegnere che ha diretto i lavori di restauro della facciata della chiesa e del campanile.

Un cambiamento profondo. L’elegante crocifisso medievale, in legno intagliato e dipinto da antiche mani, esperte e sensibili, attorno a cui si torna a raccogliere la devozione dei fedeli, è tornato dov’era, ma il suo volto, le sue membra appaiono mutate. Le innumerevoli stuccature susseguitesi nel corso dei secoli, i ritocchi e le ridipinture rese necessarie per porre riparo ai danni del tempo, ma anche forse in risposta a una mutata sensibilità devozionale, ne avevano attenuato l’impatto doloroso, l’accentuazione della sofferenza che il Figlio di Dio aveva dovuto pagare per la salvezza dell’umanità. Oggi le numerose, profonde ferite sul corpo livido sono di nuovo rosse di sangue vivo, l’espressione del volto appare scavata dal tormento e le costole appaiono fortemente incise sul costato martoriato.

Devozione secolare. «La gente di Polverara – ricorda il parroco don Mario Giuliano Miotto – è legata a questa immagine, icona centrale dei riti della settimana santa. È l’opera più antica della nostra chiesa e le analisi svolte parallelamente al restauro ne hanno retrodatato l’origine alla fine del Trecento, mentre prima si riteneva opera quattrocentesca». Incerta la sua provenienza. Probabilmente viene da uno dei tre monasteri che anticamente sorgevano nel territorio: Sant’Agnese delle Benedettine, Santa Margherita degli Agostiniani, Santa Maria della Riviera degli Albi e poi degli Olivetani. È arrivato nella chiesa parrocchiale presumibilmente in seguito a una delle soppressioni decretate dal potere statale.
Il ritorno del crocifisso si lega all’inaugurazione dei restauri che hanno coinvolto la facciata della chiesa, con la pulitura della parte lapidea e la ridipintura, e il campanile, di cui è stata revisionata e restaurata la parte superiore, dalla cella campanaria alla cuspide.

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