Se le comunità fanno accoglienza invernale

Viaggio ad Altichiero e Voltabarozzo, che accolgono da alcuni anni quattro e dieci senza fissa dimora durante i giorni più freddi dell'anno. Un'esperienza in collaborazione con la Caritas diocesana che sta dando molto alle stesse com unità e soprattutto ai volontari che condividono le serate con queste persone in situazione di disagio. 

Se le comunità fanno accoglienza invernale

Mai come d’inverno c’è bisogno di accoglienza nei confronti di quanti sono costretti a dormire per strada. Da metà dicembre a metà marzo c’è un impegno notevole da parte di Caritas, associazioni e parrocchie per garantire un sonno al coperto e magari, perché no, una chiacchiera e uno sfogo in compagnia.

Nella parrocchia di Altichiero sono quattro attualmente gli ospiti: un italiano, un moldavo, un tunisino e un algerino. Alloggiano a casa Betania, una struttura, gestita in collaborazione con la cooperativa Gruppo Erre, che la comunità ha acquistato e ristrutturato da più di dieci anni, come segno di accoglienza verso i poveri. Qui dalle 19 alle 8 gli ospiti trovano ristoro e un posto al coperto dove riposare al sicuro. Una trentina di volontari si turnano per aprire, fermarsi la sera per qualche ora, arrivare al mattino per preparare la colazione e gestire la manutenzione del locale.

«È il secondo anno di quest’esperienza – racconta il parroco, don Lorenzo Parolin – Siamo partiti con trepidazione, ma dal punto di vista umano si rivela sempre bella e di grande contatto. Si chiacchiera, si passa del tempo assieme. Gli ospiti volentieri si prestano, anche se tra di loro a volte si avvertono delle tensioni, perché non sempre è facile convivere, visti i caratteri e le culture diverse». La supervisione notturna e la gestione dei rapporti è affidata all’“ospite-guida”, una figura incaricata direttamente da Caritas diocesana. Si tratta di un operatore che è stato a sua volta ospite o è ancora in difficoltà che si mette a disposizione.

Anche la comunità parrocchiale è coinvolta. «Il desiderio è che quest’esperienza di accoglienza sia davvero sentita da tutti – sottolinea il parroco – Con il gruppo giovani e dei ragazzi se ne parla, si organizzano dei momenti assieme dove condividere semplicemente anche una torta. È un grande segno di disponibilità e attenzione che è giusto venga condiviso».

Nella parrocchia di Voltabarozzo trovano accoglienza dieci ospiti. Oggi due sono italiani, gli altri provengono dall’Africa subsahariana. Da più di dieci anni la parrocchia, con l’impegno in primis di Masci, scout e Caritas, ha messo a disposizione i locali del vecchio patronato e apprestato una stanza con reti e materassi, dove dalle 19 alle 8 gli ospiti trovano riparo e ristoro. Anche qui con la supervisione di un ospite-guida, supportato da una decina di volontari.

«Abbiamo messo a punto un programma quotidiano – spiega Giuseppe Trivellin, referente parrocchiale del progetto – per non lasciare soli gli ospiti. Ogni sera c’è qualcuno di noi che passa del tempo con loro per condividere, farsi raccontare, cercare di creare un rapporto. Come volontari prepariamo anche la colazione e aiutiamo nelle pulizie. Nel fine settimana diamo anche del tonno con il pane, visto che le cucine popolari sono chiuse. E alcune volte il sabato sera prepariamo il pasticcio o la pastasciutta».

Tutto questo grazie al contributo dei parrocchiani e al coinvolgimento speciale dei ragazzi del catechismo che fanno raccolte, anche straordinarie, di generi alimentari. «Si creano belle relazioni con gli ospiti: ci raccontano frammenti della loro vita, del loro paese, le loro disperazioni e speranze, come quelle soprattutto di trovare un lavoro e di integrarsi nella nostra società. Sul foglietto parrocchiale ogni settimana presentiamo delle inserzioni di lavoro e spesso ne aggiungiamo anche qualcuna dei nostri ospiti: due sono riusciti a trovare un impegno, seppur temporaneo». Ma quest’esperienza di accoglienza non è positiva solo per chi cerca un riparo notturno. «Tanto noi doniamo a loro – sottolinea Trivellin – tanto loro ci danno in cambio. È un’esperienza che ci segna profondamente dentro, ci fa riflettere sulle situazioni di vita, sulla possibilità di dare una mano in più. Queste persone ti fanno toccare con mano la realtà».

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