La musica a San Daniele risuona di nuovo con l'organo

Sono tornate a risuonare le 1.378 canne dell'organo di San Daniele in Padova, dopo il restauro che ha comportato interventi cospicui sullo strumento ottocentesco.

La musica a San Daniele risuona di nuovo con l'organo

Un organo per la liturgia, capace di interpretare musiche diverse, dal barocco al Novecento: questo è uscito dal restauro-rifacimento dello strumento storico della chiesa di San Daniele in Padova, frutto di una lunga serie di ampliamenti e adattamenti che avevano sovraffollato di canne l’antica cassa lignea settecentesca al punto che non era possibile nemmeno eseguirne la normale manutenzione.
Oggi le canne, in base al progetto approvato dalla soprintendenza e affidato all’organaro Luigi Patella di Cinto Euganeo, sono 1.378 (cento in meno del precedente), tutte recuperate dallo strumento esistente; quelle in legno hanno dovuto essere rifatte perché aggredite dai tarli, che avevano gravemente danneggiato anche i somieri e le altre parti lignee. È stato recuperato il registro di clarino, che era stato disattivato. Ma prima ancora di provvedere al ripristino dell’organo si è dovuto consolidare la cantoria, eseguita nel 1893 in concomitanza con l’arrivo del nuovo organo di Annibale Pugina e figli, che sotto il peso dello strumento aveva mostrato chiari segni di cedimento e già da alcuni anni era stata puntellata. Il Pugina a 26 registri, con due manuali meccanici di 56 tasti, non aveva utilizzato nessuna delle parti del preesistente organo Callido, portato a San Daniele dal coro vecchio della basilica di Santa Giustina, quando nel 1812 questa era diventata parrocchiale con il titolo di “San Daniele in Santa Giustina”. Sul Pugina si era intervenuti a più riprese con revisioni, ampliamenti, ammodernamenti nel 1926, nel 1940, nel 1960 e infine nel 1990, affastellando caoticamente materiale fonico di diversa provenienza e qualità, e saturando tutto lo spazio disponibile all’interno della cassa acustica.
Il 22 luglio 2013 è iniziato lo smontaggio dello strumento e domenica 14 giugno scorso è stato riconsegnato alla comunità che il 9 ottobre l’ha presentato alla città con la benedizione impartita dall’abate emerito di Praglia dom Francesco Trolese e un concerto del maestro Rino Rizzato, il quale ha scelto un repertorio storico-antologico tratto da Antonio Valente, Gerolamo Frescobaldi, Giovanni Gabrieli, Bach fino a Oreste Ravanello, Theodore Dubois e Joseph Bonnet. Musiche che spaziano dal rinascimento ai nostri giorni (c’era anche una sua composizione, la numero 11, eseguita in prima assoluta) con requisiti di ampia varietà per evidenziare le caratteristiche timbriche e le possibilità espressive dell’organo. Nell’occasione il parroco di San Daniele don Guido Luciano Cavazzana ha ringraziato la ditta Paolo Baratella, assistita dall’ingegner Francesco Toffano e dall’architetto Riccardo Piva nel consolidamento della cantoria, Luigi Patella coadiuvato da Carlo Chiole e Vincenzo Salvato per il restauro dell’organo, l’organista titolare della chiesa Giovanni Tosatto che ha eseguito anche un’accurata ricerca storica sulla cronologia organistica della chiesa di San Daniele, il comune di Padova e la fondazione Cariparo che è intervenuta con un finanziamento di 40 mila euro.
Tra consolidamento della cantoria e restauro dell’organo sono stati spesi 180 mila euro, in parte ancora da reperire. A dirla tutta, resterebbe ancora un lavoro per considerare completamente concluso l’intervento di recupero dell’organo: il restauro della cassa settecentesca, anch’essa aggredita dai tarli, e dei tre velari che nascondevano le canne nel tempo quaresimale, quando era proibito suonare l’organo. I tre elementi, in cui sono raffigurati santa Cecilia che suona l’arpa e due angeli musicanti, sono stati dipinti nella seconda metà dell’Ottocento dal pittore muranese Sebastiano Santi, insegnante all’Accademia di Venezia, lo stesso che eseguì gli affreschi della volta (302 metri quadri) con scene dell’Inventio di san Daniele, il catino absidale con santi e virtù teologali e, nel 1866, le grandi tele della Via crucis, ultima sua opera prima della morte. Un’opera a cui legò anche emotivamente gli ultimi suoi giorni, come testimonia il conterraneo abate Vincenzo Zanetti che ne tracciò la biografia, e che sembra essere rimasta anche nei bozzetti, tratteggiati con sintetica drammaticità.
L’anno prossimo ricorrono i 150 anni dalla morte dell’artista, di cui è ora in corso di esame l’archivio di documenti e bozzetti, presso il museo Correr. Sarebbe una bella occasione per celebrarne l’opera.

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