Crediti deteriorati, il raffreddore è diventato un cancro

All’inizio della grande crisi dalla quale l’Italia sta ora uscendo (forse), il totale dei crediti deteriorati non toccava i 50 miliardi di euro. Oggi si aggira sui 200 miliardi di euro lordi, ma l’insieme totale dei crediti che s’immagina abbiano fatto una brutta fine sta attorno ai 350 miliardi di euro! Si prevedono nuovi aumenti di capitale da parte degli azionisti, spesso stranieri; nuove aggregazioni che cambieranno il panorama bancario italiano; se la banca salta, rischiano pure grandi correntisti e investitori con le nuove regole del "bail in". Ci vorrà sicuramente un aiuto dello Stato, ma in regola con i principi europei.

Crediti deteriorati, il raffreddore è diventato un cancro

C’è da rabbrividire, a leggere le cifre sui crediti “deteriorati” che sono in corpo alle banche italiane: 200 miliardi di euro lordi, ma l’insieme totale dei crediti che s’immagina abbiano fatto una brutta fine sta attorno ai 350 miliardi di euro! Una cifra enorme, punto.

E pensare che, all’inizio della grande crisi dalla quale l’Italia sta ora uscendo (forse), il totale dei crediti deteriorati non toccava i 50 miliardi di euro: la differenza è proprio il risultato di questa crisi, che l’Italia ha saputo in qualche modo superare senza terremoti e senza “macelleria sociale” usando anche la tecnica della polvere sotto il tappeto.
Tecnica e quantità di polvere che in Europa, e nella Bce, conoscono benissimo.
 L’abbiamo fatto con i posti di lavoro, grazie ai cosiddetti ammortizzatori sociali, cassa integrazione in primis. Si sa che qui stanno centinaia di migliaia di posti ormai spariti, inesistenti; ma la ripresina economica e una buona legge qual è il Jobs Act hanno permesso di smaltire questa polvere senza che le statistiche della disoccupazione schizzassero a livelli spagnoli.
L’abbiamo fatto con certi debitucci pubblici congelati dentro la Cassa Depositi e Prestiti.

Con le banche, il trucco è semi-fallito. Le stesse hanno accumulato nei bilanci questi soldi ormai solo teorici – ecco perché c’è stato un momento in cui non davano più credito a nessuno – e hanno da una parte attuato alcune politiche di pulizia, mettendoli tra le perdite; dall’altra, hanno sperato negli effetti positivi del denaro a costo zero voluto dalla Bce (ma gli investimenti non si sono ripresi e l’economia mondiale sta di nuovo raffreddandosi).
Quindi hanno avviato ricapitalizzazioni che hanno drenato agli azionisti qualcosa come 50 miliardi di euro negli ultimi 7 anni. Infine, hanno sperato nella famosa bad bank: un istituto che raccogliesse tutti i crediti “dubbi”, ripulendo il tappeto delle banche senza enormi traumi in bilancio.

Si fa così: si danno tali crediti ad un attore esterno, che te li paga molto meno di quanto valgono. Ma intanto incassi qualcosa e riduci il peso degli stessi nel tuo bilancio. Insomma, ti liberi della zavorra che rischia di affondarti.

Parliamoci chiaro: aver tenuto per anni in bilancio crediti ormai inesistenti non permette più di tanto quest’operazione pulizia.
Quei soldi non ci sono più, e da parecchio tempo. Tant’è che la bad bank interna voluta da Unicredit – un colosso bancario – sta sì e no recuperando una piccola frazione dei crediti deteriorati. Tant’è che i crediti cattivi delle quattro banche salvate due mesi fa, sono stati svalutati dell’82%!


Insomma, ci vorrebbe la famosa “garanzia dello Stato” che altri partner europei hanno attivato anni fa, mentre noi si battagliava su altri fronti, sperando che quella polvere se ne andasse da sola.
Garanzia che significa: casomai i soldi ce li mette lo Stato. Ecco perché ora, al solo nominarla, i tedeschi che comandano in Europa e la Bce rispondono picche.

Lo Stato italiano ha già un debito pubblico tale da affossare l’intero continente e la sua moneta unica.
Non l’hai mai ridotto nonostante i tassi d’interesse a zero, e anzi vorrebbe aumentarlo un pochino. Se ora salva le banche mandando tutto sul conto del debito pubblico, il rischio diventa mortale per tutti.


Ma il problema c’è e va risolto. Soprattutto, il tumore non affrontato è diventato un cancro che rischia di ammazzare l’intero settore creditizio nazionale, quindi noi tutti.
Già alcune piccole banche sono saltate in aria; altre (Mps che ha la situazione più grave, Popolare Vicenza, Carige, VenetoBanca…) sono sull’orlo di una crisi di nervi, e tanto piccole non sono. La stessa Unicredit ha grossi problemi in merito.
Tanto per non sbagliarsi, la Borsa sta mandando a picco tutti i titoli bancari: certo non daranno grandi dividendi in futuro, certamente molti chiederanno altri soldi agli azionisti. Alla larga.

Che fare, mentre la Bce ha deciso che il tempo concesso all’Italia per togliere la polvere sotto il tappeto è ormai scaduto? Contro un cancro non esistono medicine che non siano amare e dolorose.
Si prevedono nuovi aumenti di capitale da parte degli azionisti, spesso stranieri; nuove aggregazioni che cambieranno il panorama bancario italiano; se la banca salta, rischiano pure grandi correntisti e investitori con le nuove regole del “bail in”. Ci vorrà sicuramente un aiuto dello Stato, ma in regola con i principi europei.
Quindi lo Stato darà garanzie ma a valori realistici commisurati alla qualità del credito: qualche banca dovrà così registrare in bilancio perdite mica da scherzo. Avere credito sarà ancora difficile; molti posti di lavoro nel settore saranno bruciati; certi costi saranno caricati sulle spalle dei clienti.
 Niente di buono, dunque. Ma Babbo Natale è già passato, e le insipienze italiche alla fine le paghiamo tutte.

E che il problema sia gravissimo, lo testimonia un preciso fatto: di cosa si sta occupando la politica per occultarlo? Delle unioni civili…

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Fonte: Sir