Eurispes: quasi la metà degli italiani dichiara che la propria famiglia non arriva a fine mese

Solo una famiglia su quattro riesce ancora a risparmiare. Tra le strategie anti-crisi messe in atto dalle famiglie (per il 13,8 per cento) c’è anche quella di tornare a casa dai genitori e una su tre ricorre comunque al loro aiuto economico. E c’è chi sta peggio…

Eurispes: quasi la metà degli italiani dichiara che la propria famiglia non arriva a fine mese

C’è un’Italia con “il malcostume, i limiti e i difetti di un Paese che sembra non voler esercitare nessuno sforzo in direzione del cambiamento”. E c’è un’Italia “ancora migliore di quanto gli stessi italiani non riescano a immaginare e i media a descrivere”. La sintesi del Rapporto Italia 2017 dell’Eurispes è in queste parole del suo presidente, Gian Maria Fara. È un’Italia che fa fatica a guardare al futuro senza pessimismo, eppure rivela una sostanziale tenuta. È un’Italia insoddisfatta, ma soprattutto divisa. Un’Italia, aggiunge Fara, che “ha enormi potenzialità, ma proprio per le sue divisioni, non riesce a trasformare la potenzia in energia”.

Il sondaggio sul sentire degli italiani, realizzato per il Rapporto tra dicembre 2016 e questo mese, mette in evidenza situazioni gravi che purtroppo ormai cominciamo a conoscere bene, ma rivela anche qualche sorpresa positiva. Gli elementi più negativi, manco a dirlo, riguardano la condizione socio-economica.

Quasi la metà degli italiani (il 48,3 per cento) dichiara che la propria famiglia non riesce ad arrivare alla fine del mese.

Il 44,9 per cento ci riesce attingendo ai risparmi, ma solo una famiglia su quattro riesce ancora a risparmiare. Tra le strategie anti-crisi messe in atto dalle famiglie (per il 13,8 per cento) c’è anche quella di tornare a casa dai genitori e una su tre ricorre comunque al loro aiuto economico. E c’è chi sta peggio. Una persona su quattro afferma di sentirsi povero: abbastanza (il 21,2) o molto (il 3 per cento). Molto significativa l’indicazione di quelle che sono ritenute le cause della povertà: la perdita del lavoro (76,7 per cento), una separazione o un divorzio (50,6 per cento), una malattia (39,4 per cento), la dipendenza dal gioco d’azzardo (38,7 per cento), la perdita di un familiare (38 per cento).

Nel complesso, tuttavia, gli italiani ritengono in prevalenza che la loro situazione economica sia rimasta sostanzialmente stabile nell’ultimo anno. Si esprime in questo senso il 42,3 per cento, mentre il 27,3 per cento parla di un lieve peggioramento. Se si passa dalla propria situazione familiare alle previsioni per l’economia italiana nel nuovo anno, il 38,1 per cento ipotizza un quadro di stabilità e il 13,8 per cento una prospettiva di miglioramento, ma più di un italiano su tre (il 36,4 per cento) ritiene più probabile un peggioramento ulteriore.

Le sorprese più rilevanti, rispetto ai discorsi che sembrano prevalere nel dibattito pubblico, arrivano dal rapporto con l’Europa:il 48,8 per cento degli italiani, infatti, dichiara di essere contrario a uscire dalla Ue, a fronte di un 21,5 per cento di favorevoli. In particolare, tra i filo-europei ben il 75,6 per cento indica tra i benefici dell’Unione la possibilità di avere una moneta unica e stabile. È lo stesso Eurispes mettere a confronto questo dato con il sondaggio condotto dall’Istituto nel 2015, da cui emergeva un 40 per cento di favorevoli all’uscita dall’euro. Attenzione, però. Se da un lato gli italiani si dicono più europeisti di quanto si potesse immaginare, dall’altro vorrebbero una Ue profondamente diversa da quella attuale, a cui rimproverano le politiche economiche svantaggiose che ci vengono imposte (70,8 per cento) e l’aver lasciato solo il nostro Paese di fronte all’emergenza dei migranti (70,8). Su quest’ultimo tema il Rapporto sottolinea che negli ultimi otto anni è cresciuta dal 6,5 al 14,9 per cento la quota di coloro che vorrebbero limitare l’ingresso degli immigrati. Il dato è in sé negativo, ma se si considera la portata che ha assunto il problema nel periodo considerato, smentisce l’idea di una ribellione generalizzata contro le politiche di accoglienza che spesso viene strumentalmente veicolata su vecchi e nuovi media.

Nonostante i chiaroscuri, il quadro che emerge dal Rapporto è molto severo, soprattutto sul piano socio-economico. Fara attribuisce questo esito al fatto che «illusi dagli stregoni e dai guru, e complice una classe politica del tutto inadeguata, abbiamo abbandonato l’economia per la finanza». E nel frattempo «i ricchi erano diventati ancora più ricchi, i poveri tradizionali ancora più poveri e coloro che un tempo potevano contare su un rassicurante status, i ceti medi, vedevano assottigliarsi lo spessore delle loro sicurezze e crescere la possibilità di diventare poveri anch’essi». Il presidente dell’Eurispes immette nel dibattito sul che fare? una soluzione forte:

il recupero di un ruolo diretto dello Stato nell’economia, non solo quindi come regolatore e arbitro, ma come «attore protagonista dentro il sistema di mercato».

Che si condivida o meno questa ipotesi, difficile dar torto a Fara quando afferma nelle conclusioni che «la politica e le istituzioni torneranno a essere credibili quando sapranno dimostrare di essere in grado di governare i processi piuttosto che esserne governati».

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Parole chiave: Famiglie (44), rapporto Eurispes (1), povertà (158), Europa (236)
Fonte: Sir