Il vuoto di piazza San Pietro mi ha ricordato che non sono i corpi a riempire i luoghi

Lo avevo dimenticato. Sono bastate poche immagini per ricordarmi che, anche in isolamento, è ancora possibile tirarmi fuori dal vuoto che vorrei mi risucchiasse e progettare il futuro facendo tesoro di tutti i ricordi che neanche la quarantena può togliermi.

Il vuoto di piazza San Pietro mi ha ricordato che non sono i corpi a riempire i luoghi

Oggi sono esattamente al quarantesimo giorno di reclusione volontaria.

Questo vuol dire che: da più di un mese i miei unici contatti con l’esterno avvengono attraverso uno schermo; mangio, dormo e lavoro se e quando mi va e non ho più idee.

Questa condizione di apparente vuoto mentale è per me insolita.

Nella mia vita quasi mai sono rimasta senza idee che per lo più mi arrivano dalle situazioni che vivo e dalle persone che incontro.

Poi, però, venerdì 27 marzo alle 18 lo schermo della televisione di casa mi ha riportata indietro nel tempo ai primi giorni di aprile del 2005 in una piazza san Pietro gremita di gente incurante della pioggia sottile che bagnava Roma.

Me la ricordo bene la pioggia di Roma: sottile, tagliente e gelida sulle mie guance rimaste scoperte dal casco mentre in vespa attraversavo la città eterna.

La folla silenziosa di quei giorni è rimasta indelebile nei miei ricordi. Una moltitudine di anime con lo sguardo rivolto alla finestra della stanza dove papa Giovanni Paolo II stava vivendo le ultime ore della sua vita.

Per un tempo indefinito, sotto quella finestra, l’anima di ogni persona si è fusa nel silenzio con quella del suo vicino, smaterializzando il suo corpo.

Ho sempre pensato che tutta quell’energia non avrebbe lasciato la piazza e, infatti, lo scorso venerdì 27 marzo, mentre tutti vedevano papa Francesco pregare rivolto verso il vuoto, io ho rivisto tutte quelle persone silenziose che il 2 aprile 2005 salutavano papa Giovanni Paolo II.

E intanto nella mia mente è riaffiorato il ricordo dei protagonisti dei libri che ho letto, dei volti che ho incontrato nella vita e di tutte quelle persone che non ho mai conosciuto ma di cui altri mi hanno parlato.

In quel momento ho capito che le mie idee non si generano dall’incontro fisico con gli altri ma dal contatto con la loro anima e questa consapevolezza è stata la molla che mi ha fatto uscire da questo deserto in cui l’isolamento sembra avermi gettata.

Posso attingere anche ora ai ricordi di una vita che è stata piena di tanti incontri speciali, di luoghi diversi e di culture opposte e continuare a farmi venire idee per il domani.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Parole chiave: giornalisti in quarantena (4)