La positività è nella scarcella della nonna e nelle sue mani rugose

Quattordici nipoti e bisnonna per otto volte. Nonostante l'artrite e gli acciacchi ogni anno preparare per ciascuno una scarcella, dolce pasquale della tradizione pugliese. Quest'anno è tutto un po' diverso, i nipoti sono via e lei è in isolamento. Ma c'è sempre il nonno accanto a lei.

La positività è nella scarcella della nonna e nelle sue mani rugose

Dalla parte di mia madre l’albero genealogico è discretamente folto e rigoglioso con radici profonde e foglie che si rinnovano costantemente. Ponendola dalla prospettiva dei miei nonni, la cornice è questa: sette figli, quattordici nipoti e bisnonni per otto volte. Oltre sessant’anni di matrimonio e acciacchi perpetui eppure non c’è altro luogo dove poter trovare positività e determinazione se non nelle mani rugose e piccole di mia nonna Lucia.

Ha 84 anni, forse è appena sopra il metro e cinquanta di altezza, numero leggermente arrotondato in eccesso per via dei suoi capelli corti e gonfi che porta così da almeno tre decenni; è mingherlina, ma non si spezza. Sempre in piedi, nonostante le punture al ginocchio o al gomito per alleviare i dolori, ancora oggi è il bastone della vecchiaia di nonno.

Forse è il primo o il secondo anno che ci scambiamo gli auguri telefonicamente nella Domenica delle palme. Oltre a reciproci moniti di non uscire di casa e a scambi di frasi per risollevarci il morale, le ho domandato, ironicamente, visto il momento delicato e la “diaspora” diversi cugini e zii non vivono più a Bari: «Nonna e quest’anno niente scarcella?».
La scarcella è un dolce povero tipico della tradizione pasquale pugliese. Pochi ingredienti, ma tanta sacralità nella preparazione: farina, zucchero, olio per l’impasto che prende forma di una cesta (o di una colomba) su cui la nonna ci incastona l’uovo sodo, alcuni ovetti piccoli di cioccolato e poi codette zuccherose colorate.

La Pasqua che lega la nostra famiglia ha al centro questo simbolo. Dopo la messa, dopo il pranzo, il dono di questo dolce. Da anni, da quando ho ricordi nitidi. È come vive mia nonna la Settimana Santa preparando una scarcella per ogni nipote e pronipote. Riprendete i numeri citati all’inizio per capire la bontà, l’energia in quelle piccole piccole mani. Ogni anno ripetendo «questa è l’ultima» e l’anno dopo puntualmente smentendo sé stessa.

E quest’anno? Con l’isolamento? Con i nipoti via e lontano? «Nonna, niente scarcella, vero?». Qualche istante di esitazione: «Eh con questa artrite alle mani…ma sai, gli ingredienti ci sono, magari una per il nonno riesco a farla». Cosa ho imparato? Che nella dispensa, anche durante la pandemia, la nonna conserva le indispensabili codette di zucchero. E che la positività è nelle sue mani rugose.

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