Pausa caffè
Ci sono abitudini capaci di scandire la giornata, creando un prima e un dopo. Routine consolidate che si perpetuano in gesti semplici, come prendere il caffè a metà mattina.
«Caffè?» domandava di solito il mio vicino di scrivania non appena consegnata la rassegna del giorno. «Caffè!» rispondevo io alzandomi dal mio posto.
Da qualche settimana sono qui, nel mio stanzone deserto, avvolto dalla penombra azzurrognola che lo schermo del mio iPad spande all’intorno. Come ogni mattina, don Fabio ha appena terminato la celebrazione dell’eucaristia nella cappelletta e lo sento aprire e chiudere le porte di legno che separano le due stanze.
All’altro capo dello stanzone, una saletta più piccola funge da sagrestia, dove il parroco si sfila la casula e la ripone con ordine assieme alle altre.
«Caffè?» chiede don Fabio avviandosi alla porta, «caffè!» Rispondo io, alzandomi e chiudendo l’iPad per un momento.
Il caffè è un piacere, diceva una vecchia pubblicità, ma è anche l’occasione per quattro chiacchiere, seduti ai due capi del lungo tavolo. È il punto stampa delle dieci passate, quello che avviene nella canonica del borghetto mentre dalla stube sonnolenta si spande un piacevole calore e profumo di legna bruciata.
Il menù è ricco, di questi tempi: cronaca, molta politica, dichiarazioni assortite. Hai sentito cos’ha detto quello? Hai letto cos’ha scritto quest’altro?
Ogni giorno qualche novità si sospinge fino a questo francobollo di normalità dove si dipanano le nostre vite: anche quassù i funerali sono vietati, i bar chiusi e gli spostamenti contingentati costringendo la vita a ritagliarsi una nuova, rassicurante routine.
Ci vorrebbe un caffè più lungo per arrivare davvero in fondo ad ogni singola questione, mentre il sole inizia a scaldare i vasi di fiori che affollano il davanzale della finestra alle mie spalle.
Fra una notizia e l’altra, don Fabio fa scivolare due parole sul Vangelo del giorno, cita qualche autore di cui da anni riprometto di leggere qualcosa e mi racconta di più della comunità che mi ha accolto, delle esperienze pastorali e delle beghe tutte laiche.
Storie minute, di feste e di tradizioni, di grandi opportunità e di piccole incomprensioni come ce ne sono in ogni dove ma che quassù hanno un colore tutto particolare, come le montagne, a seconda del modo e dell'ora in cui le guardi.
Per tutta la vita ho frequentato queste valli ma solo ora, costretto come sono a osservarle da dietro una finestra ingombra di fiori, mi accorgo di quanto poco le conosca.