Giornata mondiale della pace, il messaggio del papa sul "lavoro schiavo"

Flaminia Giovanelli, sottosegretario del Pontificio Consiglio giustizia e pace: "Molte ragazze schiave non sanno nemmeno leggere e scrivere, è facile che cadano nel tranello… È necessario l'impegno delle istituzioni, delle forze di polizia in particolare, per contrastare la filiera del crimine, con una forte collaborazione internazionale tra paesi". Anche l’Italia è pesantemente coinvolta.

Giornata mondiale della pace, il messaggio del papa sul "lavoro schiavo"

Giovani donne costrette a prostituirsi sulla strada, ingannate con la promessa di un lavoro e rese invece schiave. Bambini e lavoratori sfruttati nelle fabbriche con turni di lavoro massacranti e condizioni di vita pietose. Migranti vessati da richieste assurde dei loro aguzzini pur di raggiungere la mèta agognata.
Le stime della tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale o per motivi di lavoro sono difficili e variano molto: secondo l’Ocse ogni anno vengono trafficate nel mondo tra 700mila e 2,4 milioni di persone, per un giro d’affari annuo di 35 miliardi dollari. Per l’Organizzazione internazionale del lavoro sono oltre 12 milioni di persone. Tra queste, ogni anno, circa 800mila sono trasportate oltre i confini nazionali per essere sfruttate in altri paesi.
L’80 per cento delle vittime è costituito da donne e ragazze, in più del 50 per cento dei casi minorenni. Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim, 2008), le persone trafficate in Italia sono tra le 19mila e le 26mila ogni anno.

Il tema della tratta di esseri umani sarà al centro del prossimo messaggio del papa per la Giornata mondiale della Pace che si celebra ogni anno il 1° gennaio. Il messaggio intitolato “Non più schiavi, ma fratelli” porta la data dell’8 dicembre, e sarà presentato alla stampa nella seconda metà di dicembre. Il 14 novembre a Roma, nella sede di Radio Vaticana, vi sarà un dibattito sull’argomento, al quale interverrà anche Flaminia Giovanelli, sottosegretario del Pontificio Consiglio giustizia e pace.
Prima donna laica a ricoprire questo ruolo nel 2010 per volontà di Papa Ratzinger, lavora da 40 anni al dicastero vaticano.

Sappiamo che papa Francesco è particolarmente sensibile al tema della tratta e del lavoro “schiavo”. Una scelta non casuale, quella del messaggio?
«Sicuramente c’è un maggiore interesse da parte di papa Francesco e della chiesa nei confronti di questo argomento. Non è un caso che la scelta del papa – tra una terna di temi che abbiamo proposto – sia caduta proprio sulla tratta di esseri umani. È l’ennesima conferma di una sensibilità che nasce dall’aver conosciuto in prima persona, nelle “villas miserias” di Buenos Aires, situazioni simili».

Qual è l’intento del messaggio?
«Il messaggio del papa viene inviato alle cancellerie di tutto il mondo e segna anche la linea diplomatica della Santa Sede per l’anno che si apre. Si vuole richiamare l’attenzione sul fenomeno della schiavitù lavorativa e a scopo di sfruttamento sessuale, che prolifera a causa della povertà e delle disuguaglianze. Nel testo ci sarà un invito ai governanti a fare qualcosa di più, soprattutto nel caso specifico della prostituzione. La criminalità che gestisce questo traffico va combattuta tramite la collaborazione internazionale».

Qual è l’impegno del Pontificio Consiglio giustizia e pace in materia?
«Noi lavoriamo per la promozione della giustizia, la pace e i diritti umani a livello formativo, con l’organizzazione di seminari e conferenze, la stesura di documenti e l’incontro con tante realtà che operano in questi ambiti (congregazioni religiose, associazioni, movimenti), per metterle in rete tra loro. Di tratta ci siamo già occupati nel maggio 2012 con un incontro sollecitato dai vescovi inglesi. È un tema affrontato anche durante l’ultima Via Crucis del venerdì santo al Colosseo, per richiamare l’attenzione sulle donne “crocifisse” e sulle donne riscattate. Per non passare oltre con indifferenza, come spesso ci ammonisce papa Francesco. Personalmente incontro ogni giorno tante organizzazioni, cattoliche e laiche, che lavorano su un tema così complesso. Si scopre che ci sono forme diverse di schiavitù e di asservimento psicologico delle vittime nei confronti dei loro aguzzini, e metodi diversi gestiti a seconda della provenienza delle filiere criminali».

Cosa servirebbe per contrastare un fenomeno così complesso e disumano?
«Bisogna combattere la cause alla radice, intervenendo nei luoghi da cui provengono le vittime di tratta per arginare la povertà e promuovere l’educazione. In molte zone i bisogni primari non sono ancora soddisfatti. Molte ragazze schiave non sanno nemmeno leggere e scrivere, è facile che cadano nel tranello di chi fa credere loro di poter ottenere un lavoro onesto nei paesi ricchi. Oltre a questo è necessario l’impegno delle istituzioni, delle forze di polizia in particolare, per contrastare la filiera del crimine, con una forte collaborazione internazionale tra paesi».

Qual è il suo auspicio personale?
«Vorrei che le persone, i cristiani in particolare, prendessero sempre più coscienza dell’entità del fenomeno e di quanto sia doloroso per le vittime. Oltre alla preghiera, la nostra prima risorsa, mi piacerebbe che dopo la consapevolezza arrivasse l’impegno. Ci sono tante organizzazioni impegnate in quest’ambito: perché non dare una mano?».

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Fonte: Sir