Iraq, il grido di Francesco per i perseguitati

Nel giorno della sua partenza per la Corea papa Francesco scrive un appello urgente al segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, perché si faccia tutto il possibile per mettere fine al dramma umanitario in corso nel Nord dell'Iraq. Precise responsabilità, se non interverranno, addebita a Usa, Lega araba e Unione europea, il patriarca di Babilonia dei caldei Loius Raphael I Sako. Intanto l'inviato personale di sua santità, il card. Filoni arriva oggi nella capitale del Kurdistan iracheno, Erbil.

Iraq, il grido di Francesco per i perseguitati

Papa Francesco ha inviato oggi una lettera al segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon e alla comunità internazionale con un «appello urgente» perché intervengano «per porre fine alla tragedia umanitaria in corso» in Iraq a danno delle minoranze cristiane e di altri gruppi religiosi.

«Incoraggio tutti gli organi competenti delle Nazioni Unite, in particolare quelli responsabili per la sicurezza, la pace, il diritto umanitario e l’assistenza ai rifugiati - scrive il Papa - a continuare i loro sforzi in conformità con il preambolo e i relativi articoli della Carta delle Nazioni Unite».

«È con il cuore pesante e pieno di angoscia - dice papa Francesco - che ho seguito i drammatici eventi di questi ultimi giorni nel nord Iraq, dove i cristiani e le altre minoranze religiose sono stati costretti a fuggire dalle loro case e assistere alla distruzione dei loro luoghi di culto e patrimonio religioso». Per questo, prosegue, «ho chiesto a sua eminenza il card. Fernando Filoni, prefetto della congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, che è stato rappresentante dei miei predecessori, papa san Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI, in Iraq, di manifestare la mia vicinanza spirituale e di esprimere la mia preoccupazione, e quella di tutta la chiesa cattolica, per la sofferenza intollerabile di coloro che desiderano solo vivere in pace, armonia e libertà nella terra dei loro antenati»

«Con lo stesso spirito, scrivo a Lei, signor segretario generale, per sottoporle prima di tutto le lacrime, le sofferenze e le grida accorate di disperazione dei cristiani e altre minoranze religiose della cara terra d’Iraq - prosegue il papa - Gli attacchi violenti che stanno dilagando in tutto nord dell’Iraq non possono non risvegliare le coscienze di tutti gli uomini e le donne di buona volontà ad atti concreti di solidarietà, proteggendo le persone colpite o minacciate dalla violenza e assicurando l’assistenza necessaria e urgente per le tante persone sfollate, nonché il ritorno sicuro nelle loro città e case. Le tragiche esperienze del Novecento e la comprensione di base della dignità umana, costringe la comunità internazionale, in particolare attraverso le norme e i meccanismi del diritto internazionale, a fare tutto il possibile per fermare e prevenire ulteriori violenze sistematiche contro le minoranze etniche e religiose».

E proprio l'inviato personale del papa per portare la sua vicinanza alle vittime di violenza nel Nord dell'Iraq, il card. Filoni, è giunto nel pomeriggio di ieri ad Amman, in Giordania. Il programma di oggi prevede lo spostamento in direzione di Erbil, nel Kurdistan iracheno, dove si troverà anche il patriarca caldeo, Louis Raphael Sako. Com’è noto, Filoni porta con sé una somma consegnatagli dal papa per far fronte all’emergenza umanitaria dei molti sfollati. Ma già da tempo l’area dell’Iraq interessata dal conflitto e dalla presenza di profughi è al centro di un’intensa azione caritativa da parte della chiesa. In un comunicato il pontificio consiglio Cor unum precisa che «sin dal mese di giugno sono in atto programmi di assistenza umanitaria per i profughi. Tali programmi sono stati avviati dalla chiesa locale, in particolare tramite Caritas Iraq ed hanno raggiunto almeno 4.000 famiglie. A questi programmi si sono associati alcuni organismi nazionali della famiglia Caritas, sotto il coordinamento di Caritas Internationalis. Altri organismi internazionali cattolici hanno approntato propri programmi di aiuto».

«Il santo padre - informa il pontificio consiglio - ha contribuito tramite Cor unum a questa attività di soccorso con una prima donazione, mentre il presidente del Dicastero è in contatto diretto con il Patriarca di Babilonia dei caldei, sua beatitudine Louis Raphael I Sako, oltre che per esprimere la sua vicinanza spirituale, per conoscere i bisogni più immediati da affrontare. Attualmente l’azione umanitaria svolta dagli organismi cattolici si sta concentrando in particolare su tre aree: il soccorso di urgenza con derrate alimentari e kit sanitari; l’educazione ai ragazzi; il sostegno psicologico. Sono in corso studi e visite sul posto al fine di predisporre un piano organico di assistenza da parte della chiesa cattolica nel prossimo futuro, in stretto concerto con il patriarcato di Babilonia dei caldei e con la Caritas locale».

E un appello agli Usa, all’Europa, alla Lega Araba e alla comunità internazionale per «salvare la piana di Ninive dai jihadisti e assicurare la protezione internazionale» alle minoranze cristiane perseguitate dall’Isis in Iraq è stato lanciato oggi proprio dal patriarca caldeo di Babilonia, Louis Raphael Sako, presidente dei vescovi cattolici in Iraq. «Se la situazione non cambia - avverte il patriarca, in una lettera inviata ai vescovi europei del Ccee - il mondo intero dovrà sentirsi responsabile di un lento genocidio di una componente vera e compatta della società irachena che rischia di perdere la sua antica cultura e il suo patrimonio. L’Isis sta cercando di cancellarne tutte le tracce!». «Il veloce evolversi della tragedia degli sfollati nel Nord dell’Iraq - dice - chiede a tutti di agire fino a che non si troverà una rapida soluzione riguardo al destino di più di 100 mila persone fuggite da 13 villaggi della piana di Ninive verso città e villaggi del Nord, che da sette giorni stanno provando a sopravvivere in parchi e luoghi pubblici».

«Da un punto di visto spirituale e umanitario - prosegue Sako, parlando a nome di tutti i vescovi iracheni - la situazione di queste persone sfollate non è accettabile, mentre la sofferenza crescente e gli sforzi internazionali per alleviare il loro dolore sono insufficienti. Attualmente, non è possibile fare riferimento al governo centrale che si sta formando perché il processo è tormentato. In più, ci vorrà molto tempo prima che un nuovo governo riesca a riportare la pace e l’ordine nel paese». Perciò, prima che la situazione precipiti, rimarca il patriarca, «gli Stati Uniti, a motivo del loro coinvolgimento in Iraq, l’Unione europea e la Lega dei Paesi arabi hanno la responsabilità di agire rapidamente per trovare una soluzione. Devono liberare la piana di Ninive dai combattenti jihadisti e aiutare le famiglie sfollate a tornare nei loro villaggi ancestrali per ricostruire la vita e consentire loro di praticare la religione, la cultura e le tradizioni», fino a che «il governo centrale e il governo regionale del Kurdistan non diventino effettivi».

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Fonte: Sir