Non siamo perfetti, ma discepoli in cammino

Il mercoledì del papa, in attesa di volare a Lesbo per esprimere "vicinanza e solidarietà" ai profughi, ai cittadini e a tutto il popolo greco. Al centro della catechesi, il brano evangelico della chiamata di Matteo, che dimostra come la Chiesa "non è una comunità di perfetti, ma di discepoli in cammino", peccatori e bisognosi di perdono.

Non siamo perfetti, ma discepoli in cammino

“La Chiesa non è una comunità di perfetti, ma di discepoli in cammino, che seguono il Signore perché si riconoscono peccatori e bisognosi del suo perdono”.
Lo ha ribadito Papa Francesco, che nella catechesi dell’udienza generale di mercoledì 13 aprile – di fronte a circa 22mila fedeli – ha commentato il brano evangelico della chiamata di Matteo, esortando a sentirci tutti “invitati al banchetto di Dio” per “guardare con misericordia e riconoscere in ognuno un nostro commensale”.
“Essere cristiani non ci rende impeccabili”, perché “tutti siamo peccatori”, ha esordito il Papa, che ha citato un detto “molto bello”: “Non c’è santo senza peccato, né peccatore senza futuro”. “E questo è bello!”, ha commentato a braccio: “Questo è quello che fa Gesù!”.

“Superbia e orgoglio sono un muro” che ci impedisce di “vedere il volto misericordioso di Dio e di agire con misericordia”, ha ammonito il Papa.
Ma “Gesù si presenta come un buon medico”, che “risana dalle malattie, libera dalla paura, dalla morte e dal demonio”: “Nessun peccatore va escluso”, perché “il potere risanante di Dio non conosce infermità che non possano essere curate; e questo ci deve dare fiducia e aprire il nostro cuore al Signore perché venga e ci risani”. “Gesù non aveva paura di dialogare con i peccatori, i pubblicani, le prostitute”, ha detto ancora a braccio Francesco. Ha fatto suo il grido del profeta Osea: “Misericordia io voglio e non sacrificio”.

No, allora, alla “religiosità di facciata”, quella dei farisei, che erano “molto religiosi nella forma, ma non erano disposti a condividere la tavola con i pubblicani e i peccatori”.
Per spiegare la “religiosità di facciata”, il Papa ha scelto un esempio tratto dalla vita quotidiana: “È come quando ti regalano un pacchetto dove c’è un dono, e tu ti fermi alla carta nel quale è incartato: soltanto le apparenze, e non il nocciolo della grazia”.

“Sedere a tavola con Gesù significa essere da lui trasformati e salvati”.
“Nella comunità cristiana la mensa di Gesù è duplice”, ha detto Francesco: “C’è la mensa della Parola e la mensa dell’Eucaristia”.
“Sono questi i farmaci con cui il medico divino ci risana e ci nutre”, ha commentato: “Con il primo – la Parola – si rivela e ci invita a un dialogo fra amici. La sua Parola penetra in noi e, come un bisturi, opera in profondità per liberarci dal male che si annida nella nostra vita”.
“A volte questa Parola è dolorosa perché incide sulle ipocrisie, smaschera le false scusanti, mette a nudo le verità nascoste”, ma nello stesso tempo “illumina e purifica, dà forza e speranza, è un ricostituente prezioso nel nostro cammino di fede”. L’Eucaristia, da parte sua, “ci nutre della vita stessa di Gesù e, come un potentissimo rimedio, in modo misterioso rinnova continuamente la grazia del nostro battesimo”.

Al termine dell’udienza, prima di salutare i fedeli di lingua italiana, Francesco ha annunciato che sabato prossimo andrà a Lesbo.
“Andrò, insieme con i miei fratelli il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo e l’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Hieronymos – ha spiegato – per esprimere vicinanza e solidarietà sia ai profughi sia ai cittadini di Lesbo e a tutto il popolo greco tanto generoso nell’accoglienza”.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Parole chiave: papa francesco (301), udienza (11), lesbo (9)
Fonte: Sir