"La grazia di rialzarsi" di Arianna Prevedello: quindici parole per rinascere dal dolore

Un "salmo contemporaneo" preso da un personaggio cinematografico chiude ogni capitolo del libro di Arianna Prevedello che narra la vita, il dolore, la fatica e il coraggio di rialzarsi dopo la morte improvvisa del giovane marito Mauro. 

"La grazia di rialzarsi" di Arianna Prevedello: quindici parole per rinascere dal dolore

«La scomparsa improvvisa di mio marito mi ha portato a vivere una dimensione femminile più spiccata. Ho capito che potevo mettere al mondo anche la morte, figlia della vita. Sentivo che potevo riuscirci con le stesse energie generative che avevano accompagnato il dare alla luce. Il dolore soffocante, abbastanza da tradurlo fin da subito in una scrittura diffusa, non mi impediva di percepire l’impressionante armonia del mio essere al mondo. La morte mi invitava a occuparmi di lei. Mi spingeva a metterci le mani dentro, a impastare i significati del lutto con la percezione che avrei potuto stendere le forme della grazia e farne parte con altri».

Sono parole di Arianna Prevedello. Sono alcune – solo alcune, ma assolutamente intense – delle parole del suo La grazia di rialzarsi (edizioni San Paolo). Sottotitolo: Quindici parole per rinascere dal dolore.

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Presentando il volume, sabato 8 aprile alla libreria San Paolo Gregoriana di Padova, Michele Visentin, preside e formatore, ha sottolineato come «sopportare il vuoto (citando Simone Weil) sia possibile con la grazia. Con la parola, con quindici parole, ma anche con il silenzio. Ci sono persone che non scriveranno mai del loro dolore e che, magari, apriranno il libro di Arianna e lo chiuderanno. Chi non ce la fa... è il benvenuto. Il rischio, portando in parola un dolore indicibile, è di tradirlo. Leggendo questo libro dobbiamo capire se in questa grazia che le ha permesso di rialzarsi... c’è una responsabilità di mantenersi in vita».

Ad “accompagnare” Arianna Prevedello, nella prima presentazione ufficiale del libro (anche se, a inizio aprile, c’era già stata una prima “conversazione” in Puglia), c’era anche l’amica Mariapia Veladiano, che ha curato la prefazione. «Nel libro non è narrata la storia di Arianna, ma ci sono tutta una serie di illuminazioni che ci permettono di entrarvi. Ha usato tutte le parole – morte, lutto... – perché ha scoperto che dentro non c’è una voragine, ma la vita».

Questa scoperta della vita è avvenuta, per Arianna Prevedello, dentro il “grembo” della scrittura. E non solo, naturalmente. «Ho condiviso, soprattutto nel mondo digitale, molto di ciò che stavo vivendo. Tante sono state le occasioni di confronto, perché tante sono le assenze che ciascuno di noi vive. Ora, con La grazia di rialzarsi, la condivisione si è spostata sulla carta. Nelle quindici parole che ho individuato – #tavola, #fotografie... #tempo, #sogno – ho voluto che l’esperienza personale si aprisse all’esterno e assumesse una dimensione sociale. In tutte ho scelto che passasse questo messaggio: c’è legittimità in ogni dolore».

Per ogni parola l’autrice ha “fatto sua” – e la consegna ai lettori – una citazione dalla letteratura clinica («per individuare “varchi” di comprensione in ciò che stavo vivendo»); c’è poi una parte più narrativa, legata alla sua storia, ma con uno sguardo verso l’esterno: «La scrittura mi permette di non stare nella mia commiserazione, di fare uno scatto in avanti, di avvicinarmi alle persone...». Poi Arianna Prevedello ha messo delle domande «che non sono assolutamente un esame di coscienza, ma una provocazione prima di tutto per me stessa. Da un lato ogni dolore è legittimo, ma bisogna essere onesti con se stessi e passare dal disordine all’ordine. Il rischio è quello di imprigionarsi in una forma di santuario oppure di cercare sostituti. Al Cielo, ma anche a me stessa, ho chiesto la grazia di non cadere in questi rischi».

Ogni capitolo si conclude con un salmo contemporaneo attraverso il personaggio di un film: «In questi anni ho molto pregato con il cinema. Mi era difficile stare in una chiesa vuota, perché io ero vuota».

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