Ecco il canale più grande del mondo, una “cicatrice” tra Atlantico e Pacifico

A fine anno in Nicaragua partiranno i lavori per il canale più grande al mondo. 278 chilometri di lunghezza e 27,6 metri di profondità, per costi che vanno dai 40 ai 50 miliardi di dollari con la promessa di decine di migliaia di nuovi posti di lavoro: così i cinesi sbarcano in America.

Ecco il canale più grande del mondo, una “cicatrice” tra Atlantico e Pacifico

Chi sta per realizzare il progetto del Gran canal del Nicaragua non deve aver letto attentamente la Laudato si’ di papa Francesco.
Il vescovo ausiliario della capitale del paese Managua, mons. Silvio Josè Baez Ortega, non ha usato mezzi termini al Forum internazionale sull’ultima enciclica papale, svoltosi qui lo scorso 13 aprile. Il religioso punta il dito contro le ricadute ambientali del progetto, oltre che contro la mancanza di dialogo e trasparenza con cui – secondo lui e molti altri osservatori tra cui scienziati e attivisti – è stata condotta la trattativa.

Tutti aspetti che del resto non si possono trascurare in un’operazione del genere, per la quale il vocabolo mastodontico suona come un eufemismo.
278 chilometri di lunghezza (contro i 77 dell’altro canale centroamericano, quello di Panama, e i circa 200 del canale di Suez) e 27,6 metri di profondità, per costi che vanno dai 40 ai 50 miliardi di dollari; l’inizio degli scavi è previsto per la fine di quest’anno, dopo l’inaugurazione ufficiale tenutasi a dicembre 2014 (a un secolo esatto dall’apertura del canale panamense), mentre la durata complessiva dell’intervento è stato calcolata in sei o sette anni.

Le attese del governo
Il governo sandinista di Daniel Ortega (di matrice socialrivoluzionaria), che lo ha approvato ora lo difende con forza attraverso la stampa politicamente vicina, snocciolando dati sui positivi risvolti occupazionali: 50 mila assunzioni stabili, almeno 200 mila temporanee più un indotto di altre 250 mila; tutte favorite da altri sottoprogetti come i due porti a Brito e a Punta Aguìla, la creazione di una nuova città e di una zona di libero commercio, le nuove strutture turistiche da insediare, un nuovo aeroporto nonché un sistema di ponti mobili e autovie.
E, se non bastasse, il presidente e tanti altri sostenitori parlano di un positivo aumento del commercio interoceanico nel futuro, in particolar modo verso l’oceano Pacifico dove i volumi dei trasporti sono destinati a crescere vertiginosamente, al punto che per il 2050 non troverebbero più un servizio adeguato nella fessura di Panama.

Ma chi ha manifestato a più riprese una serie di perplessità ha portato, di contro, argomentazioni molto puntuali.
Anzitutto riguardo il Gran lago del Nicaragua e il suo ecosistema, una massa d’acqua dolce di oltre 8 mila chilometri quadrati che verrà interessata dal percorso del canale. Le conseguenze negative non ci sarebbero soltanto per i numerosi agricoltori e allevatori della zona, ma anche per i gruppi indigeni come i Rama che abitano da sempre nei dintorni del lago e la cui tutela è garantita dalla costituzione nicaraguense del 1987.

I riflettori sono poi puntati in direzione della società incaricata, la cinese Hong Kong Nicaragua development abbreviata comunemente in Hknd. Il suo leader Wang Jing, manager classe 1972 di cui non si conosce molto se non la provenienza da un colosso della telefonia cinese, avrebbe rapporti molto diretti con l’esecutivo di Pechino.
Quindi si fa il punto sulle spese, che ammontano ad almeno quattro volte il pil nicaraguense, tutte a carico dello stesso stato centroamericano con mutui dilazionati nel tempo; è incluso l’usufrutto delle terre della zona al gruppo Hknd per una cinquantina d’anni, prorogabile per altri cinquanta. Il che, di fatto, significa una presenza diretta e in maniera molto massiccia del gigante asiatico sul territorio. A relativa poca distanza dal grande rivale commerciale di quest’ultimo, gli Stati Uniti.
Le successive controargomentazioni a favore del canale, dalla piantumazione di almeno 250 mila alberi lungo le sponde agli indennizzi per tutti gli abitanti e gli operatori economici presenti, non convincono quelli che vedono nel Gran canal più una cicatrice nel cuore del paese che una preziosa arteria. Meno che mai li fanno desistere dalla loro battaglia le accuse da parte del governo Ortega di diffondere allarmismo ingiustificato.

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