Omelia del vescovo di Padova, S.E. mons. Claudio Cipolla, per l'Ordinazione Episcopale di Mons. Giampaolo Dianin

Carissimo Giampaolo, voglio dirti innanzitutto questo: non sei solo oggi in questa esperienza di consegna al Signore Gesù! Ancora una volta, e in forma ancora più coinvolgente, ti consegni al Signore Gesù e non sei solo.

Omelia del vescovo di Padova, S.E. mons. Claudio Cipolla, per l'Ordinazione Episcopale di Mons. Giampaolo Dianin

Nel tuo "Eccomi" c’è la Chiesa di Padova, madre della tua fede e sorella e figlia del tuo ministero.
È rappresentata dai Seminaristi - molti di loro oggi sono preti - e dal Seminario, al quale tu hai dedicato tanto di te stesso come docente di morale e rettore; è rappresentata dai confratelli presbiteri, dai diaconi, e in particolare dalle famiglie e dagli sposi che hai servito perché abbiano consapevolezza della loro vocazione; dalla tua famiglia e dalle comunità di Teolo e Mestrino; ci sono anche giovani, uomini e donne di vita consacrata, le comunità cristiane sparse sul territorio. Sono presenti per accompagnare il tuo "Eccomi" i vescovi del Triveneto, con il Patriarca Francesco, il nostro caro vescovo Antonio, il Vescovo Adriano, altri confratelli vescovi, tuoi amici, e gli Abati di Santa Giustina e di Praglia.
La nostra presenza e vicinanza umana, insieme alla nostra preghiera, sono quanto noi possiamo offrirti: amicizia, stima, trasparenza, fiducia… è il nostro contributo perché i tuoi carismi possano effondere il loro profumo e rallegrare il cuore di tanti. Non potevano mancare oggi i cristiani di Chioggia, con il vescovo Adriano che li ha accompagnati in questi ultimi anni. Per loro infatti il Santo Padre ha domandato la tua disponibilità. Per loro hai detto “Eccomi” a questa chiamata straordinaria. Le Chiese di Padova e Chioggia sono con te, ti vogliono bene e vedono in questa scelta una circostanza da leggere con occhi nuovi: come i servitori di Cana, le nostre Chiese hanno riempito di acqua gli otri.
Secondo l’indicazione della madre di Gesù, stiamo facendo quello che, tramite il vescovo di Roma, ci è chiesto da Gesù. Facciamo quello che lui dice! Sappiamo che si tratta di partecipare, oggi, ad un miracolo: trasformiamo non acqua in vino, ma un uomo, già presbitero, già diacono, già cristiano in vescovo, segno visibile di unità e di comunione, segno di Cristo che serve, guida, presiede la sua Chiesa, segno dello sposo che ama la sua sposa
“sicut et Christus dilexit ecclesiam”. Noi facciamo quello che possiamo (questo mi dice il numero sei delle giare, questo mi dice l’acqua), ma siamo consapevoli che quella festa di nozze non si conclude a Cana e che quello fu solo l’inizio dei segni. Anche oggi, o Signore, manifesta la tua gloria e fa' che tutti noi, tuoi discepoli, crediamo in te.
Ad indicare che c’è del nuovo, che non si tratta del vino di prima ma di un vino più buono, concorrono i riti che vivremo tra poco: i nostri silenzi che ci raccolgono in ascolto, in preghiera, e che portano i nostri occhi a percepire i segni; le invocazioni dei santi, soprattutto dei santi protettori di Padova e di Chioggia, san Felice e Fortunato suoi patroni; la presenza della reliquia del cuore di san Gregorio custodita in Seminario e il suo corpo custodito in questa Basilica Cattedrale. Il vino nuovo e più buono è la nostra appartenenza alla nuova creazione, al mondo nuovo evocato dal “terzo giorno” in cui si colloca questo evento. Il segno di Gesù compiuto a Cana ci riporta direttamente alla Risurrezione di Gesù di cui noi siamo figli. Dalla Risurrezione prendono senso non solo le nostre celebrazioni ma tutta la vita nuova dei figli di Dio. Cieli e terre nuovi, e uomini e donne nuovi: come il vino, come il nostro servizio. Questa bontà e questa novità creano oggi il vescovo di Chioggia che, come ci suggerisce la donna dell’Apocalisse, proviene dal Cielo, da Dio. Sei vescovo della Chiesa santa, universale, legata agli stessi apostoli di Gesù, una: a te è affidato di annunciare il Vangelo, la grande novità del vino più buono, ad un territorio con i suoi tre fiumi e alla sua gente, gente di mare, gente di lavoro, gente del XXI secolo: tra questi fiumi e tra questa gente da secoli ormai vive una comunità di credenti in Gesù.

Per essere il loro vescovo puoi trovare ispirazione dalla donna-madre di Gesù, immagine della comunità dei credenti.
Dante stesso cita le nozze di Cana: In opposizione agli invidiosi presenta la donna-madre di Gesù attenta agli altri: «La prima voce che passò volando “Vinum non habent” altamente disse e dietro a noi l’andò reiterando» (Purgatorio XIII 28-29) evidenziando l’attenzione della donna ai problemi, alle mancanze e sofferenze, ai bisogni e ai desideri della gente, anche trascurando i propri. Dante si trovava tra gli invidiosi che guardano a se stessi e soffrono per ciò che non hanno. La donna, la Chiesa appunto, guarda invece agli altri e alle loro sofferenze. Un tratto a cui guardare: anche un vescovo, come la Madre di Gesù, cerca il bene degli altri, non il proprio, e soffre preoccupato per le possibili privazioni e la mancanza di gioia dei suoi amici. In questo sguardo verso gli altri la donna associa tutti i discepoli di Gesù perché siano modellati sul cuore della Madre.
La donna vede la mancanza di vino, vede il presentarsi della stanchezza, vede l’ombra della tristezza e trova il coraggio e il dovere di coinvolgere Gesù, anche se i commensali e il capo dei servi non si accorgono di nulla. C’è uno spazio di attività nascosto e riservato. È quanto vive e avviene nel cuore della madre di Gesù: la partecipazione alla festa - alla festa della vita e dell’amore- favorisce la sua attenzione alle cose della vita. Ha occhi e cuore per vedere e per accorgersi che c’è preoccupazione attorno; nasce nel silenzio, nella riservatezza la decisione di parlarne a Gesù e di coinvolgerlo. Ci sono spazi nascosti, privati, interiori anche per i vescovi: una vita silenziosa, riservata e misteriosa che porta alla preghiera e che fa di noi coloro che desiderano obbedire a Gesù: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Non in tanti sapranno che abbiamo lavorato; non importa, ciò che importa è che ci sia vino buono e ci sia gioia. Scompare la donna (queste sono le ultime parole della madre di Gesù nel Vangelo di Giovanni); cambia il contesto, da Cana a Padova, a Chioggia; cambiano i tempi e le culture: solo il Signore, sposo dei tempi nuovi, resta e riempie le giare della gioia dei tempi nuovi! La Chiesa, la santa madre Chiesa, si rivolge a Gesù. Essa infatti desidera servire la gioia e sa che è Gesù il protagonista!
Interpellato dalla Madre, dalla Chiesa, Gesù vede gli otri, li fa riempire di acqua. Gesù vede Giampaolo e per lui compie uno dei suoi segni.…Noi ti lodiamo, o Signore, confermando la nostra fiducia e la nostra fede in te. Facendo tutto quello che tu dici, rendi i nostri cuori capaci di vedere la tua gloria: l’amore del Padre che dona il suo Figlio per la nostra gioia.

Claudio Cipolla

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