Sicurezza in Rete. Bisogna studiarla fin dalle scuole elementari

Lo scorso 9 febbraio si  tenuta è la Giornata mondiale per la sicurezza in Rete. Secondo una recente indagine dell’Istat tra i ragazzi utilizzatori di cellulare e/o Internet, il 5,9% del campione denuncia di avere subìto ripetutamente azioni vessatorie tramite sms, e-mail, chat o sui social network. Le ragazze sono più di frequente vittime di cyber-bullismo (7,1% contro il 4,6% dei ragazzi). Manca una reale attenzione alla sicurezza dei propri dati personali.

Sicurezza in Rete. Bisogna studiarla fin dalle scuole elementari

Insulti dietro profili anonimi, stalking, diffamazione on line, ingiurie, minacce, violazione della privacy, furto d’identità.
Il cyber bullismo sembra in continuo aumento. È proprio per riflettere sulla portata del fenomeno e sull’uso consapevole dei social che si tiene la Giornata mondiale per la sicurezza in Rete “Safer Internet Day 2016”, istituita e promossa dalla Commissione europea che, giunta alla XIII edizione, si celebra in contemporanea in oltre 100 nazioni di tutto il mondo.
Secondo una recente indagine dell’Istat tra i ragazzi utilizzatori di cellulare e/o Internet, il 5,9% del campione denuncia di avere subìto ripetutamente azioni vessatorie tramite sms, e-mail, chat o sui social network. Le ragazze sono più di frequente vittime di cyber-bullismo (7,1% contro il 4,6% dei ragazzi).

Tutto sembra iniziare quasi per gioco, magari con un brutto commento attraverso le più comuni piattaforme social.
Gli attacchi da parte del bullo che cerca di intimidire la vittima di turno incapace di difendersi si fanno sempre più denigratori con la pubblicazione on line di foto spiacevoli, la diffusione di informazioni riservate e frasi offensive che, se ripetute, possono portare l’adolescente perseguitato in Rete a vivere un incubo anche quando il pc è spento.
Una pesante condizione psicologica che, alla lunga, può indurre il ragazzo intimidito anche alla svalutazione di sé, a uno scarso rendimento scolastico, a problemi sul piano relazionale, manifestando, in alcuni casi, anche depressione.
A tracciare una panoramica sul fenomeno è Luca Montanari, ricercatore del Centro di ricerca di Cyber Intelligence and Information Security (Cis) dell’Università La Sapienza, che parte da due dati: “Il continuo aumento della popolazione attiva su internet e il continuo abbassamento dell’età in cui i ragazzi iniziano a utilizzare i social network”.

Sono tante le cyber-minacce per i giovanissimi.
“Tra il cyber bullismo e il bullismo classico è cambiato solo il mezzo, quindi gli effetti e i rischi sono i medesimi. Il problema del cyber bullismo è che va a colpire la sfera ‘social’ dei giovani, cioè quella che per molti di loro conta quasi di più di quella reale: si pensi ai tavoli di ristoranti in cui i ragazzi passano più tempo a ‘messaggiare’ che a parlare con i compagni”.

“Ci sono diversi strumenti che se usati bene possono proteggere i più piccoli – sottolinea Montanari – Il problema è che molto spesso i più piccoli diventano abbastanza svegli per aggirare la restrizione: io, ad esempio, lo divenni presto. Il genitore, e lo dico in quanto tale, deve essere estremamente attento e deve monitorare sempre i contenuti visualizzati e prodotti dal minore, le amicizie virtuali che frequenta e così via. Il mondo cyber è esattamente parte del mondo reale. Così come si controlla con chi il figlio parla o esce, si deve controllare con chi ‘chatta’. Ovvio che ci sono problemi di privacy che vanno opportunamente gestiti”.

Regole e comportamenti.
Per Montanari, “la prima cosa è fornire un’educazione appropriata anche per quanto riguarda il web. Su tutte le piattaforme è possibile bloccare e segnalare determinate persone. I social sono attenti al fenomeno. Il problema in questo caso sono i contenuti pubblicati, visibili a tutti, che possono essere presi e riutilizzati contro il malcapitato su altri social o sullo stesso. In questo caso – evidenzia – rientra l’educazione di chi pubblica. Bisogna entrare nell’ottica che pubblicare contenuti come foto, video o altro senza restrizioni equivale a scendere in piazza e appendere una foto a una parete. Da quel momento in poi, non si è più a conoscenza degli utilizzi che chiunque può fare del contenuto”.
Sulla necessità di una maggiore consapevolezza in rete, Montanari aggiunge: “Bisogna aggiornare drasticamente i programmi didattici per far sì che già dalle scuole elementari si abbia una buona consapevolezza dei pregi e difetti del mondo digitale. Mi ricordo di aver seguito quasi 30 anni fa, alle elementari, seminari di ‘educazione stradale’. Qualcosa di simile si dovrebbe fare per l’educazione digitale. Regole e comportamenti da tenere in rete”.

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Fonte: Sir