Usura e azzardo: Consulta nazionale, “chi comanda in Italia? Le lobby o la politica?”
A 22 anni dalla fondazione, mons. Alberto D'Urso, presidente della "Giovanni Paolo II", ricorda l'impegno al fianco delle vittime e analizza i due fenomeni, strettamente connessi tra di loro, che rovinano un numero sempre più alto di persone e famiglie
Usura e azzardo: due piaghe che mietono sempre più vittime nella nostra società, due piaghe, molto spesso correlate tra loro, conseguenza di una crisi che non vuol finire e di un modo sbagliato di considerare il denaro. Per frenare il fenomeno è in campo, ormai da 22 anni, la Consulta nazionale antiusura Giovanni Paolo II, che in questo tempo ha messo a disposizione di chi cade in questa pericolosa rete “solidarietà e competenza”. Del fenomeno che miete sempre più vittime parliamo con il presidente, mons. Alberto D’Urso.
C’è un dato aggiornato sul numero delle vittime di usura?
«Secondo i dati della Consulta nazionale antiusura, il milione e 400 mila vittime di qualche anno fa è stato abbondantemente superato, perché la crisi non accenna a diminuire e, malgrado si dica che è aumentata l’occupazione, sono in tanti a perdere il posto di lavoro. L’aggravante è che
è tornata di moda l’usura della porta accanto: la persona disperata si rivolge al vicino.
Il bisogno impellente porta alla richiesta, ma poi c’è l’impossibilità di restituire i soldi perché manca il lavoro».
L’usura è spesso legata ad un altro fenomeno: il gioco d’azzardo…
«C’è tutta un’organizzazione che fa sì che il gioco d’azzardo sia proposto con forme sempre nuove e “cattive” perché sono studiate per catturare le persone più fragili dal punto di vista psicologico, affettivo, economico, morale.“Vile, tu uccidi un uomo morto”, disse Francesco Ferrucci a Maramaldo: lo stesso possiamo dire di chi abusa di chi è disperato. È estremamente vigliacco. La cultura di oggi non pone al centro della sua attenzione la persona, ma il consumismo, il profitto. Ugualmente la politica non ricerca, al di là dei proclami, il bene comune. Cavour diceva che quelle sul gioco sono le tasse che i poveri pagano sorridendo».
L’azzardo è ormai un grande business…
«Purtroppo sì. Nei giorni scorsi c’è stato un incontro tra una nostra delegazione, in rappresentanza delle associazioni e fondazioni impegnate nel contrasto all’azzardo, e il sottosegretario al ministero dell’Economia e Finanze, Pier Paolo Baretta, per la questione del riordino del settore. Baretta mi ha detto che le lobby impediscono al mondo politico di realizzare dei passi in avanti. Non possiamo tacere quando si dice che il gioco è sfuggito dalle mani dello Stato, perché significa che qualcuno condiziona, con i suoi interessi e il suo potere, anche i politici che teoricamente sono dalla parte dei poveri, ma praticamente finiscono con l’essere dalla parte dei più forti.
Chi comanda in Italia? Le lobby o la politica?
Noi chiediamo che i presidenti regionali possano legiferare sull’azzardo. Se finora non è andato avanti l’accordo Stato-Regioni sulla regolazione dell’azzardo, che prevede minori poteri per gli enti locali, è stato anche per l’opposizione che c’è stata da parte nostra».
Quali sono attualmente le risposte a livello legislativo e sociale a queste piaghe?
«Per quanto riguarda l’usura noi chiediamo di aggiornare la legge 108 del 1996, estendendo alle famiglie l’accesso alle provvidenze che ricevono già, attraverso l’applicazione dell’articolo 14, le associazioni di categoria. Praticamente se una famiglia cade in usura, non riceve sostegno dallo Stato, mentre lo possono avere le associazioni di categoria. Questi aggiornamenti sono indilazionabili. È anticostituzionale non permettere l’accesso alle famiglie.
Per l’azzardo non ci sono leggi da aggiornare, ma c’è da camminare affinché, un po’ alla volta, anche attraverso gli interventi dei presidenti delle Regioni e le normative dei sindaci, il gioco d’azzardo possa prima essere gradualmente ridotto e poi scomparireperché esso che non produce alcuna esperienza di socializzazione, ma porta solo conseguenze disastrose dal punto di vista economico, della salute e della famiglia che ne risulta disgregata. In questo senso, occorre abolire la pubblicità che abusa della fragilità della gente».
C’è lentezza ad accogliere le vostre richieste da parte del Governo: perché?
«Ci sono degli interessi. Noi facciamo volontariato, senza alcun interesse. Dall’altra parte, ci sono persone che hanno grossi interessi in gioco. Se le nostre tesi venissero accolte, tanti profitti verrebbero annullati. Ma non ci arrendiamo, continuiamo a ricercare, con paziente determinazione, il dialogo. Se non lo facessimo, tradiremmo la nostra missione.L’usura e l’azzardo sono fenomeni sommersi che riguardano tutti, la società, le istituzioni, l’intero sistema economico. Nessuno può chiamarsi fuori».
Da 22 anni la Consulta e le Fondazioni a essa associate sono al servizio delle vittime dell’usura. Qual è il vostro obiettivo?
Come finalità primaria del nostro impegno abbiamo la prevenzione.
Oltre ad aiutare le persone usurate a trasformare un debito usuraio in debito bancario, dobbiamo insegnare loro a dare un giusto valore al denaro, che deve essere un mezzo e non un fine. Inoltre, non dobbiamo dimenticare le motivazioni cristiane che ci sono alla base delle nostre Fondazioni né parlare solo di legalità. Rispetto alla nostra origine cristiana abbiamo da attingere materiale per la formazione dalla Bibbia, dai padri della Chiesa, dal magistero della Chiesa, dalla testimonianza di Santi, basti pensare a Sant’Antonio da Padova e a San Bernardino. Anche il Catechismo della Chiesa cattolica riporta l’attenzione su questi temi».
È possibile recuperare sia l’usurato sia l’usuraio?
«Per me è possibile se si riesce a portare sia la vittima sia l’usuraio all’interno di un cammino progressivo attraverso il quale dare un senso vero alla propria esistenza.È quello che Gesù ha fatto e anche noi tentiamo di fare nelle nostre Fondazioni».