Terra terra… Per un Belpaese ci vogliono persone belle. E accoglienti

Spesso vengono descritte in pagine di racconti e poesia, infinite atmosfere di paesaggio. Descrizioni di ambienti che s’impossessano delle nostre fantasie per soggiogare lo scrittore, il poeta come l’attento osservatore. Ciò significa che quella visione ci è entrata dentro, e viceversa. A voi scegliere il verbo più calzante per chi rimane stupito davanti ad un paesaggio: vedere o guardare? 

Terra terra… Per un Belpaese ci vogliono persone belle. E accoglienti

Comunque lo s’intenda, il paesaggio è costituito da un insieme di componenti: fisici e mentali. Mai assoluto, ma sempre mutevole.
E in questa mutevolezza, gli uomini fanno spesso da padroni: mutano (ma spesso devastano) il paesaggio, senza però rendersi conto della responsabilità che direttamente essi hanno verso quel bene collettivo che è un ambiente.
È possibile creare un borgo. Ma è altrettanto fattibile vedere come una scellerata urbanizzazione, basti ad alterare irreparabilmente ciò che per secoli si è conservato.
Indulgendo su tutti i comportamenti umani che portano alla devastazione più che alla costruzione, è altrettanto vero come siano le persone che abitano un territorio a essere spirito di quel paesaggio. Si dice infatti: “terra accogliente”. “Gente ospitale”. “Popolo gentile”. Termini che spesso inglobano le persone al patrimonio locale.

Così ne deriva che noi quando manifestiamo il nostro bello, arricchiamo di bellezza anche l’ambiente che ci circonda, tanto da impreziosirlo allo sguardo di chi lo viene a visitare.
Per contro, se siamo diffidenti e poco accoglienti, è facile che chi sugge questa atmosfera, esprima un giudizio poco edificante anche sul paesaggio che ha visitato. La cosa può diventare ancor più personale, quando i rapporti sono “conterranei”. Cioè, tra cittadini e concittadini. Paesani e vicini.

Un bel paese, implicherebbe della “bella gente”. E quand’è che si diventa “bella gente”? Quando si è disponibili.
Quando ci si viene in-contro, passando dall’essere “sconosciuti” a conosciuti. Quando il “vicino” è davvero vicino. Il passo poi verso l’amicizia sarà breve.
Questo atteggiamento porta inevitabili energie alla terra stessa, fino a diventare bene immateriale che manifesta il genius loci di una comunità e identifica un territorio. Scusate se è poco!
L’esempio pratico, mi viene fornito da Ines, donna ultranovantenne del mio paese che vive in una casa comunale. Una vecchietta “essenziale” in tutto, che non molto tempo fa mi impietrì, affermando: «A son vecia e con na pension da poco. Non me manca gnente, se non fose che voria un po’ più de compagnia. Qualcuno che anca passando vegnesse dentro par darme un saeudo!».
Cos’è questa sua richiesta se non un “elemosinare un po’ di tempo”! Un’attenzione all’io esisto dentro una comunità. Quanti e quanti anziani vivono e subiscono questa condizione oggigiorno. S’incupiscono, perché il mondo che gli ronza attorno, vede e pensa ad altro.

Resto per questo convinto che un nostro semplice gesto, possa incidere nell’animo di una persona, tanto quanto nello spirito di una comunità.
E aggiungo: un paese felice lo si sente e lo possiamo sentire. Persone positive si assaporano tanto quanto una specialità della cucina locale, e questo è un valore incommensurabile. La nuova “rinascenza” di questo nostro bislacco paese Italia, la immagino più concreta se parte dai cittadini, piuttosto che dai suoi amministratori.
Ecco allora come quella richiesta d’attenzione rivendicata dalla anziana Ines che riassume quella di migliaia di coetanei, in realtà è un grido disperato di attenzione. Un pizzico della nostra attenzione, che potrebbe non solo migliorare il nostro ottimismo, ma ripercuotersi sensibilmente in quel sentire dei turisti in visita al nostro paese e ai suoi paesi.

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