Il vescovo Claudio in visita a Vigonovo, Fossò, Sandon, Tombelle e Galta. Il cantiere pastorale è aperto

Vigonovo, Fossò, Sandon, Tombelle e Galta stanno vivendo proprio in questi giorni il passaggio del vescovo Claudio per la 14a tappa della visita pastorale. Qui gruppi di parrocchie e ministerialità dei laici sono idee già familiari. C'è consapevolezza della realtà e del prossimo futuro che attende la vita ecclesiale Così, in questo quadrante veneziano della nostra Chiesa, i grandi temi della vita diocesana stanno trovando le prime applicazioni. Perché se sulle idee di gruppi di parrocchie e corresponsabilità dei laici tutti sembrano d'accordo, si tratta poi di individuare percorsi comuni per metterle in pratica. Tenendo conto che va anzitutto creata una nuova cultura ecclesiale.

Il vescovo Claudio in visita a Vigonovo, Fossò, Sandon, Tombelle e Galta. Il cantiere pastorale è aperto

Così tanto vicine eppure così diverse. Le cinque comunità veneziane che da venerdì 10 maggio accolgono il vescovo Claudio per la tappa numero 14 della visita pastorale, su un punto però la pensano tutte alla stessa maniera: se la Chiesa di Padova costruirà il proprio futuro sui gruppi di parrocchie, la via giusta è mettere insieme le cinque realtà che in questi giorni condividono la vita di tutti i giorni con mons. Cipolla. Ma come arrivare a questo obiettivo? È qui che il dibattito si apre.

Il nostro breve viaggio in questa terra di confine, ma fortemente padovana dal punto di vista diocesano, parte da Vigonovo, dove di gruppi di parrocchie già si parla in consiglio pastorale (cpp), come racconta Elisa Candian, la vice presidente: «La sfida va accettata, nonostante i campanilismi e la grande disponibilità a donare il proprio tempo alla parrocchia da parte di noi laici che si profila all’orizzonte. Don Francesco (Frigo, parroco qui da tre anni, ndr) ci sta preparando a questo, e in effetti ci stiamo muovendo già in questo senso».

A Vigonovo, dopo anni difficili, si respira un clima di grande speranza. «L’elemento che sta preparando la primavera è l’iniziazione cristiana – spiega lo stesso don Francesco – È vero che i genitori partono quasi per obbligo, ma nell’itinerario cambiano atteggiamento e al termine del cammino chiedono di rimanere: in questo momento 15 famiglie vivono spontaneamente un proprio percorso formativo». Che cosa ha aiutato? Fermarsi a pranzo la domenica, dopo la messa e l’incontro di Ic: «Quattro equipe di volontari preparano il centro parrocchiale e ci troviamo in 50, 60, a volte anche 80 persone».

Per la seconda volta si sono celebrati i sacramenti nella veglia pasquale. «Chiedo ai genitori di presentare i loro figli – spiega don Francesco – È vero che si riduce il mondo adulto attorno al ragazzo, ma così celebriamo qualcosa di vero, senza presenze improvvisate, non sempre scelte in chiave cristiana. I genitori hanno chiesto per i figli il battesimo. Nel momento della cresima chiedo ai ragazzi: “Le senti le mani di mamma e papà? Questo significa che ci sono per te”. Sono momenti molto intensi».

Dopo nove anni di Brasile, come fidei donum al Duque de Caxias, parlare di ministerialità dei laici e gruppi di parrocchia è musica per le orecchie di don Francesco. A una condizione però: «La corresponsabilità dei laici non può essere la strategia per vincere una battaglia. Dobbiamo fare una lunga riflessione sulla dignità dei battezzati. Per il resto non è accettabile chiedersi se i laici siano pronti: in Brasile facevamo molto di più con persone molto meno preparate».
Due minuti di auto e ci troviamo a Tombelle. La parrocchia è piccola solo sulla carta. I tremila abitanti sono tutti giovani, le famiglie hanno bimbi in età scolare, 50 per annata, il rapporto battesimi-funerali è 40 a 16 in favore dei primi, nel 2018. Alla festa della famiglia di domenica 12, il vescovo ha l’opportunità di toccare con mano la voglia di comunità, di partecipare, di esserci e di fare. «Se c’è un passaggio che più di altri ci ha interrogati nella preparazione – riflette don Fabio Fioraso – è la qualità delle relazioni. Stiamo molto bene insieme, ora dobbiamo uscire per le case di quelle giovani coppie che si trasferiscono qui e accoglierle».

Parole confermate dal vice presidente del cpp Tito Zanella: «Sogno che tra cinque anni la nostra parrocchia sia esattamente com’è ora, come quando a messa ci prendiamo per mano al Padre nostro e sentiamo pulsare le nostre relazioni. Ma questa visita ci sta lasciando una parola chiave: “ministerialità”. A Tombelle ci crediamo molto, ma va vissuta come una vocazione. Il rischio? Se non ci sarà più un parroco residente a moderare i legami, possono generarsi delle cricche negli ambiti e nei gruppi pastorali».

Il lavoro, in questo senso, è approntato da anni in cpp, riprende don Fabio: «La ministerialità la devono capire i preti: i laici non sono i loro supplenti, hanno un loro specifico». Un esempio? Le lectio di Avvento e Quaresima, a Tombelle sono state tenute da una coppia di coniugi e molto si spera nel vivissimo centro parrocchiale Noi Emmaus e negli oltre trenta over 18 attivi in parrocchia. E quando il parroco non c’è? Il diacono o un ministro straordinario presiedono i vespri o la liturgia della parola. Da cinque anni, questo accade regolarmente il martedì e il giovedì all’orario di messa. La cultura ministeriale si crea anche così. «E la visita pastorale ha permesso un primo incontro per ambiti in questo gruppo di parrocchie – conclude don Fioraso – con un unico referente a comporre un piccolo coordinamento. La prima impressione è stata positiva e tutti hanno chiesto di continuare»

Fossò e Sandon condividono da alcuni anni i preti e nello specifico don Claudio Savoldo, parroco, e don Mirko Gnoato. Sandon si sta allenando alla condizione di parrocchia senza parroco residente, già oggi diffusa, in futuro ancor più. «Stiamo aspettando con gioia il vescovo Claudio – racconta il vice del cpp Luca Bertellini – Speriamo di avere con lui un confronto serio e concreto. Sono moltissime le riflessioni che possiamo mettere in campo, ma la domanda vera è: come possiamo oggi noi, con la vita frenetica e i tempi contingentati che abbiamo, come possiamo essere davvero testimoni significativi non solo all’interno della comunità ma nella società?»

Anche a Fossò il vescovo Claudio trova la festa della famiglia, declinata in chiave comunitaria, lungo la settimana dall’11 al 19 maggio. «Stiamo vivendo un momento di passaggio molto delicato – spiega in canonica il parroco, don Claudio – Prepararci a questa visita ci ha permesso una lettura molto utile, ma non è semplice scavare in profondità le motivazioni di una presenza cristiana, di una fede radicata. La dinamica da social network è ormai preponderante».

Si respira l’esigenza di andare alle radici, di recuperare il senso di un vitalità che certo esiste, in termini di Caritas (con il centro d’ascolto parrocchiale), di Iniziazione cristiana (con le famiglie che hanno pienamente accolto il nuovo modello), ma anche con un’opera unica in diocesi: «Siamo segretamente impegnati a tentare di accompagnare una categoria di persone implicate con la legge che nel passato si sono lasciate prendere dal desidero di facili guadagni e si sono lasciati andare». Questa infatti è stata a lungo terra di mafia. La Mala del Brenta degli anni Novanta ha lasciato dietro di sé una lunga scia di delitti e di famiglie spezzate, con congiunti in carcere. La comunità cristiana fa il suo per recuperare alla vita questi uomini. E i giovani?

«Nella canonica di Sandon abbiamo dato vita a una serie di cene informali con i ragazzi – racconta don Mirko Gnoato – Siamo convinti che più che la predicazione è stare insieme che stimola negli under 30 la curiosità di conoscere Gesù. Alla fine, senza prevederlo, siamo finiti a parlare di lui in tutte le occasioni. Un’esperienza da continuare».

Infine Galta. «Qui la comunità cristiana ha bisogno di rigenerarsi – spiega il vice del cpp Armando De Gregorio – Non tanto come partecipazione alla messa domenicale, ma come coinvolgimento delle famiglie. Questa visita capita nel momento giusto, abbiamo bisogno che il vescovo ci confermi nella fede e ci aiuti come cpp rinnovato e motivato nel cammino verso una parrocchia aperta, in collaborazione con quelle vicine, con laici impegnati e corresponsabili».

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