Voci e cuori rivolti al santo che s’innamorò della povertà. La corale di San Vito di Valdobbiadene ad Assisi

La Corale Santa Cecilia, di San Vito di Valdobbiadene, ad Assisi. Tre giorni culminati con il canto nella Chiesa Superiore della Basilica di San Francesco.

Voci e cuori rivolti al santo che s’innamorò della povertà. La corale di San Vito di Valdobbiadene ad Assisi

“Alto e glorioso Dio illumina il cuore mio, dammi fede retta, speranza certa, carità perfetta. Dammi umiltà profonda, dammi senno e cognoscimento”. Per la Corale Santa Cecilia di San Vito di Valdobbiadene, in trasferta ad Assisi, è stata un’emozione forte cantare davanti al Crocefisso che parlò a San Francesco con le stesse parole che il Santo gli rivolse

La Corale diretta da Maria Vanzin, assieme a parenti, amici e simpatizzanti, era nella Chiesa di Santa Chiara, dove il crocifisso è custodito. Il canto era fuori programma, suggerito solo dal cuore, per rendere ancora più bella la preghiera di san Francesco con l’armonia delle quattro voci.

Era invece programmata fin nei minimi particolari la Santa Messa solenne di domenica 30 giugno, nella Chiesa Superiore della Basilica di San Francesco, ripresa e trasmessa in diretta dalle reti di comunicazione francescane. Qui, nella cornice straordinaria degli affreschi di Giotto, che raffigurano i fatti principali della vita del Santo, cantare è stata un’altra forte emozione ed un grande privilegio. 

Gli occhi cercavano la raffigurazione di Francesco che si spoglia degli abiti paterni, mentre veniva cantata “Madonna povertà”, di cui Francesco “s’innamorò perdutamente”, e “tutto seppe darle per conquistarle il cuore”. La mente andava anche al giorno prima, quando durante la visita della chiesa di San Damiano, luogo che parla della vita di san Francesco e di santa Chiara, un giovane frate sorprese tutti: “Avevo una fidanzata, un lavoro, avevo tutto, ma mi mancava sempre qualcosa. Ora non ho più nulla, ma ho tutto”. 

Occhi e mente continuavano a cercare con il canto “Benedicat”, che riprende la benedizione di Francesco a Frate Leone: le raffigurazioni giottesche dei primi frati lo richiamavano; lo richiamava specialmente il cuore della Basilica che custodisce le spoglie mortali del Santo, circondato dai suoi primi frati e, tra questi, Frate Leone. Il testo è una benedizione per chi canta e per chi ascolta: “Il Signore ti benedica e ti custodisca, mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te; rivolga verso di te il suo sguardo e ti dia pace”.

Il giorno prima per il gruppo c’era stata un’immersione nello spirito francescano, un andare nei luoghi dove tutto ebbe inizio: San Damiano, di cui già si è già detto; la Porziuncola, la piccola chiesa che è considerata la culla dell’Ordine francescano, luogo di preghiera per Francesco e i suoi primi compagni, luogo del “perdono di Assisi”. A fianco la piccola comunità francescana viveva in capanne fatte di frasche, e lì San Francesco morì adagiato sulla nuda terra. Ancora, la chiesa di Santa Chiara, dove sono custodite le spoglie della Santa e importanti reliquie. 

Nella chiesa di Rivotorto, che contiene la piccola casa di pietra che era il rifugio di Francesco e dei suoi frati, la Corale ha cantato durante la Santa Messa prefestiva. Una sorta di prova generale in vista della Messa solenne del giorno dopo. Qui è stato lasciato, oltre al canto, un dono realizzato dall’artista della Corale, Antonio Todoverto: su un’antica tavola di legno è impressa l’immagine di San Francesco che si rivolge all’ “Altissimo bon Signore” come in un volo d’uccelli. L’artista dice che il legno già conteneva l’immagine, bastava solo tirarla fuori. Per ciascuno della Corale Santa Cecilia significa aver saputo tirar fuori le cose migliori: la bellezza del canto e della lode, la gioia della vita e dell’amicizia.

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