Chiesa nel mondo

La Pasqua in Siria, dopo 13 anni di guerra e il devastante sisma del 6 febbraio scorso. A raccontarla al Sir è l'amministratore apostolico di Aleppo, il francescano Raimondo Girgis: "questa Pasqua è anche un inno di grazie a Dio che ci ha salvati dalla morte. Non ci facciamo intimorire dalla morte. La Pasqua ci ricorda che siamo i figli della Luce”. E allora chiese agibili aperte, riti pasquali confermati, confessioni e preghiere come tradizione. Nonostante le scosse che continuano

“Stare, senza fuggire, nel luogo della morte – il sepolcro – sul luogo del fallimento, dell’impossibilità della vita” è “la condizione che rende possibile la nuova nascita, la vita nuova” che viene dalla Resurrezione di Gesù: ruota intorno a questa riflessione l’omelia della Veglia di Pasqua che si è celebrata questa mattina, alla basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme, presieduta dal patriarca latino Pierbattista Pizzaballa. 

Papa Francesco, a causa del freddo intenso di questi giorni, ha seguito la Via Crucis al Colosseo dalla sua residenza a Santa Marta. Al centro delle meditazioni che hanno scandito il rito al Colosseo, il dramma del conflitto in Ucraina, che ha superato l’anno di guerra, e dei tanti altri Paesi dove ancora non cessa il fragore delle armi, ma anche la tragedia dei migranti. Alla fine, la preghiera dei "14 grazie", letta dal card. De Donatis

Lancio di razzi, stanotte, dalla Striscia di Gaza e raid aerei israeliani in risposta. Violente esplosioni nel sud del Libano. I giorni della Pasqua cristiana, della Pesach ebraica e del Ramadan islamico, sono segnati da un aumento di tensione che rischia di infiammare tutto il Medio Oriente. Il Sir ha parlato con padre Romanelli, parroco di Gaza, dove vive una minuscola comunità cattolica che sta celebrando la Pasqua sotto le bombe

Intervista al Sir del Custode di Terra Santa, padre Patton, che racconta come i cristiani locali si apprestano a vivere la Pasqua nonostante il clima di tensione e di attacchi avvenuti nelle settimane scorse. Appello per la Colletta per la Terra Santa che si celebra oggi in tutte le chiese cattoliche del mondo.

Alla vigilia della Pasqua e a quasi due mesi dal sisma, parla da Iskenderun il vicario apostolico dell’Anatolia, mons. Paolo Bizzeti: “Noi, nella Pasqua, ci siamo immersi da quasi due mesi, perché il terremoto è stato ed è tuttora un mistero di morte e di vita che si combattono”. Ripensando alla Via Crucis di Gesù, mons. Bizzeti indica in particolare le stazioni in cui “Gesù cade e si rialza. Non cade una volta sola ma varie volte”. “L’augurio – dice - è che tutti siano impegnati a trasformare la morte in una occasione di vita, di solidarietà, di speranza. Non dobbiamo lasciarci sopraffare dalla paura della morte e dalle cadute perché insieme ci si può sempre rialzare”.

Mons. Paolo Pezzi, arcivescovo di Mosca, commenta la preghiera di Papa Francesco, all'udienza generale di mercoledì 5 aprile, per le mamme dei soldati ucraini e russi, morti sul fronte. “Tutti i morti in guerra non hanno più colore, non hanno più segni distintivi. L’unico segno è il cuore grondante di sangue che grida e che si eleva a Dio perché li accolga nel suo Regno”. E aggiunge: “La voce del Papa non ha mai smesso di arrivare in Russia”. “Si può non essere d’accordo con lui, si può pensarla diversamente ma certamente si riconosce in lui un uomo vero, un uomo di Dio”

“Le nostre donne sono coraggiose. Dall’inizio della guerra hanno affrontato con grande coraggio e con forza questo momento difficile che stiamo vivendo nel paese. Ma soffrono e assomigliano davvero alla madre di Dio che è rimasta ai piedi della Croce”. E’ mons. Oleksandr Yazlovetskiy, vescovo ausiliare della diocesi di Kiev-Zhytomyr, e presidente della Caritas-Spes, a parlare delle mamme non solo dei soldati morti sul fronte, ma dei bambini uccisi, deportati, feriti. “Sto celebrando funerali”, racconta il vescovo, “e posso dire che le persone che piangono e soffrono di più, sono le mamme”.

Il Papa che dalla sua postazione si avvicina, aiutandosi con il bastone, alla pedana sopraelevata dove sono collocati i 12 ragazzi e ragazzi del carcere minorile di Casal del Marmo. Poi lava, asciuga e bacia i piedi di ciascuno. È il momento culminante della Messa in Coena Domini, presieduta e celebrata da Francesco, che torna per la seconda volta, dieci anni dopo, nell’istituto penitenziario romano scelto due settimane dopo l’elezione a papa per il rito del Giovedì Santo.

Il Papa ha dedicato l'omelia della Messa del Crisma alle due unzioni dello Spirito Santo, centrali nella vita dei sacerdoti. No alla "doppiezza clericale", alle divisioni con cui "si fa il gioco del nemico", alle cordate e alle polarizzazioni.  Un grazie corale ai sacerdoti. A quelli in crisi: "Coraggio!".

Dopo 10 anni, il pontefice torna nell'istituto minorile di Casal del Marmo, dove domani laverà i piedi a 12 ragazzi detenuti, di diverse nazionalità, “nel segno solidale della fratellanza, un invito a dir loro che 'siamo fratelli', con l’incoraggiamento a riprendere in mano la bellezza della loro vita”