50 anni del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa. Il Messaggio della Presidenza

"Il nostro Organismo vede oggi rafforzata la sua missione e urgente la sua presenza discreta ma efficace: si tratta della persistente scristianizzazione dell’Europa, a cui si aggiunge la perniciosa pandemia che tocca le persone nella salute, nella famiglia, nell’economia e nel lavoro, nelle relazioni sociali: perfino nella vita religiosa"

50 anni del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa. Il Messaggio della Presidenza

Cari Confratelli nell’Episcopato, con gioia la Presidenza del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), si rivolge a voi nel cinquantesimo anniversario della sua istituzione. 

Nel giorno dell’Annunciazione alla Vergine Maria, il 25 marzo del 1971, la Congregazione per i Vescovi approvò le Norme direttive ad experimentum, norme che, in seguito, furono precisate e rese definitive da San Giovanni Paolo II nel 1995. L’Organismo nacque sotto lo sguardo della Madre di Cristo e della Chiesa, che sarà poi venerata come Regina dell’Europa.

Il vento del Concilio Vaticano II continuava a soffiare sulla barca della Chiesa guidata dal Successore di Pietro, san Paolo VI, e il senso della collegialità episcopale, “cum et sub Petro”, dava nuovo slancio alla missione apostolica. Anche nel Continente europeo si sentiva il bisogno di rafforzare gli sforzi della evangelizzazione a fronte delle grandi sfide che il cambio culturale del ’68 aveva innescato.

Favorire l’incontro delle Conferenze Episcopali, la reciproca conoscenza, lo scambio di esperienze, un nuovo annuncio di Cristo, la pastorale e il suo futuro, si presentavano come momenti necessari di fronte all’incalzare di nuovi modi di pensare e di agire. In questo orizzonte, il CCEE fu un segno della attenzione della Chiesa verso il mondo in cambiamento. Lo sguardo su tutto il Continente, occidentale e orientale, era anche profezia di ciò che sarebbe accaduto nel 1989 con la riunificazione europea: una unificazione non esterna, ma insita nella sua cultura e spiritualità.

La composizione del Consiglio si allargò negli anni: ai Presidenti delle 33 Conferenze episcopali furono accorpati anche i Vescovi che non appartengono ad una Conferenza specifica: gli Arcivescovi del Granducato di Lussemburgo, del Principato di Monaco, di Cipro dei Maroniti e i Vescovi di Chişinău nella Repubblica della Moldavia, dell’Amministrazione Apostolica dell’Estonia e dell’Eparchia di Mukachevo.

La rete presto si consolidò, e fu parte viva dei due Sinodi dei Vescovi d’Europa, nel 1991 e 1999. La vita e la vitalità del CCEE si nutrono di preghiera e di appuntamenti consolidati. Non è possibile fare un bilancio di questi anni, ma non possiamo tacere dieci simposi, tre assemblee ecumeniche, cinque forum cattolico-ortodossi, cinquanta assemblee plenarie (dal 1995 con i presidenti delle Conferenze episcopali), gli incontri con i segretari generali, degli addetti stampa e dei portavoce, gli incontri delle commissioni su tematiche emergenti. Insieme a documenti e comunicati puntuali, si è così espressa la vicinanza cordiale e attenta della Chiesa all’amato Continente europeo. In questa circostanza, è doveroso e ci è caro ringraziare tutti i presidenti, i vicepresidenti, i responsabili delle Commissioni, i segretari generali, e quanti – sacerdoti e laici – hanno servito generosamente il CCEE: tutto è scritto nel libro di Dio.

Il nostro Organismo vede oggi rafforzata la sua missione e urgente la sua presenza discreta ma efficace: si tratta della persistente scristianizzazione dell’Europa, a cui si aggiunge la perniciosa pandemia che tocca le persone nella salute, nella famiglia, nell’economia e nel lavoro, nelle relazioni sociali: perfino nella vita religiosa. A ciò si aggiunge anche l’avanzare di una cultura individualista che spinge a ritirarsi in micromondi, con ricadute sui popoli, gli Stati e i continenti: basta pensare ai movimenti migratori, e a un certo scetticismo nei confronti della fatica di camminare insieme.

Quanto più sembra scomparire Dio dall’orizzonte dell’uomo moderno, e crescere l’inquietudine esistenziale, paure e spinte divisive, tanto più la Chiesa è chiamata ad annunciare Cristo nostra speranza, e a testimoniare la via della comunione e della collaborazione, via che non annulla le differenze ma le rispetta e le valorizza in superiore armonia.

Oggi, sembra diffusa una certa diffidenza verso la ragione, e questo spiega, in parte, la difficoltà della fede a trovare attenzione nelle menti e spazio nei cuori. Ne consegue lo smarrimento circa l’identità della persona umana con ricadute etiche e sociali rilevanti: ciò è evidente anche con la crisi demografica diffusa, una incerta cultura della vita nella sua intera parabola, la percezione della libertà come assoluto individualista, il bisogno di una educazione integrale e armonica.

In modo particolare, in questo momento, è necessario porre attenzione al dialogo fra tutte le religioni come base per la costruzione di un mondo fraterno, nonché un urgente impegno verso il creato di cui siamo custodi. Sfide, queste, sulle quali Papa Francesco richiama l’attenzione e offre indicazioni operative.

Annunciare la persona di Cristo significa aprire il cuore dell’umanità, la sua intelligenza alla realtà intera, e ritrovare il vero volto di ogni persona, il fondamento ultimo della sua dignità e del diritto; significa annunciare il suo futuro e quindi il senso del presente.

In tale prospettiva, gli incontri e le collaborazioni con le altre confessioni cristiane sono dimensioni preziose e necessarie che il CCEE ha negli anni perseguito e intensificato, nel segno dello stesso Signore Gesù e avendo a cuore la salvezza dell’umanità. Anche i rapporti stabiliti con le altre religioni hanno il medesimo scopo e sono sorretti da grande fiducia.

Non possiamo tacere, a lode di Dio e incoraggiamento nostro, che, anche il deserto fiorisce. Il “deserto spirituale” che sembra definire il Continente, più in profondità contiene dei germogli che commuovono; infondono fiducia ed entusiasmo nell’annuncio integrale del Vangelo. Sotto la superficie, infatti, vive uno stuolo di persone di ogni età che cercano il senso dell’esistenza e sentono nostalgia di Dio. Anche l’emergenza pandemica spinge a riscoprire la caducità dell’essere umano, la fugacità del tempo, e acuisce la nostalgia di un “oltre” che è Dio, e che Gesù ha rivelato.
Il desiderio della Parola di Dio, della fede, dell’Eucaristia, della preghiera, della devozione alla Santa Vergine, della comunità cristiana, circola in molti cuori che, per vie misteriose, si incontrano, si collegano e si sostengono per il bene di tutti. In questo senso, è l’ora di un risveglio delle coscienze, risveglio forse lento ma inarrestabile. È uno dei segni che confermano che lo Spirito del Risorto soffia sempre sulla barca della Chiesa.

In questo orizzonte di speranza, vogliamo invitare tutti i pastori a pregare gli uni per gli altri, e a far pregare le comunità cristiane con una particolare intenzione in una domenica nella Santa Messa. La nostra preghiera sarà sostenuta dai Santi Patroni d’Europa: Caterina, Brigida, Teresa Benedetta della Croce, Benedetto, Cirillo e Metodio.

Mentre rinnoviamo la nostra comunione con il Santo Padre Francesco, guardiamo a Maria che accoglie l’annuncio del Verbo che si fa carne, e facciamo un corale atto di fede nel Risorto. Egli è al nostro fianco come sulla via di Emmaus: ci ascolta, ci illumina, ci invita a cenare con Lui, ci ristora con la sua presenza. Noi facciamo nostra l’invocazione dei discepoli: “Resta con noi, Signore, perché si fa sera”, ed Egli continua a dirci: “Non temete, io sono con voi”.

S.Em. Angelo Card. Bagnasco
Arcivescovo emerito di Genova
Presidente del CCEE

S.E. Mons. Stanisław Gądecki
Arcivescovo di Poznań
Vice-Presidente del CCEE

S.Em. Vincent Card. Nichols
Arcivescovo di Westminster
Vice-Presidente del CCEE

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir