Alla festa del Signore. Tutti sono chiamati alla festa, nessun ostacolo per entrare, se non l’esplicito rifiuto da parte dei chiamati

Ricorda il Papa: “non basta accettare l’invito a seguire il Signore, occorre essere disponibili a un cammino di conversione, che cambia il cuore”.

Alla festa del Signore. Tutti sono chiamati alla festa, nessun ostacolo per entrare, se non l’esplicito rifiuto da parte dei chiamati

Per la terza domenica consecutiva il Vangelo ci propone una parabola sul rifiuto di Cristo da parte di coloro cui era stato rivolto l’invito; ha davanti a sé i capi dei sacerdoti e i farisei. Si trova nel tempio di Gerusalemme; sono gli ultimi giorni della sua vita terrena e si avvicina l’ora della passione. Ancora una volta si rivolge a coloro che lo stanno ascoltando, che stanno tramando contro di lui per toglierlo di mezzo, per metterlo a tacere una volta per tutte. Alla forza della violenza Gesù oppone la forza disarmante della parola; al linguaggio della menzogna e dell’inganno oppone quello della verità.

Due immagini fanno da sfondo al brano di Matteo, al re che prepara il banchetto per le nozze del figlio, e manda i servi a invitare le persone. La prima immagine è proprio il re che nonostante i primi rifiuti degli invitati – “non volevano venire”, “non se ne curarono” – manda nuovamente i suoi servi, i quali vennero maltrattati, insultati e uccisi. Per due volte, di fronte ai “no”, il re non viene meno alla sua generosità e manda così, per la terza volta, i suoi servi a invitare quanti si trovano ai crocicchi delle strade, dove l’uomo vive e lavora quotidianamente. Spiega Francesco all’Angelus: così si comporta il Signore: “quando è rifiutato, invece di arrendersi, rilancia e invita a chiamare tutti quelli che si trovano ai crocicchi delle strade, senza escludere nessuno. Nessuno è escluso dalla casa di Dio”.

Matteo, scrivendo di crocicchi, fa riferimento ai luoghi “fuori dall’abitato, dove la vita è precaria”. È lì che i servi del re trovano gente disposta a sedersi alla mensa. La sala del banchetto allora, ricorda il Papa, “si riempie di ‘esclusi’, quelli che sono ‘fuori’, di coloro che non erano mai sembrati degni di partecipare a una festa, a un banchetto nuziale”.

Chiama tutti il re, buoni e cattivi; tutti sono invitati al banchetto. “Gesù andava a pranzo con i pubblicani, che erano i peccatori pubblici, erano i cattivi. Dio non ha paura della nostra anima ferita da tante cattiverie, perché ci ama, ci invita”.
È l’immagine cara a Papa Francesco, la Chiesa in uscita, chiamata a raggiungere “i crocicchi odierni, cioè le periferie geografiche ed esistenziali dell’umanità, quei luoghi ai margini, quelle situazioni in cui si trovano accampati e vivono brandelli di umanità senza speranza. Si tratta di non adagiarsi sui comodi e abituali modi di evangelizzazione e di testimonianza della carità, ma di aprire le porte del nostro cuore e delle nostre comunità a tutti, perché il Vangelo non è riservato a pochi eletti. Anche quanti stanno ai margini, perfino coloro che sono respinti e disprezzati dalla società, sono considerati da Dio degni del suo amore”. Al re, al Signore, interessa solamente che la festa riesca e che ci sia numerosa partecipazione, che non resti nessun posto vuoto. Per questo apre il suo banchetto a “giusti e peccatori, buoni e cattivi, intelligenti e incolti”.

C’è una seconda immagine nel brano di Matteo, e cioè l’invitato che non indossa l’abito nunziale. Il re entra nella sala e si accorge che uno di loro non ha l’abito giusto, ricevuto in dono al suo ingresso: una mantellina, dice Francesco all’Angelus. Rifiutato quel dono “si è autoescluso: così il re non può fare altro che gettarlo fuori. Quest’uomo ha accolto l’invito, ma poi ha deciso che esso non significava nulla per lui: era una persona autosufficiente, non aveva alcun desiderio di cambiare o di lasciare che il Signore lo cambiasse”. Quell’abito simboleggia la coerenza tra fede e opere, la misericordia che Dio dona, ricorda il Papa: “non basta accettare l’invito a seguire il Signore, occorre essere disponibili a un cammino di conversione, che cambia il cuore”.

Tutti sono chiamati alla festa, nessun ostacolo per entrare, se non l’esplicito rifiuto da parte dei chiamati; nessuno sarà cacciato se non per l’aver disprezzato l’abito nuziale, il “dono gratuito del suo amore, la grazia”. È quanto hanno fatto i santi che hanno accolto l’abito e lo hanno conservato puro; è quanto ha fatto Carlo Acutis, ragazzo quindicenne, beatificato a Assisi. “Non si è adagiato in un comodo immobilismo”, ricorda il Papa. Ha colto “i bisogni del suo tempo”. La sua testimonianza indica ai giovani che “la vera felicità si trova mettendo Dio al primo posto, e servendolo nei fratelli, specialmente gli ultimi”.

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Fonte: Sir