Anziani soli, stranieri e minori sempre più poveri. Caritas: “Servono riforme strutturali”

Aumenta la povertà degli anziani soli, degli stranieri, dei giovani under 34 e dei minori, soprattutto nel Meridione. La presenza in Italia di 5,6 milioni di persone in povertà assoluta è il segno che la situazione si sta cronicizzando. Eppure le soluzioni per invertire il trend ci sarebbero, come spiegano Federica De Lauso e Nunzia De Capite, di Caritas italiana, a margine del 42° Convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso in questi giorni a Rho (Milano)

Anziani soli, stranieri e minori sempre più poveri. Caritas: “Servono riforme strutturali”

Nel mondo Caritas suona sempre più forte il campanello d’allarme per la crescita della povertà economica in Italia. Segnali che spronano gli operatori a mettere in campo nuove strategie e ad indicare politiche mirate alle istituzioni. Con 5,6 milioni di persone in povertà assoluta, si è arrivati ai livelli più alti dal 2005. Ogni anno il record è sempre più in negativo e non solo per effetto della pandemia. Significa che la situazione si sta cronicizzando. A stare peggio sono gli anziani soli, gli stranieri, i giovani under 34 e i minori, soprattutto nel Meridione. E’ cresciuta, in particolare la povertà relativa delle persone sole over 65, dal 4,4% del 2020 al 6,6% del 2021 (dati Istat). Gli stranieri in povertà assoluta sono oltre 1 milione e 600.000, con una incidenza pari al 32,4%, ossia uno straniero su 3 è povero, quattro volte peggio degli italiani poveri che raggiungono il 7,2% della popolazione. “Nel 2021 ci si aspettava un miglioramento dei dati, invece al sud la situazione è peggiorata e prosegue con l’aumento dei costi del gas e dei carburanti”, conferma al Sir la sociologa Federica De Lauso, ricercatrice dell’ufficio studi di Caritas italiana, a margine del 42° Convegno nazionale delle Caritas diocesane in corso fino al 23 giugno a Rho (Milano). Sono 547 i partecipanti, in rappresentanza di 165 diocesi (su un totale di 218), riuniti nei padiglioni della Fiera per discutere di come “Camminare insieme sulla via degli ultimi”.

Gli stranieri, ad esempio, “hanno sempre fatto fatica sul versante abitativo, per pagare le bollette, perché con lavori precari e meno tutele”, spiega De Lauso. Con la pandemia la situazione è peggiorata: “i lockdown e le restrizioni hanno bloccato i lavori in nero e la bassa manovalanza e molti di loro non riescono ad accedere al Reddito di cittadinanza perché c’è il vincolo dei 10 anni di cittadinanza italiana”.

Il dato in crescita degli anziani in povertà relativa (calcolata sui consumi anziché sull’accesso al paniere di prodotti come la povertà assoluta), invece, “significa che stanno consumando molto meno a causa dell’aumento dei prezzi per l’inflazione”. Ciò che tiene a sottolineare la sociologa è però l’aspetto “multidimensionale” della povertà, che non è solo economica e tocca il lavoro (molti sono working poor), la casa, la salute, il disagio psicologico esploso con la pandemia e la povertà educativa.

Eppure le soluzioni ci sarebbero e la Caritas e il Terzo settore sono sempre in prima linea per indicare le soluzioni. Per gli anziani è stato lanciato proprio in questi giorni, insieme a 50 organizzazioni cattoliche e laiche, un  “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza”, con una lettera al Presidente Draghi ed ai Ministri Speranza e Orlando che contiene richieste precise, in vista del Disegno di Legge Delega per la riforma per l’assistenza agli anziani non autosufficienti, che il governo dovrà presentare entro l’estate, secondo i i tempi del Pnrr.

In Italia sono 3,8 milioni gli anziani non autosufficienti, con ricadute pesanti sulle rispettive famiglie.

Che spesso non sanno a chi rivolgersi per chiedere aiuto e sono costrette ad organizzarsi privatamente, spendendo di tasca proprio per pagare badanti e assistenza.

Una riforma per gli anziani non autosufficienti. “Chiediamo di avviare al più presto la riforma per la non autosufficienza – afferma al Sir Nunzia De Capite, sociologa dell’ufficio studi di Caritas italiana -.

Se non si agisce oggi con veri cambiamenti strutturali che preparino il futuro il problema esploderà, visto che tra dieci o venti anni gli anziani aumenteranno.

Oggi il sistema è veramente iniquo e complicato. Non c’è coordinamento degli interventi tra sociale e sanitario, perché una parte è affidata ai Comuni e l’altra alle Asl. La riforma propone l’istituzione di un Sistema nazionale per l’assistenza degli anziani, ossia una regia nazionale tra i Ministeri della Salute e del Lavoro e a livello locale tra Asl, Comuni e Terzo settore, ossia una governance coordinata”.  In sostanza, i familiari degli anziani potrebbero rivolgersi ad un punto unico d’accesso che valuterebbe i bisogni per dare la possibilità di accedere alle varie misure, tra cui l’indennità di accompagnamento e i vari servizi socio-sanitari come l’assistenza domiciliare, infermieristica o medica oppure situazioni residenziali come le Rsa o semi-residenziali. “Proponiamo anche di valutare la misura dell’indennità sulla base delle condizioni economiche e dei bisogni – precisa De Capite – e di prevedere badanti con percorso certificato. Ora siamo in attesa della legge delega, poi entro il 2023 la cornice generale di riforma e i decreti delegati per l’attuazione”.

Riguardo alla povertà assoluta degli stranieri la Caritas chiede “l’abbassamento a 5 anni del vincolo della cittadinanza per poter usufruire del Reddito di cittadinanza e di rendere accessibile il salario minimo nei settori dell’alberghiero e nell’agricoltura”. Studi recenti hanno verificato che i tre quarti delle persone povere non riescono ad usufruire del Reddito di cittadinanza. “Perciò dobbiamo ragionare sui criteri di accesso – puntualizza De Capite -, sui percorsi di accompagnamento e di inserimento lavorativo.

L’inversione del trend di poveri in aumento, si può ottenere “solo agendo ora sulle cause con riforme strutturali del mercato del lavoro e sulla non autosufficienza – conclude -, con il sostegno al reddito per le famiglie con working poor e percorsi di addestramento al lavoro per i giovani”, visto che in Italia i Neet che non studiano né lavorano sono circa 2 milioni.

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Fonte: Sir