"Caritas e pastorale sociale devono lavorare sempre di più insieme". Lo dice con forza don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana

Insieme, in uscita, verso le periferie, oltre gli steccati, per essere espressione della stessa Chiesa. In occasione del quinto seminario estivo dei direttori degli uffici diocesani di pastorale sociale e del lavoro, che si è tenuto a Greccio a inizio luglio, una sessione è stata dedicata al rapporto tra pastorale sociale e Caritas.

"Caritas e pastorale sociale devono lavorare sempre di più insieme". Lo dice con forza don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana

In cammino verso la prossima Settimana sociale dei cattolici italiani, che si terrà a Taranto nel 2021 e che sarà dedicata ai temi ambientali alla luce della Laudato si’, sempre più organismi diversi ma attigui saranno chiamati a parlarsi, a collaborare, a fare rete.

Don Francesco Soddu, direttore nazionale di Caritas italiana, nel suo intervento ha ricordato l’importanza di questo dialogo: «C’è una necessità assoluta non tanto di coinvolgere insieme le Caritas, gli uffici di pastorale sociale e anche quelli di pastorale giovanile, ma soprattutto di ricordarci la prospettiva fondamentale di un lavoro che sia pienamente ecclesiale, nella misura in cui questa consapevolezza ci permette di capire che non siamo divisi da compartimenti stagni, ma che siamo a servizio della comunità cristiana e anche della comunità civile».

C'è un’unica comunità da servire, in altre parole: «La Laudato si’, al numero 13, traccia la sfida urgente per la nostra casa comune, per uno sviluppo sostenibile e integrale. Sappiamo che tutto può cambiare e che si può combattere la cultura dello scarto. Vanno ripensati non solo gli stili di vita, ma anche le scelte economiche, per una prospettiva che tenga conto del futuro e che si interroghi su che tipo di vita vogliamo trasmettere a chi verrà dopo di noi».

Il direttore di Caritas italiana ha ricordato l’opzione preferenziale verso i più poveri e l’urgenza di riattivare, tutti insieme, la dimensione della solidarietà: «È una parola che non va banalizzata né frenata: dobbiamo ripartire dal bene comune ripetendoci la funzione profetica che hanno i gesti di carità. La carità non si esaurisce con la Caritas e altri uffici, è qualcosa di più grande, che supera gli interventi più sporadici e si mostra come azione più vasta, capace di cambiare la società. E allora diviene giustizia».

Proprio sull’incontro tra carità e giustizia, ben delineato dal Concilio Vaticano II, si aprono le piste più interessanti per il futuro lavoro comune di Caritas e pastorale sociale. «Possono scaturire nuove piste di impegno per la progettazione socio-pastorale, anche in vista del rapporto con le istituzioni e i territori. Questa collaborazione proficua tra Caritas e pastorale sociale può partire proprio dalle parrocchie: entrambe possono riaffermare con coraggio, anche andando contro corrente, la forza del dialogo e delle relazioni. Serve una nuova cultura popolare cristiana, intessuta di pratiche sociale, gesti di profezia, modelli che sappiano evangelizzare la vita. Non abbiamo né ricette né strumenti, ma abbiamo il grande messaggio del Vangelo e del magistero della Chiesa».

Questa collaborazione tra realtà diverse esiste già da decenni, si pensi al progetto Policoro che vede coinvolte pastorale sociale, pastorale giovanile e Caritas, offrendo percorsi di evangelizzazione e di gesti concreti per dare ai giovani la possibilità di realizzarsi e di lavorare. Ma questo ora non basta più: «La crisi ha accentuato i cambiamenti in economia, acuendo le differenze e togliendo tutele ai giovani. La Chiesa, di fronte alle sfide del nostro tempo, può richiamare il principio fondamentale della dottrina sociale, la sussidiarietà, riscoprendo nei territori risorse alternative a quelle consuete».

Il percorso di lavoro comune si annuncia lungo e ricco di incognite, ma per don Soddu il punto di partenza è chiaro: «Dobbiamo essere consapevoli delle nostre debolezze, dei limiti e degli errori del passato per stringere nuove alleanze e cogliere le opportunità, anche le più piccole, che emergeranno nelle nostre diocesi».

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